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Il poker è uno sport?

Il poker può essere considerato uno sport? L’opinione pubblica non lo percepisce come tale, almeno a giudicare dal  risultato di un recente sondaggio pubblicato su Reddit. Il campione è poco significativo (solo 460  persone) ma il trend chiaro: il no è stato espresso quasi in coro. Solo l’11% degli intervistati crede che il giochino sia anche una disciplina sportiva.

Prendiamo spunto da un editoriale di Lee Davy per fare qualche riflessione su questo dato. Il noto blogger infierisce in modo provocatorio: “Il sondaggio è stato effettuato su 53 giochi e per alcuni intervistati, la strana competizione trasmessa su ESPN sugli  hot dog (vinceva chi ne mangiava di più…) è uno sport più che il poker, così come il frisbee, il roller derby, cheerleading  e paintball”. Mah…

Alexandre Dreyfus, mister GPI, è intervenuto nel  dibattito, con idee (a nostro avviso) molto chiare: “questo non è un sondaggio adeguato che raccoglie dati accurati.  Tuttavia, testimonia una tendenza. Oggi, solo il 10% delle persone crede che sia uno sport. In un secondo step possiamo  raggiungere il 20%, quindi il 30% e così via. Questo il nuovo obiettivo”. 

Opinione rispettabilissima, visto che Dreyfus negli ultimi anni si è conquistato una credibilità internazionale ed è  forse una delle persone che in questo momento si sta battendo, più di tutte, per la promozione del poker a livello globale.  “Il fatto che il poker sia stato menzionato nel sondaggio è già una cosa positiva. Questo significa che c’è potenziale.  Forse ci stiamo ponendo la domanda sbagliata. Invece di chiedere: ‘il poker è uno sport?’, bisognerebbe domandare:  ‘dovrebbe essere promosso il poker come uno sport?”. Dreyfus non ha tutti i torti.

Il CEO di Global Poker Index afferma: “il 21,1% dei maschi di età compresa tra i 18 e i 24 anni, ritiene che il poker  dovrebbe essere promosso come uno sport”.

Purtroppo, negli ultimi anni, l’industria del poker è stata “sorpresa” da un boom (e successivamente da una crisi) di  proporzioni non previste, non vi è stata una crescita costante  ma si è passati da un picco di popolarità ad una flessione (che i numeri a livello internazionale però testimoniano solo in parte), senza una programmazione stabilita dall’alto. Si è perso così il focus sugli obiettivi e in pochi hanno continuato a promuovere in maniera lungimirante il gioco.

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Pensiamo al nostro paese, dove è accaduto un fatto unico rispetto agli altri stati occidentali: la Suprema Corte (la Cassazione) ha pubblicato tre sentenze  rivoluzionarie nel giro di pochi mesi, che hanno riconosciuto che i tornei di  poker non sono gioco d’azzardo. Apriti cielo! Nessun organo giudiziario mondiale si è espresso in maniera così chiara. In poche parole, dove non è arrivata la legge (con i regolamenti attuativi), lo hanno fatto i magistrati che hanno valorizzato il concetto di poker sportivo.

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La Cassazione  ha tracciato una linea nitida, eppure dopo 12 mesi ci sentiamo di dire che solo una parte ristrettissima del movimento (parlando di  associazioni, club, rooms online e giocatori) ha cercato di promuovere e regolamentare il poker come una disciplina sportiva, in maniera convinta.

Vi immaginate per assurdo se la Suprema Corte statunitense si fosse espressa in tali termini? La potente lobby della PPA (Poker Players Alliance) avrebbe cavalcato l’onda a Washington e avrebbe stretto alleanze strategiche con le varie parti in causa (dai casinò live alle rooms online). Linea strategica che sta già percorrendo Dreyfus con il suo GPI.

In Italia, invece di unirsi, la community si è divisa ancor di più, vi è stata una spaccatura netta e solo una federazione ha provato a promuovere il poker come tale, a seguito delle tre storiche sentenze. Il verbo dei giudici è caduto nel vuoto: in pochi hanno provato a “sfruttare” questo clamoroso assist a vantaggio di tutto il movimento e del poker in generale. Si è pensato all’oggi e non al domani. Non si è capito che valorizzando la parola “poker sportivo”, nel lungo termine ne avrebbero beneficiato tutti.

E così ci troviamo con l’opinione pubblica sempre con il fucile puntato e pronta a cercare lo scandalo (anche dove non c’è). Per questo motivo i grossi brand non fanno più pubblicità in tv e le trasmissioni dedicate alla texana sono sempre più soffocate dai palinsesti. Difficile creare nuovi giocatori ed appassionati, eppure la base esiste sempre. Nei circoli migliaia e migliaia di persone continuano a giocare e divertirsi. 

Peccato, perché si è comunque persa una grande occasione.  Ma se negli Stati Uniti questo gioco oramai è entrato nella cultura e nelle usanze ed è popolare da più di 50 anni, forse ci sono ancora margini di manovra per far percepire il poker come una disciplina dove il sano spirito competitivo e il divertimento devono essere centrali. C’è chi sta lavorando in questa direzione con una strategia precisa. Lo scopriremo presto.

Fine prima parte – continua

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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