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E’ morto Sheldon Adelson: la storia dell’uomo più ricco e potente del mondo dei casinò (e non solo)

Sheldon Adelson è deceduto poche ore fa (lunedì notte negli Stati Uniti) all’età di 87 anni. Las Vegas e Macao erano i confini del suo impero, una landa ricca e affascinante che rischia di svanire con la sua morte.

Vi avevo aggiornato venerdì delle sue condizioni di salute: soffriva di una forma di cancro molto rara al sangue (linfoma Hodgkine) che lo aveva costretto alle dimissioni dalla carica di CEO di Las Vegas Sands, la sua creatura (la società di casinò più ricca nel globo).

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Sheldon Adelson e Donald Trump

Sheldon Adelson, l’uomo dei due mondi, il businesman capace di unire l’occidente con l’oriente.

Sheldon Adelson ed il sogno americano: dalla vendita dei giornali all’impero nei casinò

Ha incarnato più di chiunque altro il sogno americano: figlio di un tassista, vendeva giornali a Boston durante la grande Depressione (anni 30) ed era considerato un “monello” da strada insensibile ai rischi, alla legge e ai rivali.

Grazie al mondo delle convention prima e del gioco d’azzardo poi, è riuscito ad accumulare fortune che lo hanno reso uno degli uomini più ricchi degli Stati Uniti. Forbes valuta il suo patrimonio personale di 36 miliardi di dollari nel 2019.

Bloomberg addirittura è arrivato a stimare nel 2016 le sue ricchezze superiori ai 40 miliardi che lo proiettavano nella top 10 dei businessmen più ricchi del globo.

Nel 2004 il suo patrimonio cresceva di un milione di dollari l’ora

C’è da dire che le sue ricchezze hanno subito molti alti e bassi. Nel 2004 è riuscito a rendere la sua società, Las Vegas Sands, pubblica (sbarcando nei mercati azionari) e da quel momento – secondo il New York Times – il suo patrimonio netto per due anni è cresciuto di un milione di dollari l’ora (!), weekend compresi.

Nel 2009 l’anno orribile per tutti gli USA, con la svalutazione da 30 miliardi a solo 2 miliardi ma nel 2013, il suo guadagno orario era raddoppiato a 2 milioni.

Sheldon Adelson: primo occidentale ad investire in Macao

E’ stato il primo a credere in Macao: ha diversificato rispetto agli asset che già possedeva a Las Vegas ed ha deciso di puntare forte sulla ex colonia portoghese che nei primi anni duemila si è aperta alla liberalizzazione (in passato tutti i casinò erano in un regime di monopolio sotto il controllo di Stanley Ho). Non era facile combattere una potenza simile, fuori casa, ma lui aveva le spalle larghe, sostenuto dal governo a stelle e strisce (è stato uno dei primi finanziatori di Bush) e da Israele.

Macao è stata la sua miniera d’oro. Grazie alle revenues che sono arrivate dai mercati asiatici è riuscito a costruire intorno a sé un alone di potere e di mistero, i cui effetti sono stati tangibili.

E’ stato uno scaltro uomo d’affari ma si è saputo muovere con molta abilità anche nello scacchiere politico di Washington e non solo. E’ stato uno dei più grandi rivali di George Soros e di Barack Obama (sostenuto proprio dallo speculatore di origini ungheresi).

270 milioni di dollari i suoi finanziamenti alle ultime 3 presidenziali

Primo finanziatore del Partito Repubblicano e dello Stato di Israele (è di origini ebree e la sua famiglia è scappata dalla vecchia Unione Sovietica per le persecuzioni), è stato senza dubbio uno degli uomini più influenti negli USA ed in Medio Oriente.

Le ultime 3 campagne elettorali presidenziali gli sono costate 270 milioni di dollari circa. Nel 2012 ha speso quasi 100 milioni, idem nel 2016 (25 andarono a Donald Trump) e quest’anno circa 70 milioni.

Nel 2016, solo per la festa dell’insediamento di Trump alla casa Bianca donò 5 milioni di dollari.

“Investimenti” che gli hanno consentito di raggiungere uno dei suoi obiettivi: spostare l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme, nel 2018. Fatto che incendiò il Medio Oriente.

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Nemico numero uno del poker e del gioco online

Il suo potere l’ha esercitato anche per fermare l’espansione del business del poker online e dell’e-gaming che vedeva come il nemico numero uno da combattere per i suoi affari nei casinò terrestri. Ma il mercato USA oramai rappresentava solo il 17% delle entrate di Las Vegas Sands e pochi mesi fa aveva messo in vendita – in piena pandemia e alle prese con la malattia – il suo gioiello, il Venetian, The Palazzo ed il centro congressi del Sands.

La sua storia con Las Vegas è nata proprio quando aveva deciso di acquistare il mitico Casinò Sands a fine degli anni ’80, nel pieno della sua ascesa come organizzatore di convention (poi come detto quotato in borsa a New York nel 2004).

Il Venetian il primo (doppio) colpo di Genio

La sua prima vera intuizione e colpo di genio però non è stato l’investimento (rischioso) in Macao, bensì la costruzione del Venetian. In viaggio di nozze con la sua seconda moglie nella romantica città lagunare, partorì l’idea di riprodurre a Las Vegas, il piazzale San Marco, il Ponte di Rialto ed il Campanile con tanto di canali e gondole.

Il Venetian in poco tempo era diventato non solo uno dei casinò più imponenti al mondo ma anche una delle mete turistiche più iconiche e ricercate del Nevada. Un investimento che gli aveva spianato la strada del successo. Perché non riproporlo a Macao?

L’intuizione di investire a Cotai

Proprio in Cina, il buon vecchio Sheldon aveva avuto un’altra intuizione felice: costruire nella penisola di Cotai, una zona ritenuta a dir poco “sfigata” da tutti a Macao. Una mezza palude, considerata oggi una delle aree più esclusive, una sorta di Montecarlo con gli occhi a mandorla.

Grazie alla presenta e al fascino del Venetian la location si è presto trasformata in una delle zone più cool ed esclusive della ex colonia portoghese. Negli ultimi anni i progetti più importanti sono tutti nati a Cotai, nonostante i costi dei terreni siano diventati proibitivi.

Come è riuscito a battere la concorrenza a Las Vegas

Adelson ha sempre anticipato tutti. A Las Vegas comandava una lobby ben consolidata. In prima linea c’era Steve Wynn insieme a due grosse compagnie come MGM e Caesars (al tempo Harras), ma il Grande Vecchio è stato il primo a rischiare e credere nei mercati asiatici (compreso Singapore).

Grazie alle revenues provenienti dall’estremo oriente, è riuscito a mettere tutti all’angolo quando gli Stati Uniti vivevano una delle crisi finanziarie più terribilie Las Vegas era in ginocchio. Da buon squalo, Adelson non ha perso tempo ed ha usato il denaro per avere un’influenza decisiva nel partito Repubblicano, ma non solo. In certi Stati è riuscito a coinvolgere nelle sue iniziative anche dei democratici.

La sua abilità nella politica ha fatto la differenza. A pagarne le conseguenze è stato il poker online a stelle e strisce che ha trovato davanti a sé una strada tortuosa da percorrere in questi anni.

L’imperatore è morto ma ha lasciato una traccia profonda nella storia sia di Las Vegas che di Macao. Dopo il suo interregno, le due città hanno subito profondi mutamenti verso la grandezza. Si può parlare di un’era pre e post Adelson sulla Strip e a Cotai. Vi sembra poco? E’ il destino degli imperatori.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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