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Global Poker League: i Montreal Nationals vincono la prima stagione, ma che noia!

Sportivamente parlando, hanno vinto i favoriti. I Montreal Nationals avevano chiuso la regular season con il miglior record di tutti, guadagnandosi dunque il #1 nella griglia playoff. Quindi, dopo un primo turno tiratissimo e una semifinale piuttosto agevole, hanno vinto la finale arrivando alla bella, contro i Berlin Bears. Per loro, insieme al trofeo, un premio da 100.000$.

I campioni

E’ stato Pascal Lefrancois a dare il punto decisivo, sconfiggendo nell’11° match un osso duro come Brian Rast. Ma la vittoria va ascritta al merito anche di Jason Lavallee, Mike McDonald e Marc-Andre Ladouceur, manager del team che aveva lasciato fuori dal roster playoff altri due elementi di assoluto valore, come l’ex campione del mondo Martin Jacobson e la sempre affascinante Xuan Liu.

Niente da fare per i Berlin Bears, partiti con il numero 2 nel seeding della Eurasia Conference e giunti in finale grazie alle prestazioni di Brian Rast, Bill Perkins, Sorel Mizzi e Dan “Jungleman” Cates, ovvero gli elementi selezionati dal manager Philipp Gruissem che ha lasciato fuori Jeff Gross e Dominik Nitsche.

In sintesi, i Nationals avevano battuto i San Francisco Rush (4-3) nel primo turno e i Los Angeles Sunset (4-2) in semifinale. I Bears venivano invece dal 4-2 agli Hong Kong Stars e dal 4-3 rifilato in semifinale ai Moscow Wolverines.

La finale

La finale si giocava al meglio delle 11 partite, che sono servite tutte. I Nationals sono scappati andando prima sul 3-1 e poi sul 5-3, ma è stato Sorel Mizzi a ricucire lo strappo, vincendo due partite in fila e mandando il tutto alla bella. Qui si sono scontrati Brian Rast e Jason Lavallee: alla fine è stato un cooler a decidere, anche se i due sono arrivati ai resti solo sul river:

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GPL: così non va

Si chiude così la prima stagione della Global Poker League. Una season 1 contraddittoria, che ha fatto intravedere potenzialità ma che non si può davvero non definire deludente. Pur con tutto il credito che è giusto assegnare a un format debuttante, sono troppi gli elementi che hanno lasciato a desiderare di questa GPL. In cima a tutto c’è però una sorta di peccato originale.

Un vuoto da colmare

Nelle intenzioni di Alex Dreyfus, quello di togliere il fattore-denaro era un passaggio chiave per far diventare il poker uno spettacolo vendibile a un pubblico più vasto. Le ragioni potevano essere condivise, ma se togli i soldi devi bilanciare con qualche altro elemento capace di destare attenzione, di creare pathos, di colmare un vuoto. Invece abbiamo assistito a ore e ore di nulla, e la finale ne è stato – purtroppo – l’esempio più eclatante.

Guardare per 7 ore dei poker pro (neanche troppo conosciuti o dal carattere particolarmente spigliato, a parte qualche sporadica eccezione) affrontarsi dentro un cubo, guardandosi in faccia e cliccando su un tablet, può mai davvero essere uno spettacolo appetibile?

Dov’è lo show? Dove sono i personaggi?

Non una variazione, non un intervallo, non un accenno di ritmo. L’ingaggio di grossi personaggi extrapoker come l’attore Aaron Paul aveva fatto pensare che ci fosse qualche idea vera, per attirare nuovo pubblico al di là dei nomi. Invece niente: ore e ore di visione sempre uguale, nessun sussulto, nessun trasporto, nessun siparietto, nessuna gag. NULLA. Se si voleva trasformare il poker in uno show, allora si è fallito miseramente.

Se anche Hristvoje batte GPL

A tal proposito alcuni commenti sono stati eloquenti, come quello di Kevin “kevmath” Mathers

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C’è invece chi è stato ancora più tranchant, e trattandosi di Doug Polk non poteva essere altrimenti

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Lo screen postato da WCGRider è però emblematico. Se Hristvoje Pavlovic giocando un torneo da 11 dollari su PokerStars fa più spettatori delle finali GPL, allora qualcuno deve avere sbagliato qualcosa.

Il gioco

Scendendo nel dettaglio dello spettacolo offerto sotto il profilo tecnico, nonostante la presenza di talenti di livello assoluto, la qualità del gioco non poteva essere un controvalore sufficiente per lo show. La formula heads up, pure molto apprezzata durante la stagione (con diversi match memorabili), ha mostrato inevitabilmente i suoi limiti. Qualità e spettacolarità del gioco non sempre coincidono, dunque alcune linee particolarmente raffinate potrebbero tranquillamente passare inosservate. Inoltre, la maggior parte dei match si conclude con i due avversari che hanno qualcosa come 20 e 10 big blinds, quindi con margini di azione davvero ridotti.

I soldi rinnegati… a metà

Infine, se è vero che la GPL ha “rinnegato” il denaro come motore e ragione del gioco, non lo ha eliminato del tutto – nè poteva permettersi di farlo, d’altra parte. Cosa rappresentano i 100.000$ che i 6 componenti del team campione si dovranno dividere? Una cifra che non sposta nulla per nessuno dei sei giocatori, ma non rappresenta neanche un elemento di attrazione per il pubblico: cosa sono 100mila dollari da dividersi in 6, quando a “L’Eredità” un solo concorrente può vincere ogni sera 180.000 euro?

Non è piacevole affondare così il coltello nella piaga, anche perchè una Global Poker League che funziona non potrebbe che far bene all’intero movimento. Ma di cose su cui riflettere Alex Dreyfus ne avrà parecchie, in questi mesi che lo separano dalla seconda stagione. Su un punto, però, si può coltivare la certezza: il tycoon francese è uomo che sa fare tesoro delle critiche e degli errori, non lascerà che la sua creatura rimanga così poco attraente.

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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