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Filippo Candio: “Butteroni, per battermi devi arrivare terzo! Il coach non serve a nulla”

Nel 2010 Filippo Candio ci ha regalato emozioni forti, le stesse che stamani ci ha riservato Federico Butteroni. Sono loro due gli unici due November Nine della storia del poker azzurro. Ma la prima volta non si scorda mai, quella maglietta nerazzurra a strisce orizzontali con il brand di Full Tilt è stata per anni un dolce ricordo degli appassionati italiani.

Con Federico abbiamo vissuto emozioni simili stanotte ed ora l’appuntamento è per novembre. Ci attendono tanti mesi di attesa prima di poter portare l’assalto al titolo mondiale, anche se la strada si fa in salita visto che Butteroni partirà con 12 big blinds (ha chiuso con 15 ma alla ripresa, con level up, ne avrà 12). Abbiamo chiesto lumi al veterano Filippo Candio su come prepararsi per un evento così importante.

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Filippo Candio nell’ultimo torneo IPO a Campione

Filippo, la storia si ripete a Las Vegas: vedere un italiano al final table WSOP è una bella emozione. Che sensazioni riaffiorano nella tua mente di quei magici giorni?

Quando ho visto che era il più corto a 10 left, nella mia memoria sono riemerse sensazioni strane, visto che mi ero trovato anche io nella stessa condizione. Momenti orribili, da incubo. Quasi da psicanalisi.

Che differenza c’è tra il tuo Main e il suo?

Nel mio c’erano quasi 1000 players in più ed è finito con un day 8 da 25 ore. Di fatto, credo cambi poco a livello emozionale, ma molto sotto il profilo della stanchezza mentale. Io nel day 8 ero in uno stato confusionale.

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Visto che tu hai già vissuto questi lunghi mesi di attesa e di preparazione, ti senti di dare qualche consiglio a Federico? Un coach è necessario o meglio pensare con la propria testa?

Il consiglio è di non farsi coachare da nessuno, non perdere tempo impegnando la mente in teorie nuove che potrebbero non essere assimilabili in pochi mesi. Il rischio, per qualsiasi giocatore, è di andare in confusione, cosa che – secondo me nel 2010 – è successa a Matt Jarvis. Deve andare per la sua strada.

Partirà short al tavolo con solo 12 big blinds, Filippo Candio come imposterebbe la sua strategia per il tavolo finale?

Parlare di tattiche partendo come il più short è inutile. Non deve buttare via i 12 big blinds alla prima occasione, ma non c’è molto da fare. A mio parere, il suo obiettivo è stato raggiunto, il resto solo oro che cola.

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Sono passati diversi anni, il poker è cambiato e come secondo te?

Il poker credo sia tornato a quello delle origini, senza sponsor, senza grandi fraseggi. Non so, a me piaceva di più con le patch e le opportunità che offriva, adesso è un tutto anonimo.

Vuoi dire qualcosa a Federico?

Prima di tutto auguri di cuore per il final table.

Facciamo i cattivi ragazzi, mettiamo un pò di pepe: non la vedi come una sfida personale? Il primato italiano è in pericolo…

No, però è giusto dire che il mio record lo batte solo se arriva terzo. Quindi gli lancio la sfida. Il quarto posto non vale, perché ho visto che prende un milione in meno, dato che ci sono quasi meno di mille iscritti rispetto al 2010. Lo dico perché questa cosa lo potrebbe motivare ancora di più nel fare bene.

All’opinione pubblica cosa ti senti di dire?

Ricorderei a tutti che Federico ha già vinto così. Ora è solo un discorso ludico, divertente e tutto un insieme di belle cose. Complimenti a lui per l’impresa.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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