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Daniel Cates alle WSOP: perché sfidare jungleman12?

Questa mano ha fatto scalpore durante lo scorso Main Event WSOP, e non solo perché i protagonisti sono due fenomeni, ovvero Daniel “jungleman12” Cates e Danny “dacav04” Illingworth.

Mette infatti chiaramente in luce perché nei tornei di poker l’ego vada messo in un cassetto, chiuso a chiave e lì dimenticato, a meno che non si vogliano correre rischi che possono finire col costare molto cari.

Siamo nel quinto livello del Main Event WSOP, con bui 200/400 ante 50. Illingworth – che solo su Full Tilt Poker ha vinto un milione di dollari nei tornei ed è quindi giocatore più che competente – ha uno stack di circa 100.000 fiches, e Cates lo copre non di molto.

Cates apre il gioco dal cut-off a 1.000, ma Illingworth 3-betta da bottone a 3.100. Tutti foldano fino a Daniel, che 4-betta fino a 7.000, ed il suo avversario chiama.

Il flop è 8 7 5 : Cates checka, Illingworth punta 8.100 su un piatto di circa 15.000 fiches, e “jungleman12” chiama.

Il turn è il 5 , e Cates checka di nuovo: quando Illingworth punta 12.000 fiches però, si trova a fronteggiare un rilancio fino a 30.000 da parte di Daniel, ma nonostante ciò “dacav04” chiama.

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Il river è il k e Cates pusha, venendo chiamato da Illingworth, che ha 9 5 : Cates gira invece a 5 , vincendo così un piatto da poco meno di 500 big blinds!


Commentandola su 2+2 diversi professionisti hanno criticato la scelta di Danny, colpevole di essersi cacciato in uno spot complesso con una mano marginale, deepstack nel Main Event e contro uno dei giocatori di cash game più forti al mondo.

“Penso che con questi stack al posto di Illingworth non avere un range di 3-bet vada bene – scrive Ben Wilinofsky – specialmente se sui bui ci sono cattivi giocatori”.

Bryan “bparis” Paris va oltre, e scrive: “Uno dei problemi principali nel 3-bettare un giocatore come Cates e una mano simile – spiega – è che non riuscirai quasi mai ad avere postflop un punto talmente forte da poter fronteggiare grosse puntate fra turn e river“.

Essendo un cash player esperto, Cates è abituato a giocare deepstack, ed anche se fuori posizione il vantaggio è perciò dalla sua: “Perfino su un board simile, dove con la tua mano hai un trips difficilmente leggibile – prosegue – non ti senti del tutto a tuo agio a giocare per lo stack”.

Per queste ragioni, contro “jungleman12” in uno spot simile le 3-bet con trash hand andrebbero ampiamente evitate: “Anche le mie 3-bet più light – conclude Paris – sarebbero fatte in questa situazione con mani che abbiano un qualche potenziale nuts postflop, in quanto dovresti sapere che contro di lui arriverai spesso al river, fronteggiando bet importanti”.

Se anche siete dei duri o peggio ancora pensate di esserlo, non mettetevi a dimostrarlo contro Daniel Cates: avrete la peggio più spesso di quanto non vogliate ammettere.