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Moneymaker ha cambiato realmente la storia del poker?

Per i più giovani o per chi conosce poco questo mondo, cerchiamo, in sintesi di spiegarvi cosa è successo 14 anni fa, quando il mondo del poker cambiò radicalmente grazie (?) all’impresa di Chris Moneymaker.

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Chris Moneymaker

Perché  Moneymaker ha cambiato tutto: il bluff

Inutile nascondersi dietro un dito, nel 2003 è passato un messaggio forte: tutti potevano farcela! A differenza delle lotterie e dei jackpot milionari, la percezione fu che la vittoria dell’ex contabile di Atlanta dipendesse anche dalle skills personali e che le porte del poker fossero spalancate ai più bravi: a sfondare la porta della notorietà era stato un player amatore che era riuscito però a  battere diversi professionisti, non solo grazie alla fortuna ma mostrando anche una certa sensibilità per il gioco (pensiamo al famoso bluff in heads-hp). Questo particolare fece scatenare un effetto domino.

Certo, per battere un field enorme come quello del Main Event WSOP, ci vuole una gran dose di “lato B”, ma nel 2003 passò un messaggio diverso. Nacque una sorta di illusione, ma fino ad un certo punto. Anche perché le rooms, con tempismo perfetto, iniziarono a finanziare questo sogno.

La selezione naturale e le skills mentali

Lo stesso Moneymaker è la prova vivente che nel lungo periodo le skills mentali (prima di tutto) possono fare la differenza in questo gioco.

Abilità che vengono messe a dura prova fin dall’inizio: “uno su mille ce la fa”, la selezione è verticale e impietosa ma è ancor più difficile riuscire a stare in vetta una volta arrivati, soprattutto se si passa dalla scorciatoia di una sola grossa vincita (quindi grazie ad un bel colpo di fortuna).

Molti campioni del Main Event hanno vinto più di lui ma sono andati rotti nel giro di pochi anni (prendiamo l’esempio di Eastgate, forse il più forte ai tavoli ma che si è bruciato una fortuna nelle scommesse).

Vivere di poker si può? Si, tanti esempi viventi ma ci vuole cervello

Ma Moneymaker non è l’unico esempio di giocatori con la testa sulle spalle: da un decennio, soprattutto negli States, ci sono centinaia di pro che vivono grazie al poker.

Il campione di PokerStars è stato molto abile invece nel saper gestire il proprio bankroll, dimostrando anche una certa abilità nel riuscire a mantenere, per parecchi anni, uno sponsor così prezioso, nonostante tutti i problemi che si sono verificati negli Stati Uniti (Black friday etc).

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Il boom

Il suo nome non lascerà mai indifferenti, per tutta una serie di ragioni. A seguito del boom che provocò la sua vincita, in termini di popolarità, il poker lo si può dividere in due ere: A.M e D.M, almeno negli Stati Uniti. Non vogliamo essere blasfemi ma la verità. Passò da gioco di nicchia a Las Vegas e negli States a fenomeno popolare.

Negli USA è il gioco nazionale ma anche in Europa ha toccato (in particolare dal 2008 al 2011) picchi di popolarità importanti. Ed ora fa tenerezza, sentir parlare in questo modo l’uomo che ha cambiato tutto e che allontana il professionismo dalla sua vita.

Il dibattito: decisivo o no?

Eppure, nonostante tutto queste considerazioni, negli States sono ancora in molti a voler ridimensionare questo fenomeno. A parer loro, la sua vittoria nel 2003 fu solo uno dei tanti episodi che andava in una direzione unica da diversi anni. Nel 1997 partì Paradise Poker e le prime poker room online, l’anno successivo ci fu l’uscita di Rounders, poi la ESPN iniziò a trasmettere il WPT. Il tutto mentre molti professionisti diventano superstar affermate, anche in ambienti non strettamente legati al gioco.

“La pressione dietro all’esplosione del poker che abbiamo conosciuto nel 2003 si stava accumulando da almeno cinque anni – spiegano gli scettici – che si trattasse di Chris Moneymaker o di un altro giocatore ripreso dalle telecamere durante quel Main Event, o magari perfino nel 2005, presto o tardi sarebbe comunque esploso, proprio come accade per l’eruzione di un vulcano”.

Le caratteristiche non comuni di MoneyMAKER

Qualche anno fa, nell’analizzare il fenomeno, eravamo giunti a questa conclusione e ne siamo convinti ancora: “Sicuramente c’è molto di vero in quanto affermato dall’autore, ma va anche sottolineato come Moneymaker presentasse caratteristiche non comuni, che ne fecero per quel periodo un campione probabilmente ideale: dal nome che pare uno scherzo a quell’aria da americano medio in cui facilmente identificarsi, fino a quel satellite vinto con pochi soldi, allora un aspetto tutt’altro che comune”.

Chris Moneymaker: “Non sono un pro”

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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