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Phil Ivey: quando era considerato il fish di Atlantic City

phil-iveyDella carriera di Phil Ivey sono noti i trionfi, le vittorie alle World Series ed i guadagni record negli High Stakes online, però in pochi conoscono il suo soffertissimo  inizio carriera.

Nato in California, all’età di tre anni la sua famiglia si trasferì nel New Jersey. Fin da bambino ha coltivato il sogno di diventare un giocatore professionista ed il nonno fu il primo ad insegnargli a giocare a 5-Card Stud, pur mettendolo in guardia sui pericoli del mondo del gambling. Ma lui è sempre andato avanti per la sua strada: a 17 anni lavorava per una ditta di telemarketing e ben presto, decise di farsi ogni giorno quattro ore di pullman (tra andata e ritorno) per giocare al Tropicana di Atlantic City.

Nei casinò statunitensi non è permesso l’ingresso ai tavoli fino a 21 anni, ma Phil riuscì a crearsi una falsa identità (Jerome Graham) pur di poter prendere parte all’action con i migliori.

Nei primi anni novanta, Atlantic City viveva ancora la sua età dell’oro (sulla costa orientale, gli altri stati non permettevano ancora l’apertura di sale da gioco) e molti professionisti del nord, giocavano proprio nella perla del New Jersey.

Le cose per lui però non andarono bene, almeno all’inizio. Daniel Negreanu e Barry Greenstein ne sono stati testimoni diretti e non hanno mai nascosto il loro stupore nel veder giocare così male Ivey in quel periodo.  Non a caso era preso di mira dai regular di Atlantic City e le perdite accumulate erano ingenti.

Per Greenstein il suo gioco era eccessivamente loose. KidPoker sosteneva che il giovane Ivey (o meglio Jerome Graham) giocava tutte le mani e non era il modo più facile per vincere intorno ad un tavolo. D’altronde negli anni ’90 il gioco live era diverso rispetto ad oggi.  Chissà, magari era troppo avanti rispetto ai suoi avversari?

In tutti i casi, il suo inizio è stato a dir poco disastroso ma la storia non finisce qui… Giovanissimo ha una determinazione feroce pur di rimediare alle perdite iniziali e ci riesce.

Quando aveva 22 anni, lo stesso Negreanu notò che lo sguardo di Phil era cambiato al tavolo: la sua poker face non faceva trasparire alcun segno vitale, il suo sguardo metteva a disagio gli avversari che quasi avevano paura a bluffare contro di lui. Ed è stato quello il marchio di fabbrica della sua straordinaria carriera.

C’è chi sostiene che aver giocato da giovane così tante mani, gli ha consentito di accumulare un’esperienza notevole in pochissimo tempo, rendendolo imprevedibile, forse unico nel mixare stili di gioco e strategie alla fine degli anni ’90, cambiando spesso marcia.

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Il salto di qualità lo registrò quando iniziò a viaggiare per il circuito professionistico con Daniel Negreanu, John Juanda e Allen Cunningham. I quattro pro discutevano ed analizzavano ogni mano. Epiche le discussioni proprio con Juanda che difendeva uno stile più tight rispetto al gioco loose aggressive di Ivey.

Nel 2000 si presenta alla World Series: non c’è più nessuna traccia del giovanissimo Jerome Graham… oramai è pronto per il grande salto: sarà l’inizio di una serie di successi incredibili.

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