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One Drop: poker pro vs amatori, le diverse sfumature della beneficenza

La beneficenza è un argomento difficile da maneggiare anche perchè parlandone si può facilmente scadere nella retorica, quando non nell’ipocrisia. Se poi è applicata al poker, l’apparente contrasto tra le due attività (giocare per vincere i soldi VS donarli) rende il trattamento della cosa ancora più delicato.

Nelle ultime ore si parla molto di Bill Klein e del suo gesto di donare l’intera vincita (2.465.522$) ottenuta con il secondo posto al One Drop High Roller, anche se al momento non ci risulta che la donazione sia stata effettuata. Allo stesso modo, tre anni fa ci si spellava le mani in lode a David Einhorn, altro filantropo che staccò un assegno da 4,35 milioni di dollari in favore della One Drop Foundation, proprio poco dopo essere giunto terzo nel primo storico Big One For One Drop vinto da Antonio Esfandiari.

In entrambi i casi si parla di due tycoon, due miliardari (uno in pensione, l’altro in carriera) che sono al contempo filantropi e che amano l’emozione di giocare a poker contro i più forti. Proprio l’atteggiamento speculare rispetto a quello dei professionisti di poker, che infatti cercano in tutti i modi di esserci anche quando il bankroll consiglierebbe il contrario.

Sia chiaro che non sto parlando degli italiani, o meglio non solo degli italiani: oltre ai nostri Sammartino, Castelluccio, Kanit e Suriano mi riferisco anche ai vari Deeb, Kaverman, Drinan, Muehlocker, Somerville, Pollak eccetera. Sapere che tanti ricchi amatori saranno della partita è un invito a nozze per i poker pro, i quali si prodigano per vendere quote o al limite scambiarle con i colleghi. Perchè l’occasione l0 merita, perchè il guadagno atteso è alto come raramente accade in altre occasioni, e ce lo confermava anche Dario Sammartino l’altro ieri.

Il poker è una questione di obiettivi, e questi contesti caritatevoli funzionano bene proprio perchè incrociano alla perfezione le esigenze delle due macrocategorie in competizione: i poker pro a caccia di dead money, i ricchi amatori in cerca di emozioni forti.

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E’ perciò abbastanza “normale” (ok, un paio di virgolette forse non basta) sentire che questi miliardari decidano di devolvere in toto le eventuali vincite che conseguono in tali tornei, proprio perchè per loro quel denaro non sposta nulla e soprattutto perchè il loro scopo era quello di cercare di prevalere su giocatori sicuramente più forti.

Per contro, sarebbe stato impossibile vedere lo stesso gesto da parte di un qualsiasi professionista di poker. Anche qui è questione di obiettivi, ma ciò non significa che i PPP siano degli egomaniaci disinteressati a migliorare il mondo in cui vivono. Basti pensare a REG – Raise for Effective Giving, l’associazione no-profit fondata da Philip Gruissem, Liv Boeree e Igor Kurganov che invita i colleghi a donare il 5% delle proprie vincite nette a progetti umanitari. Un progetto che raccoglie l’adesione di tanti ragazzi che giocano per soldi ma con un occhio a chi sta peggio, come ad esempio il campione in carica del WSOP Main Event Martin Jacobson che lo scorso anno donò immediatamente una bella cifra proprio a REG.

Considerando i patrimoni personali dei vari Einhorn e Klein – o almeno quello di cui i giornali danno notizia – le vincite devolute sembrano rappresentare una percentuale non troppo dissimile da quella detratta da Boeree e i suoi amici poker pro “virtuosi” per auto-tassarsi con finalità benefiche. In questi casi gli applausi vanno a tutti, compresi quelli che scelgono di farlo nella massima discrezione.

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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