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Andrea Piva, nuovo libro e ritorno al gioco online: “ci sono strani fish, che imparano in una notte…”

Negli ultimi tempi il suo nickname “stfuplzudonk” è riapparso con frequenza su PokerStars.it, dopo che a lungo si erano perse le sue tracce. Andrea Piva si era infatti rituffato a tempo pieno nella sua attività di scrittore, impegnato nella gestazione del suo prossimo romanzo.

Rivederlo ai tavoli mi ha indotto a cercare nuovamente lo scrittore/sceneggiatore/poker player barese, perchè da persone come lui c’è sempre da ascoltare qualcosa di illuminante e trasformare un’intervista in un momento di arricchimento. Anche stavolta, non mi sbagliavo.

Vederti nuovamente ai tavoli con frequenza significa che hai finito il libro?
Sì. Ho terminato il libro alla fine del 2015 e mi sono preso 2-3 mesi di vacanza, perché erano due anni che scrivevo 15 ore al giorno, tutti i giorni. Questo libro me lo sognavo pure la notte, una cosa che mi è capitata un paio di volte nella vita e che io prendo come una benedizione, sai com’è, ti sembra di avere uno scopo nella vita. Cosa che invece probabilmente non è.

Possiamo spoilerare qualcosa, come ad esempio il titolo?
Purtroppo no, anche perché non so se accetteranno la mia proposta, che al momento trovano un po’ ostica. Però posso dirti che il libro è stato “conteso” da tre grosse case editrici e che parlerà anche di poker, soprattutto nella seconda parte, zona in cui ho cercato di raccontare in termini più o meno semplici l’approccio alla teoria dei giochi da parte di un uomo di lettere.

Se ne potrebbe fare anche un film, magari…
Beh, guarda, mio fratello (Alessandro, regista tra le altre cose de “LaCapaGira”, ndr) si è già detto interessato a provare a farne un film, ma secondo me potrebbe essere ancora troppo presto. Però posso dirti che ho già in cantiere un altro progetto cinematografico, con uno che il mondo del poker ha imparato a conoscere l’anno scorso: Daniele “QuitTheDoner” Rielli. In questi giorni un produttore ha comprato i diritti cinematografici di “Lascia stare la gallina”, suo  romanzo d’esordio, una storia a tinte scure ambientata nel Salento, e Daniele mi ha chiesto di lavorare con lui alla stesura del soggetto. Per la sceneggiatura vedremo in seguito se e quando si farà.

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In tutto questo come mai hai trovato tempo per ri-sederti a giocare online?
L’editoria ha tempi pachidermici e la fase di editing del libro non inizierà prima di agosto. Così, siccome la passione per il gioco non mi è mai morta del tutto, ho iniziato a riapprocciarmi agli MTT prima a tempo perso e poi sempre più sistematicamente, anche perché pure quando scrivevo a tempo pieno continuavo a sentire e vedere amici legati al mondo del poker, come Maurizio Guerra, Alessando Gabriele, Vittorio De Palo, Emanuele Marzano. E con loro per forza di cose si finisce sempre a parlare di spot, equity e fantarunnatori. E’ il codice sul quale abbiamo costruito le nostre relazioni. Comunque non ho intenzione di fare nulla di spinto, anche perché nel frattempo mi si sono del tutto alterati i ritmi circadiani, e la sera faccio molta fatica. Comunque, giocando quasi tutti i pomeriggi più la domenica riesco a fare volumi mensili semi-decenti. Per lo meno quanto basta per portare a casa qualche K di atteso, che sossempresoldi (in teoria!).

Come sta andando? E come hai trovato il mondo degli MTT?
Beh per ora sono breakeven, ma ho iniziato da poco e faccio ancora un sacco di cazzate. Soprattutto non ho ancora inquadrato bene il flow, che è cambiato molto da quando giocavo io. I reg giocano diversamente e sono in media più forti, e anche i fish sono fishosi in modo diverso. Per dire, anche loro adesso s’inventano spesso la 3bet, magari scegliendo la mano e la situazione sbagliate ma lo fanno, mentre cinque anni fa se 3bettavano quasi quasi potevi stracciare QQ .
Ma tutto sommato non mi lamento, l’edge mi pare di vederla. Certo c’è più gente preparata in giro, ma a dirla tutta questa cosa per me è solo uno stimolo in più: sto anche studiando, e mi piacerebbe dimostrare a me stesso di essere in grado di cliccare con profitto anche dopo tutto questo tempo passato a concentrarmi su altro. Per il resto ci sono alcune “simpatiche” abitudini che vedo sempre presenti.

A cosa ti riferisci, di preciso?
Qualche settimana fa ho fatto day 2 a un torneo domenicale. Eravamo qualcosa come 25 left, e nel day 1 avevo avuto al tavolo un giocatore un po’ fishoso che il giorno dopo, probabilmente grazie all’apparizione notturna della Madonna della Santa Picca, aveva improvvisamente imparato a giocare: da 20/10/2 era diventato tipo un 28/27/12…

Ma alla fine, secondo te, ci sono in giro più brutti libri, brutti film o brutti giocatori di poker?
Diciamo che è difficilissimo battere i brutti libri, perché ce ne sono veramente un’infinità, anche tra quelli considerati buoni – se non pure tra i presunti ottimi. Film se ne fanno molti meno e anche a poker c’è relativamente poca gente che gioca. Ma quasi tutti hanno un romanzo nel cassetto. Quasi sempre pessimo.

Rounders a parte, si fatica a trovare un buon film con il poker come argomento. Secondo te è il gioco che si presta poco al racconto, i pokeristi che sono troppo poco “eroi” o cosa?
In realtà film che hanno fatto epoca non sono mancati, per esempio in Italia abbiamo avuto “Regalo di Natale”, o qualche celentanata memorabile. Il problema è che nel cinema va tutto molto a “ondate” e il trend è un po’ una rete a strascico, quindi siccome in America (e non solo) gli ultimi 2-3 film sul poker sono andati male, il tema è morto. Per rivedere un grosso film sul poker nel momento attuale deve succedere che un regista importante si innamori del tema coinvolgendo una produzione, altrimenti lo spazio è poco.

Si parla molto di serie TV come nuovo ambiente “nobile” di scrittura visiva, quasi a spodestare il cinema. Tu come la pensi, in proposito?
La differenza qualitativa si è ridotta sempre più. Negli anni ’80 eravamo abituati a vedere la tv scimmiottare sgraziatamente il cinema, oggi non è più così. Secondo me un vero “turning point” recente è stato Breaking Bad, che ha dimostrato che qualsiasi argomento può fare share, se trattato in maniera adeguata. Stiamo parlando di un “borghese” tanto buonino che a un certo punto si macchia di robe pazzesche in maniera verosimile e senza nessun riscatto morale. Il punto è che la società sta cambiando, lo spettatore medio è più smaliziato e alla fine della fiera il male guardato senza alcun pregiudizio forse racconta la nostra vita meglio e molto più in profondità di “Don Matteo 65”.

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A proposito di male, serie come Gomorra sono destinate a suscitare polemiche in quanto accusate di “mitizzarlo”. Tu come la pensi, e cosa pensi in generale di Gomorra?
Ho sentito della polemica su Gomorra. Secondo me è un tipo di dubbio che ha poco senso. Giusto poco tempo fa ho litigato con una persona su “The wolf of Wall Street”, proprio perché questo amico sosteneva si trattasse la semplice mitizzazione di un personaggio negativo, che ha fatto del male a molte persone e che perciò andava secondo lui lasciato al suo oblio o magari andava rappresentato solo nel male, senza creare empatia e in buona sostanza solo mettendolo alla gogna.
Io invece cercavo di spiegargli che quello è un punto di vista quanto meno discutibile nel giudicare un’opera o un personaggio. Con quella prospettiva puoi giudicare magari la vita, che comunque ha infinite tonalità di grigio tra il nero e il bianco, di certo non l’arte, che tra le sue principali funzioni ha quella di farci riflettere sulle storture del mondo che ci siamo costruiti e in cui viviamo.

Leo Di Caprio nei panni di Jordan Belfort
Leo Di Caprio nei panni di Jordan Belfort

Jordan Belfort non mi piace perché vorrei essere come lui, o magari anche sì, ma chi se ne frega, non è questo il punto: il punto è che con il film di Scorsese entriamo in un mondo che non conosciamo, e conosciamo a tutto tondo una persona che altrimenti non conosceremmo mai nel profondo, viviamo le vite degli altri, e qui sta l’arte, che non è mica un trattato pedagogico come qualcuno vorrebbe.

Ma poi in ultima analisi stiamo comunque parlando di un privato che fa una roba privata a scopo di lucro. Potrà fare il cazzo che vuole o no? Mi sembra un po’ di risentire i pasticciati discorsi di chi era contro il diffondersi del Rock. Ma per piacere.

Hai un po’ svicolato su Gomorra. Mi devo preoccupare?
Ah, ma no, facevo un altro esempio ma il discorso è lo stesso. Anche se sulla serie tratta dal libro di Saviano scinderei due aspetti. Dal punto di vista tecnico è un’eccellenza assoluta, la dimostrazione concreta che anche in Italia si va svecchiando il modo di produrre televisione.
A livello di definizione dei personaggi invece ho qualcosa da ridire. Ecco, parlavamo di Belfort e Walter White come personaggi che incarnano il male ma presentati in tutte le loro sfumature. Beh, in Gomorra (ma anche di Romanzo Criminale, per fare un altro esempio italiano di un certo impatto) abbiamo a che fare con dei cattivi un po’ monodimensionali, meno compiuti, per esempio non sorridono mai, stanno sempre a grugnire qualcosa con la faccia cattiva da attore che fa la faccia cattiva, sono un po’ i cattivi visti da un bimbo delle elementari.
Sarà che i banditi che ho conosciuto io nella mia vita erano tutti sì feroci ma anche inguaribilmente cazzoni e buffi… Pensa a Sopranos, voglio dire, hai presente Gandolfini alle prese coi figli e Gandolfini che regola uno dei suoi affari?

Insomma in questo senso mi sembra un po’ un’occasione persa, perché invece di indagare la loro vita per intero si sceglie di guardare solo il fuoco d’artificio, mentre io mi soffermerei su chi prepara la miccia, chi accende, chi scappa, chi guarda, chi si brucia le mani e chi non ne vuole sapere…

Marco Palvetti alias Salvatore Conte in "Gomorra - La Serie"
Marco Palvetti alias Salvatore Conte in “Gomorra – La Serie”

Ti lascio con una domanda a metà tra il criptico e l’idiota: sei uno sceneggiatore con superpoteri, in grado di tornare indietro nel tempo e riscrivere la storia del poker online in Italia. Cosa avresti cambiato, nella trama?
Ho sempre pensato che la vera occasione sprecata sia stata ai tempi delle sponsorizzazioni. Credo che se ci si fosse concentrati a mettere in giro meno pro, selezionando gente più “rotonda” da un punto di vista intellettuale, più in grado di articolare spiegazioni logiche, si sarebbe sdoganato più facilmente il gioco. Mentre te lo dico, però, mi rendo anche conto che per fare questo ci sarebbero dovuti essere dei manager in grado di guardare più sul lungo periodo, e credo invece che ai tempi ci si concentrasse a prendere tutto quanto si poteva nel “qui e ora”. Forse non c’erano le condizioni giuste.

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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