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“Il barbù, il bridge e i viaggi tra passato e futuro: vi racconto la nuova Irene Baroni”

Quella faccia acqua e sapone che ti ricorda la ragazza della porta accanto alla quale non hai mai colpevolmente chiesto di andare a prendere un aperitivo insieme, cruccio che ti porterai dietro per tutta la vita.

Piano piano scopri che si chiama Irene di nome e Baroni di cognome, ha un passato, un presente e probabilmente un futuro da condividere coi mostri sacri del bridge internazionale, che per un bel po’ di tempo della sua vita ha giocato a poker e che ora ha tutta una serie di interessi che hanno aperto un nuovo capitolo della sua vita. 

L’abbiamo contattata per la nostra rubrica “Le storie di Assopoker” e, come sua consuetudine, ci ha risposto con la gentilezza che la contraddistingue. 

Buongiorno, Irene e grazie per aver accolto il nostro invito. 

“Ciao Top, ciao a tutti, e grazie, sarà divertente rievocare vecchi ricordi”

Il Poker: 6 anni di avventure

Intanto un po’ di amarcord. Per un buon numero di anni hai fatto parte del mondo del poker ottenendo visibilità, risultati e rispetto da parte di molti dei giocatori più forti di quel mondo che ha perso parecchio dell’appeal che aveva un tempo. Cosa ti rimane di quel periodo? 

“Ormai sono passati un po’ di anni dall’ultima volta in cui ho approcciato il gioco in maniera professionistica. Sono stati 6 anni di avventure, alcune fantastiche, altre terribili, ma che hanno contribuito al mio percorso di vita, e mi han portato fino a qui. 

È stata una bella fetta di tempo, mi rimangono molti ricordi, tante amicizie, e tante lezioni di vita”.

Una Baroni d’annata ad un torneo di poker

Tutti noi della “vecchia guardia”,  anche se tu sei ancora piuttosto giovane, serbiamo dei ricordi più o meno colorati di quel periodo. Qual è il tuo più acceso e qual è quello che non avresti voluto vivere?

“I miei ricordi più vividi sono tutti collegati al denaro. Era un periodo in cui era troppo facile guadagnare soldi, nessuno studiava, tante persone da mondi differenti, ma piene di contanti, che si approcciavano al gioco. Sembrava che si potesse vincere per sempre. Per questo non si badava a spese, e si facevano una valanga di “tuffi”.

Ricordo quando Alessio Isaia giocava a bocce davanti all’ingresso del Fairmont a Montecarlo, lui, un petroliere afghano,e un russo la cui professione non era nota… il boccino era una fiches da 2500€, appoggiata sul carrello porta valigie. Lanciavano fiches da 500,e chi si avvicinava di più vinceva il boccino. Andavano avanti per ore, e io mi divertivo a fare da giudice.

Oltre alle scene divertenti, ci sono svariate scene che non avrei voluto vedere, sempre legate al denaro. Ma preferisco concentrarmi sui bei ricordi”.

Il bridge

La componente “gioco” sembrerebbe radicata in te fin da quando eri ragazzina. Se non sbaglio nasci come giocatrice di bridge e anche di un certo successo. Come lo hai conosciuto e perchè è scattato l’amore verso questa disciplina? 

“Ebbene sì, nasco come giocatrice di bridge. Mio padre è professionista, nonché uno dei pochi professori (carica onorifica) in Italia. Mia madre è arbitro nazionale e ricopre un ruolo importante durante i campionati. Ho respirato bridge tutta la vita, nonostante abbia iniziato solamente gli ultimi anni di liceo. Passavo ore sui libri di tecnica, e tutti i giorni dopo scuola andavo al circolo, lo aprivo, preparavo i tavoli per il torneo pomeridiano, giocavo con qualche anziana signora, poi cena e giocavo anche di sera. Non mi importava che a Brescia giocassero solo pensionati, il mio obiettivo era di essere la prima ragazza ad entrare nella nazionale open U26, e ce la feci”.

Non conosco profondamente il bridge ma me ne parlano tutti come un gioco dove la fortuna ha un ruolo decisamente marginale rispetto ad altri giochi di carte. Sto dicendo una cosa giusta? 

“È esatto, nel bridge la componente fortuna ricopre un ruolo decisamente marginale. Questo perché durante un campionato, a tutti i tavoli vengono giocate contemporaneamente le stesse mani. Per cui dai risultati spiccano i giocatori più forti”.

Il barbù

Poi è arrivato il poker. Come ti sei approcciata verso il Texas Hold’Em? Molti giocatori professionisti arrivavano da discipline di vecchio stampo, come Magic, Backgammon o addirittura scacchi. In che modo, se esiste un modo, il bridge può scatenare la passione verso il poker?

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“Ho iniziato a giocare a poker grazie al “barbù” (gioco di prese simile al bridge).

Un giorno mi invitarono a una partita di barbù, giocavano tanti soldi, per questo venni “stakata”. In questa partita c’era anche un certo Alessio Isaia alle prime armi. Ovviamente vinsi un sacco (il barbù è un gioco in cui un principiante contro un buon giocatore non potrà MAI vincere). Alessio decise che se ero così brava con le carte, potevo diventare pro di poker. Iniziò così a stakarmi e coacharmi”.

I viaggi

Oggi come oggi le tue apparizioni pokeristiche sono sempre più saltuarie, ma il tuo ruolo di “social girl”, piuttosto piacevole agli occhi di chi ti segue, svela una sfrenata passione per i viaggi, non per forza legati al gioco. Il tuo è un addio netto o un arrivederci? 

In realtà quasi tutti i viaggi che si vedono sui miei social sono dovuti al mio lavoro (bridge). Quando mi son resa conto che non sarei stata mai forte a poker (e te ne accorgi solo quando inizi a perdere continuamente, prima non puoi rendertene conto), decisi di tornare al bridge.

A bridge si gioca a coppie. Io vengo pagata da giocatori con una grande passione per il gioco, ma che fanno un altro lavoro, per giocare con loro. Se poi li faccio vincere, prendo bonus in più. È così che puoi guadagnare da vivere col bridge. Nei campionati generalmente non ci sono premi in denaro, i professionisti giocano con gli “sponsor”, oppure in coppia col compagno professionista e in squadra con lo sponsor. 

Da un anno a questa parte sono stata a Orlando, Honolulu, Memphis, Istanbul e mercoledì torno a Las Vegas! Il 18 luglio inizia un torneo del circuito americano al Cosmopolitan, e andrò una settimana prima per cimentarmi in qualche torneo di poker… non gioco da due anni, chissà che combino

La nuova vita

Non voglio entrare nella tua vita privata, ma sembrerebbe che la Francia occupi un ruolo speciale nella tua vita attuale. Che differenze trovi con l’Italia? 

“A settembre ho iniziato a frequentare un ragazzo francese del bridge che conosco da quando giocavo per la nazionale U26. Allora non ci conoscevamo molto, poi qualche anno fa son tornata nel mondo del bridge e ci siamo rincontrati, abbiamo bevuto qualche birretta insieme e raccontato le nostre vite. Siamo prima diventati amici, poi sempre più intimi, fino a che non mi ha chiesto di trasferirmi a Parigi. Da dicembre vivo qui, e sono decisamente innamorata di questa città!”

 

Noi ci siamo conosciuti parlando di libri, me ne consigliasti uno, che divorai e che mi permetto in questa sede di divulgare a mia volta, “Medicus” di Noah Gordon,  che svela una voglia di vivere, di viaggiare e di scoprire pari a pochi altri romanzi. La lettura ti accompagna ancora oggi, o il tempo è assassino e non te lo permette più come una volta? 

“Me ne vergogno, ormai leggo davvero poco. Ma ad agosto ho un mese di vacanza, per cui se vuoi consigliarmi qualcosa, ci sono!”

L’ultima, poi ti lascio. Non nascondi mai il tuo amore verso il cibo, le tue bacheche sono spesso cornice di fotografie all’interno delle quali albergano pietanze di ogni genere. Anche qui viene prepotentemente fuori la tua voglia di scoprire, sperimentare. Ma alla fine della fiera… Carbonara o sushi?

“Alla fine della fiera…in Giappone sushi e a Roma carbonara!” 

"C'è chi pensa che sia impossibile prendere parte a tutti i tavoli finali dei tornei a cui si partecipa. Questo è vero per tutti. Tranne per chi li racconta".
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