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Ecco come Phil Ivey ha salvato il mondo del poker!

Di storie su Phil Ivey ne circolano talmente tante che più che un film, sulla sua vita spericolata si potrebbe girare tranquillamente una serie tv. Oggi vi vogliamo raccontare di quando ‘No Home Jerome’ salvò letteralmente il mondo del poker; visto l’atto ‘eroico’, lo faremo come se fossimo in un fumetto…

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«Febbraio 2006, quartier generale dei The Corporation. La situazione è sul punto di precipitare. La curva del grafico sui megaschermi al plasma tende precipitosamente verso il basso e il led luminoso mostrava impietoso lo stato di DEFCOM 4: mancava poco, e il mondo del poker sarebbe stato irrimediabilmente perduto.

“Dobbiamo fare qualcosa”, dice Capitan Brunson, scuotendo la sua chioma canuta. Già, ma cosa? Il malvagio Andy Beal era sul punto di conquistare la vittoria finale: aveva già sconfitto l’Incredibile Chan e Fantastic Harman.

Niente ormai poteva contrastarlo. O forse sì. Forse c’era qualcuno in grado di riuscire là dove tutti avevano fallito. “Chiamate il Prescelto”, sentenziò il leader dei Corporation. “Solo lui può salvare il mondo del poker, ora. Chiamate Phil Ivey.

[…]

Commerce Casinò di Los Angeles, torneo da $ 1.000. Circa 500 persone iscritte, 42 eliminazioni allo scoppio della bolla. Raymond David si sta godendo la sua pausa cena, quando all’improvviso lo incontra.

“Ehi Raymond”.
“Ehi Phil”.
“Che fai?”.
“Gioco un torneo”.
“Buy-in?”.
“Mille dollari”.
“Premio minimo?”.
“Non so, sui 3.000 penso”.
“Eccoti $ 3.000. Ho bisogno che mi porti in un posto”.

Uno sbigottito Raymond si fa due calcoli: continuare a giocare e rischiare magari l’eliminazione in bolla, oppure dare retta all’amico, intascarsi subito $ 3.000 e soddisfare la curiosità di capire dove voglia andare? Pochi minuti dopo, i due sono già in macchina: direzione aeroporto.

David non può non notare che l’amico si tiene stretto una valigetta. Sembra ci sia dentro qualcosa di molto, molto importante. Documenti segreti? Un’arma letale? Una nuova invenzione? Niente di tutto ciò.

“Che hai in quella valigetta?”
“Milioni di dollari. Molti. Devo prendere un volo. Vado a giocare contro Andy Beal, per salvare il mondo del poker“.

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[…]

Commerce Casino di Los Angeles, qualche giorno dopo. Raymond David sta aspettando qualcuno, quando un taxi si ferma. Scende l’amico Phil, con la sua solita faccia imperturbabile: come sarà andata la sfida contro il terribile Andy Beal? Ce l’avrà fatta il Prescelto a mettere in salvo il mondo del poker?

“Tieni, questa è per te”. Ivey allunga la destra e lascia cadere qualcosa nel palmo della mano di Raymond: è una chip da $ 10.000. “Mi è andata bene, ho avuto una bella settimana. Ho vinto 12 milioni di dollari contro Beal.

Quello fu il giorno in cui Phil Ivey salvò il mondo del poker, diventando una delle icone di questa disciplina. Di Andy Beal non si seppe più nulla: qualcuno dice di averlo avvistato in qualche locale poco raccomandabile, a giocare partite underground. Perché è lì che finiscono tutti i cattivi. Perché è lì che finisci, se sulla tua strada incontri Phil Ivey.»

Speriamo che la storia vi sia piaciuta: è vera, anche se naturalmente l’abbiamo romanzata per renderla simile – almeno speriamo – a un’avventura da supereroe dei fumetti. Per chi non conoscesse la vicenda, ecco quanto stava accadendo in quegli anni.

The Corporation non era altro che il modo in cui si facevano chiamare, una decina d’anni fa, i vari Doyle Brunson, Todd Brunson, Jennifer Harman, Johnny Chan, Ted Forrest e altri. Si trattava di un gruppo di 15 top player che nel 2001 aveva accettato la sfida del miliardario texano Andy Beal (non un giocatore professionista), il quale li aveva spinti a competere in una serie di partite private di Limit Hold’em, al Bellagio di Las Vegas.

A un certo punto, Beal aveva ridotto praticamente in mutande The Corporation. Potete immaginare cosa sarebbe voluto dire, per il movimento del Texas Hold’em – allora certamente non diffuso come oggi – perdere per mancanza di denaro i giocatori che hanno maggiormente contribuito all’espansione del poker a livello mondiale. Lo stesso Ivey decise di tentare il tutto per tutto perché, per sua stessa ammissione, “non volevo dover lavorare per vivere”. Chissà cosa sarebbe successo, se in quel lontano 2006 il Tiger Woods del poker avesse perso quell’incredibile heads-up…

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