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“Non posso tifare per una squadra, sono un giocatore di poker”

[imagebanner gruppo=pokerstars] Il nome di Kevin Rabichow con tutta probabilità non vi dirà niente, eppure lo statunitense sono anni che ha successo ai tavoli da poker, ed in particolar modo in quelli di heads-up, sia cash game che sit&go: malgrado il suo nickname su PokerStars sia “KRab42” dagli altri giocatori è spesso noto con quello di “Barewire“.

Coach per RunitOnce ed in precedenza per altri portali, a differenza di altri professionisti di vecchia data – ha conosciuto il poker quando frequentava Standford, nel 2005 – ha studiato economia e statistica alla University of Chicago, ma anziché cercare di intraprendere un percorso nel mondo della finanza ha da anni deciso di abbracciare il poker, malgrado per sua stessa ammissione ad alti livelli in heads-up la competizione sia sempre più serrata.

“Praticamente chiunque si fosse trovato nella mia posizione avrebbe intrapreso quella carriera – ammette – all’apparenza può sembrare che il mio lavoro sia basato sull’azzardo e insicuro, ma in realtà quando ho deciso di giocare a poker avevo già delle sicurezze”. Diverse da quelle di un lavoro tradizionalmente inteso, ma non per questo assenti, almeno dal suo punto di vista.

“Certo, non posso contare né su un assegno ogni due settimane né sull’assicurazione sanitaria, ma ad esempio se faccio un errore sul lavoro questo mi costerà un ammontare di denaro predeterminato, mai la carriera. So che suona sicuro entrare in un ufficio ogni giorno sapendo esattamente quanto si verrà pagati venerdì prossimo, ma quanto tempo mi sarebbe servito per arrivare a quel punto, ed a quanto denaro avrei dovuto rinunciare non giocando a poker?”.

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Domande che certo altri che hanno fatto scelte analoghi si sono posti, presto o tardi. Quel che è certo è che scegliere di diventare un professionista di poker non è una strada che tutti possano pensare di conseguire con successo, ed anche questo accade ci possono essere prezzi da pagare inattesi, piccoli o grandi che siano.

Uno di questi, almeno per quanto riguarda la sua esperienza, riguarda il modo in cui si trova a ragionare in tutta una serie di situazioni che nulla hanno a che fare con il poker, con esiti anche piuttosto curiosi: “Il mio lavoro non mi consente di sottoanalizzare nessun aspetto della mia vita – afferma – per esempio, ho delle difficoltà a tifare appassionatamente per una qualsiasi squadra sportiva, perché anche se vorrei davvero vedere i Packers battere Minnesota il risultato di una partita mi sembra irrilevante“. Un po’ come accade per una mano di poker.

“Quello che mi appassiona dello sport è più analizzare da dove nasce la superiorità di una certa squadra, o deridere l’allenatore avversario perché ha fatto qualche scelta irrazionale – prosegue – sono più interessato alla strategia che al sapere chi abbia vinto o perso, e questo si ripercuote su tutta una serie di aspetti nel quotidiano. Magari sono seduto a bere una birra e mi ritrovo ad analizzarne il sapore, o riflettendo su come ho speso il mio tempo durante la giornata, e cosa vorrò conseguire domani. In fondo, immagino non abbia senso mettersi a non far niente, giusto?“.

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