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I giocatori di poker, squali anche in Borsa?

Kathy LiebertIn tempi di crisi finanziaria, c’è chi si è posto anche questa domanda. Un giocatore di poker, che per alcuni anni si dedichi esclusivamente a questa attività ricavandone un buon profitto, sarebbe in grado di eccellere anche nel mondo finanziario?

Contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, vista anche la generale demonizzazione che il Texas Hold’em è costretto a subire da più parti, molti esperti si sono detti certi che tale parallelismo sia tutt’altro che azzardato.

L’assunto di partenza è piuttosto semplice: poste le inevitabili differenze contestuali, fra un giocatore di poker ed un analista finanziario ed operatore di borsa esisterebbero importanti, notevoli affinità. Entrambi infatti sarebbero abituati a convivere con una forte pressione, in un contesto mutevole e rischioso nel quale la maggior parte delle persone perde il proprio denaro, pur aspirando all’esatto contrario. Riuscire pertanto ad avere quella disciplina indispensabile nell’analizzare le situazioni, a non perdere il sangue freddo nei momenti più difficili ed a saper rischiare solo quando il gioco valga davvero la candela sarebbero caratteristiche tanto fondamentali quanto valevoli sia per il giocatore che per il broker.

D’altra parte, tale tesi sarebbe supportata anche da riscontri illustri, quali quelli di Kathy Liebert, Phil Hellmuth o Howard Lederer. La Liebert – prima di diventare una delle migliori giocatrici di poker di sempre – si è infatti laureata in economia ed ha lavorato in quel ramo per la Dun & Bradstreet, ovvero la banca dati relativa al business più grande del mondo.

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Hellmuth e Lederer, dal canto loro, hanno saputo dimostrare come la loro abilità non fosse relegata solo al tavolo verde ma al contrario fosse disinvolta anche nel gestire gli affari più disparati. E d’altra parte, tutti i giocatori di poker più vincenti devono imparare ben presto ad investire con intelligenza i loro ingenti introiti.

Aaron BrownC’è anche chi ha fatto il percorso inverso. E’ il caso ad esempio di Aaron Brown, ex giocatore ed adesso risk manager per conto di una nota società: “E’ difficile riscontrare nella stessa persona la capacità di investire delle risorse nel momento in cui si hanno delle opportunità vantaggiose ma al contempo sapersi tirare indietro quando è il momento. E’ per questo che chi ha vissuto la carriera del giocatore di poker con successo ha maggiori probabilità di diventare un buon trader rispetto a chi non lo abbia fatto.

Ancora una volta, la bussola sembra tutta centrata nel massimizzare le vincite e minimizzare le perdite, e chissà che – per assurdo che possa suonare – alcuni giocatori stanchi delle pressioni derivanti dalla vita del Professional Poker Player non decidano di staccare la spina rilassandosi un po’ in Borsa.
In fondo, su gente come Ilari Sahamies o Tom Dwan di tutto si può dire tranne che siano money scared…

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