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Player gioca a poker cash game in un circolo di Cesena: condannato (la sentenza della Cassazione)

Giocare nei circoli è legale? E’ questa la domanda frequente che spesso giocatori ed organizzatori ci pongono. La Corte di Cassazione in questi ultimi anni ha cercato di dare delle risposte in maniera molto coerente. L’ultimo caso riguarda un gioco di poker cash game.

Negli ultimi giorni di fine anno, la terza sezione penale della Suprema Corte ha reso note le motivazioni di una sua ordinanza sulla spinosa questione del poker live giocato in un circolo di texas hold’em romagnolo.

E’ bene anticipare che la Corte ha ribadito la propria giurisprudenza, ovvero le precedenti decisioni, consolidate dal 2011 ad oggi. In sintesi: si ai tornei di modico valore ma senza possibilità di prevedere re-entry. Vietatissimo il cash game live, pratica purtroppo molto diffusa in molti club italiani.

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Se però nelle precedenti sentenze, non vi erano riferimenti chiari all’entità del buy-in per i tornei live, questa volta la Corte dà un riferimento ancora più espliciti sulle quote di iscrizione, richiamando in maniera esplicita le precedenti linee guida pubblicate dal Consiglio di Stato nel 2008 (€30 euro per i tornei giornalieri e €100 sono in casi eccezionali individuati dal CdS nel parere succitato).

La condanna del tribunale di Forlì: giocava a poker cash game

Tutto è partito da una condanna al pagamento di un‘ammenda di €2.000 stabilita dal Tribunale di Forlì nei confronti di un giocatore di poker che – secondo le autorità – è stato sorpreso durante una partita di cash game. Ma è bene esaminare nel dettaglio le singolarità del caso.

La condanna che è stata confermata, in ogni caso, dalla Cassazione stessa che ha rigettato il ricorso.

Il player giocava a poker cash game in un circolo live di Cesena contravvenendo l’art. 720 cod. pen. sul gioco di azzardo. Come abbiamo sempre detto ed affermato, nonostante le precedenti sentenze favorevoli per quanto riguarda i tornei freezeout (considerati non gioco d’azzardo), il cash game rientra – sotto il profilo legale – ad una condotta punita penalmente dall’ordinamento italiano e non ci sono mai state sentenze di segno contrario.

Il player ha fatto ricorso ma la Corte di Cassazione lo ha respinto

La linea difensiva del giocatore è stata quella di sostenere che stesse giocando un torneo. Secondo però il verbale della polizia, in realtà, era impegnato in una partita di cash game. La polizia aveva rinvenuto – secondo quanto riporta Gioconews – chips di valore superiore a quello classico, blocchetti con cifre segnate e oltre 20mila euro rinvenuti nel luogo della partita. Tutti ciò “esclude che l’imputato si trovasse intento insieme agli altri a praticare un ordinario gioco di carte, privo di finalità di lucro, come tenta di sostenere la difesa”.

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Cassazione: le motivazioni

“Il ricorrente non contesta che il gioco che stava praticando fosse un poker, ma esclude che lo stesso rientrasse nell’ambito dei giochi di azzardo contemplati 2 dall’art. 721 cod. pen. sostenendo che i vari elementi istruttori acquisiti non fossero tra loro collegabili.

E’ invece dalla valutazione congiunta dei suddetti elementi che il Tribunale desume l’elemento oggettivo del reato, avendo ritenuto che il possesso di fiches non convenzionali, ovverosia di importo superiore rispetto a quelle utilizzate nei tornei regolari, tali da consentire puntate libere, trovate insieme alle carte da gioco sul tavolo, la possibilità di riscriversi dopo l’eventuale eliminazione unitamente alla mancanza di regolamento del gioco, di quote di iscrizione, e di un monte premi finale, nulla essendo stato addotto dalla difesa al riguardo, configurassero il gioco di azzardo, contraddistinto, così come previsto dall’art. 721 cod. pen., dall’aleatorietà della perdita o della vincita e dalla finalità di lucro, ovverosia dall’arricchimento senza causa, in quanto sganciato da una qualsivoglia abilità, all’infuori della conoscenza delle regole del gioco, perseguita dai singoli partecipanti”.

La leva finanziaria ai tavoli esclude l’abilità

Una delle convinzioni cardine ribadita sempre nelle decisioni della Cassazione (da 7 anni a questa parte) è stata quella che la possibilità da parte dei giocatori ai tavoli di far valere le proprie disponibilità economiche escluda l’elemento dell’abilità dal gioco.

In estrema sintesi: la Cassazione ritiene che rientri nell’azzardo, nei giochi live non autorizzati, i giochi influenzati dalle diverse disponibilità economiche dei partecipanti. Se qualcuno può far valere ai tavoli da gioco il proprio bankroll, siamo – per i giudici – di fronte all’azzardo, non vi è alcuna abilità, per questo motivo la Cassazione ritiene anche i tornei con re-entry illegali, per non parlare del cash game.

Questo è senza dubbio un elemento che fa pendere l’angolo della bilancia tra azzardo e abilità secondo i giudici.

L’ammontare della cassa elemento decisivo

In uno dei passaggi della Sentenza della Cassazione, vi sono elencate le motivazioni del singolo caso del giocatore di Cesena, citiamo quella a nostro avviso più significativa: “Ed è proprio l‘ammontare della cassa, costituita da C 2000 in contanti ed C 21.000 in assegni, che esclude che l’imputato si trovasse intento insieme agli altri a praticare un ordinario gioco di carte, privo di finalità di lucro, come tenta di sostenere la difesa: l’entità della posta in gioco, ancorché astrattamente rilevante ai fini dell’applicabilità dell’aggravante di cui all’art. 721 cod. pen., rivela indiscutibilmente la finalità di guadagno che tramite esso veniva perseguita dai singoli partecipanti, quale elemento costitutivo della contravvenzione in contestazione (Sez. 3, n. 4271 del 26/02/1991 – dep. 15/04/1991, P.M. in proc. c. Pulzone, Rv. 186794)”.

La Cassazione richiama CdS: “buy-in contenuto nei tornei, no re-entry, premi non in denaro”

“E’ pur vero che la natura del gioco di azzardo deve essere valutata con riferimento alle modalità del suo esperimento in concreto che la giurisprudenza di questa Corte – anche alla luce del parere del Consiglio di Stato n. 3237 del 22 ottobre 2008 secondo il quale il gioco del poker può perdere le intrinseche caratteristiche di illiceità in presenza di alcune specifiche modalità di svolgimento, che individua nel gioco a “torneo”, con previsione di un importo di iscrizione particolarmente contenuto, nel divieto di possibilità per il giocatore di rientrare in gioco una volta esaurita la propria posta, nella previsione di premi non in denaro e nella impossibilità di organizzare più di un torneo nella stessa giornata e nella stessa località — ha escluso quando il fine di lucro venga di fatto annullato in presenza di una posta del tutto irrilevante o talmente tenue da far ritenere insussistente il fine di un guadagno economicamente apprezzabile (Sez. 3, n. 32835 del 20/06/2013 – dep. 29/07/2013, Pmt in proc. Sirignano e altro, Rv. 255875) che ha affermato che l’organizzazione di tornei di poker nella variante del “Texas Hold’Em”, con posta in gioco costituita esclusivamente dalla sola quota d’iscrizione, l’assegnazione di un numero uguale di gettoni, di valore solo nominale, per ciascun giocatore, senza possibilità di rientrare in gioco acquistando altri gettoni, con preventiva individuazione del premio finale non costituisce esercizio di gioco d’azzardo quando, considerate le concrete modalità di svolgimento del gioco, risulti preponderante l’abilità del giocatore sull’alea ed irrilevante il fine di lucro rispetto a quello prettamente ludico”.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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