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NL1000: benvenuti al festival della donkbet

La donkbet anni fa era una giocata riservata soltanto ai giocatori scarsi, ma oggi anche i più capaci l’hanno inserita nel proprio arsenale: in questa mano però, scopriamo un modo inusuale di trarne vantaggio.

Siamo seduti ad un tavolo di cash game NL1000, con stack effettivi di 153 big blinds: sull’openraise del bottone, decidiamo di limitarci al call per 25 $ con k j . A guidarci nell’analisi è ancora una volta Reid “shootaa” Young.

Su flop k 8 2 , anziché un più comune check/call, hero decide di puntare per 35 dollari, subisce un rilancio fino a 115 dollari e quindi chiama: “L’idea dietro al call preflop con una mano come la nostra, è che su un board del genere il nostro avversario faccia quasi sempre una continuation bet, e possa tranquillamente puntare tre street con una mano come K9“.

Scegliere la donkbet appare perciò controintuitivo, anche agli occhi del nostro avversario: “Dal suo punto di vista  – prosegue Young – visto che quando checkiamo lui può serenamente puntare in bluff, la lead da parte nostra non rappresenta granché“. Per questo ci limitiamo a chiamare, convinti che il giocatore sul bottone possa spesso rilanciare in bluff.

Il turn è il 9 , ed ancora una volta hero decide di donkbettare, stavolta puntando 135 dollari su un piatto di 285: “Penso sia una giocata interessante. Se leadiamo al flop per indurre un rilancio in bluff da mani come 7 6 , ai suoi occhi potremmo puntare in questo caso con una mano come a 10, ed indurlo a rilanciare anche con mani per valore ma che in realtà battiamo”.

Lo statunitense la ritiene quindi una buona giocata contro il giusto tipo di avversario, che ami rilanciare spesso in bluff: in questo modo possiamo infatti estrarre molto più valore dalla nostra mano, a patto evidentemente che tutta una serie di condizioni siano rispettate.

Il bottone decide però di limitarsi a chiamare, e questa scelta secondo “shootaa” definisce abbastanza il suo range: “Credo che circa il 70% delle volte qui abbia una mano come top pair o ace high, e per il resto draw. Questi ultimi penso che più spesso li rilanci al turn, in modo da non trovarsi con qualcosa come seven high al river le volte che non migliora”.

L’ultima carta è l’ a , il che rende secondo Reid il check/call la giocata peggiore, ma hero non ne ha neppure l’occasione, visto che dopo aver checkato il suo avversario fa altrettanto e scopre allo showdown a 6 , vincendo il piatto.

Siamo riusciti a fargli mettere soldi nel piatto al turn con ace high – conclude Reid – quindi in questo caso la linea di hero aveva funzionato”. Purtroppo stavolta non è bastato, ma come si suol dire fin troppo spesso, that’s poker.