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Alec Torelli: “Questo check con fullhouse è una delle mosse migliori della mia carriera”

Tutti sappiamo quanto è forte e preparato Alec Torelli. Non a caso abbiamo riportato più volte i suoi suggerimenti e consigli, ma anche le analisi tecniche che offre gratuitamente su Youtube su spot giocati in prima persona oppure da altri player. Solitamente quando un professionista offre il suo parere lo fa su spot dove ci sono callbluff particolarmente difficili. In questo caso, però, il professionista italo-americano parla del miglior check che abbia mai fatto nella sua carriera.

Alec parla direttamente da Macao, dove ha giocato la mano in questione. La partita era su blinds 1.000-2.000 in dollari Hong Kong, equivalenti a circa $125-250 (d’ora in poi racconteremo tutta la mano in dollari americani). Il tavolo è b e il livello medio non è particolarmente alto, fatta eccezione per il giocatore seduto sull’UTG che definisce “un giovane professionista molto solido e preparato“. Costui apre il gioco rilanciando a $770 e Alec chiama da middle positition con 7 7 . Tutti gli altri foldano.

Il flop è a q 7 e in mezzo ci sono circa $2.000. L’avversario va di c-bet per circa $1.800 e Alec, forte del suo bottom  set, effettua il call.

Alec Torelli

“Prima di tutto, credo sia importante capire quanto sono tight i range quando sei seduto a un tavolo 9-handed e la partita è abbastanza semplice”, spiega Torelli. “Il discorso è molto differente rispetto a quando giochi 6-max a limiti più bassi contro altri reg. Ma il fatto che fossimo 9-handed e che la partita fosse molto più alta della norma per quasi tutti i giocatori, influenza il modo in cui tutti si comportano”.

Appurato che il clima è piuttosto teso perché i soldi in ballo non sono indifferenti, Alec spiega perché su quel flop si è limitato al call invece di rilanciare: “Qua il mio avversario non bluffa quasi mai. Quando apre da UTG in una partita del genere, ha molti Ax e la mano peggiore del suo range è probabilmente 98s o una coppia media. Chiaramente sono spesso avanti su questo flop e mi limito al call non solo perché potrebbe avere un set di Assi o di Donne, ma perché se rilancio e poi chiamo non ho più una mano forte rispetto al suo range”.

Il discorso del call è una questione di bilanciare il range: rilanciando, restringerebbe il suo range a pochissime mani, la maggior parte delle quali di puro valore. Chiamando, mantiene invece il suo range ampio, invogliando l’avversario a puntare. “Qua voglio bilanciare il mio range”, dichiara il professionista californiano. “Potrei chiamare in floating con K-J, ma potrei chiamare anche con Ax. Non devi sempre rilanciare con le mani forti e chiamare con quelle mediocri, altrimenti diventi exploitabile. È con queste mosse che il nostro gioco diventa difficile da interpretare“.

Alec Torelli
Alec Torelli

Il turn è un q e il giocatore da UTG fa check. In mezzo ci sono $5.000 e Alec decide di mettere effettuare una puntata vicina a questa cifra. Il motivo è presto detto: “Punto forte perché voglio ottenere il massimo valore da mani come un Asso o una Donna. Voglio costruire il pot per poter fare una grande puntata sulla maggior parte dei river”. L’avversario chiama e si giunge sull’ultima carta, un j . C’è ancora una volta il check del player da UTG ma in questo caso Torelli non è così certo che puntare sia la mossa migliore.

“Su questa carta devo chiedermi da quali mani posso estrarre valore e cosa sto rappresentando“, chiarisce. “Il mio avversario fa check e il pot ora è molto grosso, circa $13.000. Dietro abbiamo tra i $24.000 e i $30.000. Se dovessi ritrovarmi di fronte a un check/raise sarei in una pessima situazione, perché non batto molte mani che mi check/raisano. E se bluffa, non posso proprio scoprirlo”.

Chiudere un fullhouse su un board del genere sembrerebbe una manna dal cielo. Ma solo a prima vista, perché in realtà Alec si rende conto molto presto di non avere grandi motivazioni nell’estrarre valore.

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“Nel suo range ha tante mani che mi battono, come AA, AQ, QJ e KTs. L’unica mano con la quale farebbe check/call è KQ. Con AK folderebbe, con Ax idem, oppure le trasformerebbe in bluff. La ragione per cui non ci sono mani che check-callerebbe è che sa che io non sto mai bluffando in questo spot. Quel Jack chiude moltissime mani che potrei avere nel range ma solo con JT mi metterei a bluffare. “.

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Il discorso di Alec Torelli è semplice: su quel board, puntando farebbe foldare tutte le mani che gli sono dietro. Al tempo stesso, ce ne sono pochissime (se non solo una: KQ) con le quali il suo avversario chiamerebbero una sua puntata, mentre quasi tutte quelle con le quali rilancerebbe gli sono davanti. Certo, c’è la possibilità di qualche bluff, ma in tal caso Alec non avrebbe alcuna informazione per herocallare.

La domanda è: ha davvero più senso puntare rispetto al check?

“Ho visto questa situazione come un potenziale pericolo più che un’occasione per ottenere valore. Se vengo check/raisato non so proprio cosa fare, così alla fine ho fatto check. So che sembra folle, ma visto il fatto che il mio avversario era molto tight e aveva rispetto del mio gioco, non ho visto molto valore nel puntare”.

Il suo avversario mostra k 10 per una scala reale; il suo fullhouse sarebbe stato battuto. Possiamo parlare di “hero-check“? Di una cosa Alec Torelli è certo: “Non volevo postare questa mano perché ritengo che questi siano gli spot che possono far aumentare incredibilmente il livello di un giocatore. Ma è una mano a cui tengo perché ne vado molto fiero”.

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