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Un saloon di Albany County

Quando il poker si fa leggenda: nascono i cheater

Secondo articolo della serie dedicata alla nascita e allo sviluppo di quel fantastico gioco che si chiama poker: da mito a leggenda, da leggenda a realtà. Leggi qui il primo articolo sul Vecchio West.

Alcune delle prime tane per gambler al di fuori di New Orleans nacquero sulle città fluviali più famose sia tra i viaggiatori sia tra i giocatori professionisti. Proprio qui gli sharper affondavano i loro denti aguzzi sulle persone di passaggio. Gente col portafogli gonfio dei risparmi di una vita, a caccia della fortuna verso la nuova frontiera.

Poker d’assi… per tutti!

Spesso i gambler disonesti organizzavano partite private ed altri malaffari con i migliori artisti della truffa, così da gabbare gli ignari pionieri. Addirittura nacquero aziende specializzate nel creare e vendere strumenti per barare a carte. Un gambler di nome George Devol fu così orgoglioso della sua capacità di infilare un mazzo taroccato in una partita che una volta ne utilizzò addirittura quattro in una singola mano di poker, distribuendo un poker d’assi a ciascuno dei suoi avversari.

Il primo boom del poker arrivò proprio grazie ai gambler professionisti, che si consideravano veri e propri imprenditori. La loro merce? L’ossessione crescente degli americani per il gioco d’azzardo. Ma anche a quei tempi l’opinione pubblica non vedeva i giocatori esattamente con favore: li trattava con disdegno, imputando loro di dare un contributo nullo alla società. Vi fischiano per caso le orecchie?

Un punto di vista che nel Vecchio West non era poi così biasimabile, in realtà, dato che gran parte dei gambler professionisti spesso barava pur di vincere. Per avere successo, un professionista del gioco doveva possedere una personalità irresistibile, condizione imprescindibile per attirare i classici polli.

Spesso vestiti con abiti dandy, i gambler professionisti basavano il loro successo su quattro componenti: l’abilità, la prestidigitazione, la buona sorte e la bravura con la pistola – e come poteva essere diversamente, nel Vecchio West?

Intorno al 1830, la gente cominciò a dare la colpa ai gambler professionisti per qualsiasi crimine. Rapina in banca? Sarà stato un gambler. Omicidio? Sarà stato un gambler. Furto di una torta inopinatamente lasciata sul davanzale a raffreddare? Sarà stato un gambler. Il gioco in sé cominciò ad essere attaccato con ferocia dall’opinione pubblica.

Cowboy a Tascosa
Cowboy a Tascosa

“Se hai più di cinque carte, ti uccido”

Fu durante i giorni delle partite folli sulle navi da fiume (simpaticamente caratterizzate nel noto film Maverick, con protagonisti Mel Gibson e Jodie Foster) che successe una storia interessante. Su una nave a vapore che solcava il Mississippi, quattro uomini stavano giocando a poker: tre gambler professionisti e un povero sfortunato che stava viaggiando da Natchez. Presto il giovanotto ingenuo si trovò al verde, visto che la partita era palesemente truccata.

Devastato, il giovane stava per suicidarsi gettandosi nel fiume; un osservatore, però, lo fermò e decise di unirsi alla partita per sfidare gli sharp. Durante una mano dal piatto davvero grosso, lo straniero pizzicò uno dei professionisti mentre tentava di truccare le carte. Estraendo un coltello sul tavolo, lo stranierò grido: “Fammi vedere la mano! Se ci son più di cinque carte ti uccido!”

Lo stranierò afferrò il polso del cheater e lo torse, facendo cadere sul tavolo ben sei carte. Immediatamente lo stranierò prese il piatto da $70.000, ne restituì $50.000 al giovanotto di Natchez e si tenne $20.000 per il disturbo. Scioccato, il malcapitato fessacchiotto chiese al suo salvatore: “E tu chi diavolo sei?”, domanda al quale lo straniero rispose: “Io sono James Bowie”.

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Questo nome probabilmente dice poco a chi non è uno studioso o un appassionato di storia americana, ma Jim ‘James’ Bowie è uno dei soldati più famosi del 19° secolo. Soprannominato non a caso “Bowie Knife”, cioè “Bowie Coltello”, per la sua straordinaria abilità con questa piccola arma da taglio, James fu ucciso nella mitica battaglia di Alamo.

Dalle barche da fiume alla frontiera

Dopo aver conosciuto Bowie Knife, torniamo a noi. Eravamo rimasti all’ansia sempre più crescente dei cittadini di queste città portuali, gangli nervosi del commercio fluviale americano, ormai pienamente consapevoli dell’esistenza – e della veloce moltiplicazione – di un nugolo di gambler pronti a tutto.

A Vicksburg, nel Mississippi, nel 1834 la rabbia degli abitanti crebbe a tal punto che un gruppo di vigilanti improvvisati linciò cinque sharper. Presto, molti di questi gambler preferirono abbandonare le città per dedicarsi alle barche da fiume, che permettevano loro uno stile di vita più sfuggente: se le cose si mettevano male, potevano sempre scendere dalla barca… o alla peggio gettarsi nel fiume, se sapevano nuotare bene.

Alla fine della Guerra Civile (1861-1865), l’America estese i suoi confini ad Ovest, dove nacque la frontiera degli speculatori, dei viaggiatori e dei minatori. Questi pionieri, veri e propri duri, avevano una personalità (ovviamente) molto propensa al rischio: era logico che il gambling diventasse un passatempo molto popolare.

Praticamente in ogni comunità di minatori e in tutte le città della prateria si poteva trovare almeno un tavolo da poker in ciascun saloon, dove si davano il cambio esploratori, uomini di legge, cowboy, operai ferroviari, soldati e fuorilegge, tutti accomunati dallo stesso obiettivo: sfidare, e battere, la Dea Bendata.

[Continua…]

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