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Macao: bruciati $ 146 miliardi in tre anni! La Cina non vuole perdere liquidità a favore degli USA

Tutte le società di gioco presenti a  Macao hanno rimediato sonore mazzate a Wall Street nell’ultimo triennio con una perdita di valore importante. Come spesso accade, però gli speculatori high stakes sono al lavoro e i titoli stanno rimbalzando.

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I più importanti analisti finanziari (basta leggere le relazioni pubblicate da Bloomberg a Barron’s) invitano alla cautela, mettendo in discussione la salute generale del mercato legato al gioco e all’hospitality nell’ex colonia portoghese.

Ad allarmare sono i report finanziari corporate del quarto trimestre del 2016 pubblicati negli ultimi giorni. MGM Resort e Melco Crown hanno mostrato numeri che sono ben al di sotto delle proiezioni calcolate sui guadagni precedenti. Il problema, come abbiamo più volte scritto, è di natura strutturale.

Tre anni fa, il Governo di Pechino ha imposto una restrizione al facile riciclaggio di denaro alimentato soprattutto dagli junkets VIP che gestiscono gamblers cinesi high rollers. Il piano anti corruzione voluto dal Partito Comunista centrale ha avuto forti ripercussioni come era logico attendersi.

Ma alla base c’è una spiegazione politica molto forte che riguarda soprattutto le politiche valutarie difensive volute dal presidente Xi Jinping.

Come noto, in Cina vi sono limiti all’esportazione di valuta. Il Partito vuole evitare che flussi di denaro lascino la Cina e finiscano nelle tasche delle multinazionali americane ed australiane, più agli junkets e le organizzazioni che si celano dietro a questi potentissimi agenti (si teme la presenza massiccia delle triadi di Hong Kong, come è emerso da una relazione redatta qualche anno fa dal Congresso USA che denunciava questo tipo di affari con la mafia cinese).

Gli junkets erano (e sono tutt’ora) lo strumento ideale per i casinò per aggirare i limiti valutari imposti ad ogni cittadino cinese.

Invitano tutt’ora il gambler nelle loro lussuosissime strutture all’interno dei casinò, li fanno giocare a credito e poi riscuotono le perdite direttamente in Cina. In questo modo i limiti sono aggirati.

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Se il cliente non paga usano metodi poco ortodossi (è aumentato in maniera esponenziale a Macao ed in Cina il numero di rapimenti di familiari di giocatori).

Il Partito Comunista non poteva più chiudere gli occhi e tollerare tali comportamenti oltre all’enorme fuoriuscita di denaro che dalla Cina finiva nelle tasche di Las Vegas Sands (Sheldon Adelson è il primo finanziatore del partito repubblicano ed anche di Israele), Wynn ed MGM.

Con il piano anti corruzione che ha reso la vita più difficile agli junkets (per esempio il re di Macao Paul Puha è stato arrestato prima a Macao e poi a Las Vegas) la colonia portoghese ha subito una forte contrazione dei volumi.

Nel 2013 le gross gaming revenues ammontavano a 45 miliardi di dollari. Nel 2016 sono scese a 28 miliardi.

Molti investitori high stakes stanno però puntando sul rimbalzo delle azioni per recuperare le perdite e, per questo motivo, i mercati azionari sono tornati a sorridere. Ma i principali analisti frenano e mettono in guardia i piccoli investitori ad agire con la massima cautela.

In questo contesto, le politiche protezionistiche nei confronti della Cina di Donald Trump non aiutano le multinazionali statunitensi che hanno investito (e stanno investendo) ancora parecchio, nelle costosissime strutture immobiliari. Disinvestire ora sarebbe impossibile. Con un calo così drastico nei volumi, le preoccupazioni degli analisti sono più che legittime.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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