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Il poker e la teoria del Flow (1° parte)

In una mano di qualche stagione fa di High Stakes Poker, il Pro di PokerStars Barry Greenstein si era giocato un piatto da oltre 500.000 dollari contro Tom “durrrr” Dwan pur immaginando di partire da dietro.

Grazie all’aiuto del turn e dopo essersi aggiudicato la mano, Barry aveva dichiarato di aver chiaramente avvertito dentro di sé la certezza del futuro successo in quello spot pur se la matematica lo vedeva decisamente sfavorito.

Nel mondo degli sport di alto livello, ai giocatori capita di ritrovarsi “in the zone”, ossia in un posto dove ogni singola azione compiuta risulta corretta per ragioni che spesso non sanno neanche spiegarsi. Questo fenomeno è stato oggetto di studio nel libro Flow di Mihaly Csikszentmihalyi, dove l’autore descrive questo particolare stato mentale e fisico con cui una persona si ritrova completamente immersa in una sensazione di piena concentrazione e coinvolgimento.

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Anche nel poker questo concetto trova spazio, ed in verità rappresenta uno stato a cui tutti i giocatori aspirano ad arrivare. Sicuramente anche a voi sarà capitato di vivere un’esperienza del genere ossia che qualunque mossa facevate risultava poi corretta. Magari avete sfruttato il giusto timing per piazzare un raise in bluff che ha spinto un oppo a foldare oppure voi stessi avete buttato via le carte esattamente nel momento più opportuno.

Doyle Brunson ha definito questo stato di grazia come un rush che tutti i player dovrebbero imparare a riconoscere così da sfruttarne appieno il valore. (continua)

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