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Dutch Boyd, la regola della giungla e la collusion “implicita”

Dutch Boyd è un giocatore non molto noto alla massa, considerando che stiamo parlando di un player con 3 braccialetti WSOP vinti in carriera. Tuttavia l’esperienza ai tavoli non gli manca di certo, e in un recente articolo scritto per il portale www.allinmag.com ha affrontato un tema particolare: la collusion “implicita”.

L’ispirazione viene da un aneddoto che coinvolge anche il compianto Amir Vahedi, campione iraniano morto nel 2010. Durante il famoso WSOP Main Event del 2003, quello della vittoria di Moneymaker che cambiò la storia recente del poker, Boyd e Vahedi si erano ritrovati allo stesso tavolo, finendo entrambi per regalare molte fiches al futuro vincitore. Alla fine Boyd concluse 12°, mentre Vahedi terminò sesto.

Un anno più tardi i due si ritrovarono a cena, e parlando della grande occasione persa Vahedi disse “Sai qual è il tuo problema, Dutch? Che non segui la ‘regola della giungla’. Pensaci bene: nella giungla tu non vedrai mai un leone mangiare un gorilla…”.

A parte il piccolo particolare che difficile riusciremo a trovare un leone nella giungla, il consiglio di Vahedi riguardava le dinamiche del tavolo. “In ogni torneo, mi guardo intorno e cerco di valutare i giocatori, dai più duri ai più abbordabili. Quindi cerco di evitare scontri frequenti con quelli che ritengo più forti, magari foldando mani che in altre situazioni avrei chiamato, o chiamando con mani che in genere avrei rilanciato. Cerco di prendermi gli spot più semplici, cercando di evitare quelli più duri. Questo atteggiamento, come altri simili (vedi il check down fino al river in situazione di uno short allin chiamato da più giocatori) non è mai collusion.”

Per spiegare il concetto di collusion implicita, Boyd ricorre a un esempio “estremo”:

Supponiamo che i due più grandi giocatori al mondo di No Limit Hold’em siano invitati a uno speciale evento promozionale, un torneo con 1 milione di dollari di montepremi con 500.000$ per il primo, 300.000$ per il secondo, 200.000$ al terzo e dal quarto in poi un bel niente.

Supponiamo che, a parte i due campioni, il resto del field sia composto da 998 bambini di 5 anni, che ovviamente non hanno mai giocato a poker.

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Supponiamo quindi che i due campioni si vedano sorteggiati al medesimo tavolo.

Quale sarà la strategia migliore per loro? Ovviamente quella di evitare di scontrarsi e cercare di eliminare via via i giocatori più deboli al tavolo. Così facendo, con nuovi giocatori che arrivano a sostituire i busted, il tavolo dei nostri due amici avrà un’average mediamente più alta di tutti gli altri tavoli. I due poi finiranno per scontrarsi, ma non prima di essersi garantiti un cospicuo premio.”

Boyd riporta poi una situazione analoga accadutagli realmente, in un torneo 6-max delle WSOP che poi ha vinto: “Avevo carpito un nettissimo tell da un giocatore alla mia destra. Era un giocatore aggressivo e aveva fatto un buon lavoro attaccando gli avversari più deboli al tavolo. Tendevo a considerarlo come una sorta di “accumulatore di chip”, come una leonessa che mando in giro a cercare cibo per entrambi, così mi conveniva tenerlo “in salute”. Quindi, arrivati al tavolo finale, lui si è accorto a sue spese di aver preso per una gazzella quello che invece era un leone.”

Il concetto di fondo che Boyd vuole esprimere è che il poker è e rimane un gioco individuale, Nel momento in cui fai qualcosa per portare vantaggio a un altro giocatore perchè è tuo amico, allora lì non ci sono dubbi: è collusion. Ma fino a che tutte le tue mosse al tavolo – comprese quelle che possono apparire “equivoche” – hanno come unico scopo di migliorare il tuo EV del torneo, allora non c’è assolutamente nulla di eticamente sbagliato. La ‘regola della giungla’ è solo una buona strategia da torneo”.

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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