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Slow Play

Slow play nel poker: ok, ma occhio a non abusarne!

Dicesi slow play nel Texas Hold’em quando un giocatore tira il freno a mano e, pur possedendo un punto molto forte, decide di giocare in maniera passiva, limitandosi a fare check o call invece di puntare o rilanciare.

Sebbene in alcuni casi fare slow play sia il modo migliore per estrarre valore da un piatto, un errore commesso molto spesso dai principianti è quello di abusarne ogni volta che hanno una mano imbattibile o quasi.

 

 

I pericoli dello slow play

Lo slow play è una giocata che i giocatori amatoriali fanno quasi di riflesso: ricevono una coppia d’assi, magari centrano un set al flop, e hanno paura a puntare o rilanciare perché temono che così facendo spaventerebbero l’avversario di turno.

Sebbene sia una reazione abbastanza naturale e comprensibile, giocare ‘lentamente’ una mano molto forte significa però anche dare all’avversario la possibilità di migliorare il suo punto fino a farlo diventare vincente, e il tutto ad un costo minore del dovuto.

In generale, lo slow play è consigliabile quando si possiede il nuts o qualcosa che gli va molto vicino, perché le probabilità che l’avversario possa batterci sono ridotte al lumicino. Altrimenti, è molto meglio giocare in maniera aggressiva.

Un esempio pratico

Per illustrare perché giocare in maniera aggressiva una mano forte è generalmente più profittevole che farlo in slow play, ricorriamo ad un esempio tratto da una mano giocata da Howard Lederer, famoso pro di poker – ultimamente non proprio popolare, mettiamola così, ma comunque tra i migliori della sua generazione.

Da late position, Lederer riceve 8 8 e decide di chiamare il raise d’apertura di un giocatore da early position. Il flop è Q 8 2 . Howard ha chiuso un middle set, ma il flop è abbastanza coordinato e di norma un raise da early position include, oltre a coppie alte, anche qualche AxQx.

L’avversario di Lederer va in continuation-bet. Qui, fare slow play – come farebbero in molti – significa fare solo call, sperando che l’opponent continui ad aggredire anche al turn.

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Aggredire è meglio che aspettare

Facendo solo call, se al turn scendesse una terza carta di cuori, l’avversario potrebbe pensare che Lederer avesse un progetto di colore ora chiuso, e potrebbe non puntare più, neppure se avesse KK o AA. Probabilmente, lo stesso vale anche se dovesse scendere un re, un jack, un 10 o un 9.

Rilanciando sulla c-bet al flop, invece, l’avversario di Howard potrebbe pensare che quel progetto di colore lo abbia lui, e che Lederer stia rilanciando in semi-bluff. Se opponent avesse una overpair, o magari anche top pair e top kicker, potrebbe anche decidere di andare all-in per proteggere la propria mano.

In caso di raise, è vero, Lederer potrebbe anche far foldare J-J o A-K, ma contro questo genere di mani, visto il board, in ogni caso non ricaverebbe molte chip dal turn in poi.

In conclusione

Questo esempio illustra perché fare slow play non è quasi mai la mossa giusta da fare quando si possiede una mano molto forte, sebbene come detto in alcuni casi questa giocata possa risultare utile per estrarre più valore.

Arrivare a capire con assoluta certezza quando fare slow play e quando no è qualcosa che si impara soltanto con l’esperienza, ma in linea generale è sempre meglio sfruttare l’aggressività per massimizzare i profitti.

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