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Hellmuth e Sexton ricordano Stu Ungar, “il miglior giocatore di tutti i tempi”

Stu Ungar è vissuto in un periodo in cui il poker non era ancora un gioco di massa, eppure è riuscito a guadagnarsi un appellativo che nessun altro può vantare: il miglior giocatore di carte di tutti i tempi. Grazie ad un intuito talmente impressionante da risultare quasi sovrannaturale, Stu ha sbaragliato tutta la concorrenza in tutti i giochi di carte nei quali l’avversario non era il banco ma un altro essere umano. Dal gin rummy al poker, dagli anni ’70 alla fine degli anni ’90, Ungar ha lasciato senza parole centinaia di avversari.

Quest’estate Pokerlistings.com ha realizzato un mini documentario su “The Kid”, ascoltando i pareri e i ricordi di coloro che lo conoscevano meglio di tutti: professionisti, finanziatori, manager dei casinò di Las Vegas.

“L’ho sempre considerato il numero uno, perché in base a quello che ho visto… Non ho mai visto nessuno giocare meglio di lui“, ha dichiarato Mike Sexton, una delle persone più vicine a Ungar per tutta la carriera. Se Andy Black ha un’opinione simile (“Era semplicemente una spanna sopra tutti gli altri) e Scotty Nguyen lo ricorda come la più grande star del poker (“Quando ho iniziato a giocare non si parlava di altro: Stu Ungar, Stu Ungar, Stu Ungar”), il media director delle WSOP Nolan Dalla ritiene che il suo genio fosse legato indissolubilmente alla sua vita spericolata: “Non puntava mai metà dello stack, era sempre all-in. Così era al tavolo e così era nella vita. E questo è ciò che lo ha reso così divertente”.

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Dopo la vittoria del primo Main Event WSOP su Doyle Brunson

Anche Phil Hellmuth conosceva bene Stu Ungar, soprattutto perché i loro destini si sono incrociati nel 1989: all’epoca Stu era il giocatore di poker più forte e famoso al mondo, mentre Phil vinceva il Main Event delle WSOP entrando ufficialmente nella storia del poker come il più giovane (fino a quel momento) campione del mondo. Ricordando “The Kid”, Hellmuth si fa molto serio e si dice convinto che tutta la sua vita fosse destinata all’autodistruzione.

Non ha mai avuto una possibilità. Era un ragazzino di 14 anni così bravo a giocare gin rummy che si sedeva alle partite più alte della East Coast. La mafia lo metteva in queste partite per vincere tutti i soldi. Sei un 14enne, sei in un bar, giochi a gin rummy sapendo che nessuno al mondo può batterti. Che razza di vita è questa? Questa vita… dove poteva condurlo?”

Nolan Dalla è d’accordo con questa visione, concentrandosi sull’aspetto famigliare del giovane Ungar: “Sua madre è stata la persona più importante della sua vita. Quando aveva 7 anni guardava la madre che perdeva malamente a Stud, osservava come veniva insultata e umiliata dagli altri giocatori. Quella è stata la grande forza della sua carriera. Quando sua madre è morta non sapeva dove andare. Si è trasferito da un tizio che gli ha fatto provare la cocaina la prima volta”.

Dopo quella prima volta ce ne sono state moltissime altre. La droga è stato il grande demone di Stu Ungar insieme al gioco d’azzardo. Un paradosso per alcuni, la dimostrazione che il poker è un gioco di abilità per gli altri: quando giocava contro le persone non sapeva far altro che vincere, quando si scontrava con il banco poteva solo perdere.

Era un grandissimo giocatore di No-Limit Hold’em, ma un pessimo giocatore d’azzardo“, racconta Billy Baxter, 7-volte campione WSOP e storico staker di Stu Ungar. “Ha vinto 300.000$ nel main event ed era broke tre mesi più tardi. Un giocatore d’azzardo vero e proprio”, ricorda T.J. Cloutier.

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Al final table dell’ultimo Main Event WSOP, quello vinto nel 1997

Quando si parla di gambling, non si intendono solo i classici giochi da casinò come i dadi e il baccarat, ma anche le prop bet. “Ha perso un milione di dollari giocando a golf”, rivela Mike Sexton. “Scommetteva sui cavalli, scommetteva su tutto. Era il più grande scommettitore del mondo all’epoca. Phil Ivey è il personaggio del poker più simile a Stu Ungar, perché fa scommesse enormi su tutto senza pensare ai soldi”.

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Il periodo più buio nella vita e nella carriera del gambler di New York fu la prima metà degli anni ’90. Nel 1990 si qualificò al final day del Main Event WSOP ma andò in overdose la notte prima della tavolo finale e il suo stack fu eroso dai bui consegnandogli una 9° posizione (circostanza comunque incredibile). Poi il nulla: dal 1991 al 1995 nessun ITM, ma solo autodistruzione. Infine, l’ultima grande rinascita: nel 1997 torna a giocare il Main Event WSOP e si qualifica al tavolo finale.

“Era in pessima forma”, ricorda Sexton. “Al termine del penultimo giorno venne da me e mi disse che non ce l’avrebbe fatta. Io gli risposi che era broke, che doveva farcela. Il giorno dopo si è presentato come un uomo completamente diverso: rasato, stava bene, aveva dormito. Da lì non ha fatto altro che dominare”.

Anche Dalla ricorda che erano in molti a temere un’altra assenza al tavolo finale: “Temevamo che non si presentasse al tavolo finale, come successe nel 1990. Chip Reese gli fece un discorso molto duro, gli disse che era il suo giorno. Stu aveva bisogno proprio di questo”.

Il resto è storia: vince il Main Event per un milione di dollari. Era stato completamente finanziato da Billy Baxter, con il quale divise la vincita. Per molti quel successo poteva essere l’inizio di una vera rinascita, ma i demoni ebbero la meglio: “Tante persone hanno provato più volte a salvarlo, Chip Reese e Doyle Brunson lo volevano mandare in rehab”, dichiara Nola Dalla. “Tre o quattro giorni dopo il Main Event era broke“, ricorda Baxter. “Aveva perso $500.000 con le scommesse sportive”.

Stu Ungar morì di overdose il 22 novembre 1998. In carriera aveva vinto più di 30 milioni di dollari giocando a gin rummy e poker, ma al momento della morte aveva solo $800 a suo nome. Sul suo conto sono state spese tante parole, ma la frase che meglio lo descrive fu pronunciata dallo stesso giocatore 3-volte campione WSOP subito dopo la storica vittoria del Main Event del 1997: “Nessuno mi ha mai battuto a carte. Sono l’unica persona in grado di sconfiggermi“.

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