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Strategia poker: occhio a non cadere nella tua stessa trappola!

Quando si parla di trappola nella strategia di poker, spesso pensiamo a quando floppiamo una mano forte per poi giocarla in slowplay, nel tentativo di nasconderla agli occhi del nostro avversario. A volte, chiaramente, questa può essere una buona strategia, in base alla texture del board e ai giocatori coinvolti nella mano.

Tuttavia, un errore molto comune fatto dai giocatori di poker è quello di cercare di intrappolare l’avversario… per poi finire dentro la propria stessa trappola. Un errore tipico dei giocatori principianti, che non hanno ancora abbastanza dimestichezza con le dinamiche del Texas Hold’em.

Una mano d’esempio e la forza della posizione

Ci troviamo a un tavolo di micro stakes 6-max online e rilanciamo pre-flop con A 10 da early position, mano che avremmo potuto anche gettare tranquillamente nel muck. Il problema, infatti, è che potremmo ricevere un call o un raise da chi ha una mano migliore o dominante (tipo A-K, A-Q, A-J). Ma cosa più importante, se arriveremo postulo dovremo giocare da fuori posizione.

Posizione e iniziativa sono le due leve che muovono il poker, concetti di cui abbiamo parlato molto spesso nei nostri articoli sulle migliori strategie di poker. Vale la pena ripetere, però, che dal punto di vista statistico giocare da fuori posizione è un enorme svantaggio.

Nella mano di cui sopra, se ci fossimo trovati in posizione di cutoff o bottone, sarebbe stato molto diverso: mani come A-T off si giocano sempre in apertura. Questo perché da cutoff e da bottone saremo molto probabilmente gli ultimi ad agire dopo il flop.

Valutare correttamente la forza della mano post-flop

Tornando al nostro esempio, riceviamo il call soltanto del player da bottone e il flop non è affatto male per noi: 10 J A . Abbiamo una doppia coppia, mano ragionevolmente forte nel Texas Hold’em, con cui siamo disposti a giocarci un bel piattone.

Qui, tuttavia, la situazione è un po’ diversa, perché il flop è molto coordinato e ricco di progetti. Ci sono mani completate che già ci battono, come scale o doppie coppie migliori, e anche diversi draw forti che hanno moltissima equity contro di noi – mani come 9 8 , per dirne una.

Per questo motivo, sarebbe meglio piazzare una continuation bet standard. Se il nostro avversario chiama, nessun problema: probabilmente ha un progetto e possiamo continuare a spingere, se il turn ci è favorevole. Se folda, altrettanto bene: vinciamo subito un piatto discreto con una mano forte, ma vulnerabile.

E se l’avversario rilancia? In questo caso possiamo fare semplicemente call e rivalutare la situazione al turn. Questo ci permette di fare pot control senza diventare committed.

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La trappola del check-raise

Un’altra opzione sarebbe quella di fare check-raise, mossa che nel nostro esempio decidiamo effettivamente di provare. Il problema, qui, è che sostanzialmente ci stiamo intrappolando con le nostre stesse mani.

Come detto, il board è molto coordinato, e anche se abbiamo una mano forte, non è certo il nuts. Quando decidiamo di fare check-raise nel poker, dobbiamo farlo quasi sempre o con il nuts o in bluff, magari con un progetto debole.

Che senso ha giocarsi un check-raise con una mano di livello medio o medio-alto, rischiando di ingrandire il piatto senza la sicurezza di portarcelo a casa?

Tutto da perdere, nulla da guadagnare

Così facendo, siamo caduti nella stessa trappola in cui pensavamo di attirare l’avversario.

Questo perché riceveremo azione sul nostro check-raise solo da mani che ci battono, facendo foldare mani che già battiamo. Insomma, è una di quelle classiche situazioni nel poker in cui abbiamo tutto da perdere e niente da guadagnare.

In generale, ci intrappoliamo da soli nel poker quando la nostra decisione in una mano ci fa ricevere action solo da mani migliori della nostra, facendo foldare tutti i bluff o le mani peggiori.

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