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Phil Ivey può ancora vincere contro i migliori?

Il miglior giocatore di poker al mondo è ancora in grado di vincere online ai più alti livelli? E se così non fosse potrebbe ancora essere considerato il migliore? La questione, posta in termini del genere, è naturalmente provocatoria, ma i numeri (assieme ad altri elementi) sembrano suggerire che si tratti di una questione tutt’altro che scontata.

Partiamo come detto dai numeri: dal 2007 al 2011 Phil Ivey ha giocato su Full Tilt Poker circa 320.000 mani, vincendo come sappiamo più di ogni altro per distacco nel cash game online. Merito anche di Guy Laliberté, perfino superfluo sottolinearlo, ma anche di un field medio che anche ai più alti livelli era probabilmente significativamente meno competitivo rispetto a quello che si trova oggi.

Il campanello d’allarme comincia a suonare quando si controllano i risultati dal 2013 ad oggi: poco più di 100.000 mani giocate, oltre 4.500.000 dollari persi. Se stessimo parlando di limiti umani, ci limiteremmo giustamente a dire che si tratti di un campione sostanzialmente troppo piccolo per saltare a conclusioni, ma gli high stakes sono un mondo a parte non solo per via delle cifre in ballo.

Con un’azione sempre molto intermittente e comunque su pochissimi tavoli, infatti, chi gioca ai “nosebleed” non può certo contare su volumi paragonabili a quelli degli altri livelli: questo non significa che per questa ragione la varianza sia minore, tutt’altro, ma più semplicemente che un numero di mani altrove molto basso abbia qui un altro peso.

Difficile dire se e quanto Ivey sia stato sfortunato, da quando gioca come “Polarizing”: il punto vero rischia di essere però un altro, e cioè la fame e la qualità dei suoi avversari, che rischiano di essere molto più agguerriti di lui. Già oggi, molti indizi fanno pensare che nel No Limit Hold’em e nel Pot Limit Omaha ci sia più di un professionista che gli sia superiore online, quando si tratta di 6-max ed heads-up.

In questo senso, Doug Polk che dichiara di essere disposto a giocarsi l’intero bankroll contro di lui, non è semplicemente la frase ad effetto di un giovane rampante che ami mettersi in mostra, ma più probabilmente il sentore di un elite che “WCGRider” certamente rappresenta.

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Sicuramente Phil Ivey ha ancora molta più esperienza di gran parte dei suoi avversari nelle varianti, che gioca da una vita mentre molti “mammasantissima” degli high stakes hanno appena cominciato a studiarle. La domanda che appare legittimo farsi quindi è, che succederà quando avranno finito?

In altri termini, la sensazione è che gran parte della sua “concorrenza” lavori molto più duramente sul proprio gioco, di quanto non faccia Phil Ivey stesso, che difficilmente possiamo immaginarci a spendere ore davanti a CardRunnersEV: lo statunitense non solo ha probabilmente altro a cui pensare, ma non ha mai riflettuto sul proprio gioco analizzandolo in modo altrettanto rigoroso, scientifico, matematico.

Finora ha sempre avuto ragione lui, ma questo non significa che la sua edge nei confronti degli avversari sia immutabile, o che basti il suo nome ad aumentarla e proteggerla. Il rischio è che alcuni fra i professionisti più tenaci e talentuosi prima o poi finiscano col raggiungerlo e superarlo, ammesso che in qualche caso non sia già avvenuto.

Naturalmente, un giocatore come Phil Ivey è troppo competitivo per arretrare anche solo di un passo, ma basterà per rimanere in vetta? Noi di certo non lo sappiamo, ma il tempo non mancherà di dircelo.

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