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Terzo livello di pensiero

Il terzo livello di pensiero: quale immagine ha di noi il nostro avversario?

Quando un giocatore di poker comincia a valutare ciò che il suo avversario potrebbe pensare di lui, si dice che è arrivato al terzo livello di pensiero, secondo molti il livello che comincia a separare il giocatore amatoriale da quello più esperto.

La teoria dei livelli di pensiero è spiegata benissimo in No Limit Hold’em – Teoria e Pratica di David Sklansky, che arriva ad individuarne addirittura cinque. Ma nella maggior parte dei casi, gli ultimi due livelli servono soltanto quando a sfidarsi sono mostri sacri del poker.

 

 

Dal primo al secondo livello di pensiero

Prima di parlare del terzo livello di pensiero, soffermiamoci brevemente sui primi due. Nel primo livello, il giocatore pensa al valore assoluto della propria mano: è una buona mano di partenza? Ha del potenziale post-flop?

Nel secondo livello, si passa a valutare la forza relativa della propria mano, cominciando a considerare anche ciò che potrebbe avere l’avversario (o gli avversari). Sembra un piccolo passo, ma non lo è affatto: quanti giocatori amatoriali giocano pensando solo e soltanto a ciò che posseggono?

Un giocatore abituato a usare il secondo livello di pensiero, infatti, è capace di foldare una mano forte in senso assoluto, ma debole se raffrontata a ciò che pensa possa avere il proprio avversario. Floppare top pair top kicker non è affatto male, ma se il board è formato da tre carte dello stesso seme e in scala, e l’avversario spinge forte, forse non è il caso di insistere troppo…

Acquisire il terzo livello di pensiero

Una volta padroneggiato il secondo livello, il giocatore amatoriale già comincia a distinguersi dai propri ‘colleghi’ ancora fermi al primo. Questo può bastare nelle partitelle tra amici, o magari in qualche torneo o tavolo cash minore, ma non oltre.

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Il terzo livello di pensiero è quello che permette di manipolare gli avversari facendoli commettere errori, basati sull’immagine erronea che hanno di noi e del nostro stile di gioco, unita ai nostri betting pattern.

Terzo livello di pensiero: un esempio pratico

Immaginiamo di essere percepiti come giocatori molto tight e che al tavolo i giocatori più attenti siano convinti che prima del flop non giochiamo praticamente nulla se non le mani premium (A-A, K-K, Q-Q o A-K suited), e che al river non puntiamo mai forte senza il nuts.

Come sfruttare questa immagine? Bluffando, ovviamente. Supponiamo di ricevere A 4 in una partita cash di No Limit Hold’em da €1/€2, con stack tutti da €500. Tre giocatori chiamano prima di voi, un quarto rilancia a €20, noi ci appoggiamo e il resto del tavolo folda.

Il flop è K 8 5 . Il nostro avversario punta €40 e noi chiamiamo. Il turn è un 2 . Opponent punta €60, di nuovo call. Il river è Q : non abbiamo niente, se non asso-carta alta. L’avversario punta €100 e noi, da super tight quali siamo, rilanciamo a €250.

Anche se l’avversario avesse un colore, non potrebbe essere il colore nut; sapendo che siamo più tight di una roccia, probabilmente penserà che non possiamo avere altro se non A K : in base all’immagine che ha di noi, e a come abbiamo giocato la mano, sarà propenso a foldare.

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