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Gioco online: ecco il ddl anti-pubblicità. Ma lo Stato cosa vuol fare ‘da grande’?

L'On. Laura Garavini (PD), relatrice del ddl appena presentatoSomiglia molto ad un improvviso attacco bi-partisan, quello della politica al mondo del gioco. Il temuto disegno di legge anti-pubblicità è stato presentato in mattinata dall’On. Laura Garavini, capogruppo PD in Commissione Antimafia.

Il DDL è intitolato “Disposizioni in materia di gioco d’azzardo, concernenti la tutela dei minori, la cura e la riabilitazione di soggetti affetti da ludopatia, nonché misure volte a prevenire e a contrastare il gioco irregolare, il riciclaggio dei proventi di attività criminose, mediante l’introduzione di misure antielusive, antievasive, improntate alla trasparenza e alla tracciabilità dei flussi finanziari in materia di giochi, scommesse e concorsi pronostici”.

Al suo interno vi sono alcune delle controverse proposte che peraltro avevamo previsto anche su queste pagine. In conferenza stampa, è proprio la stessa Garavini a spiegare i cavalli di battaglia del DDL: “il divieto totale di pubblicità, l’introduzione di ausili tecnici per indurre i minori a fare meno uso del gioco, come l’obbligo dell’uso della tessera sanitaria per le slot, la tracciabilità dei denari derivati dalle vincite al gioco, l’introduzione di requisiti più stringenti per i concessionari.”

Novità importanti si potrebbero avere sul fronte ludopatie, per cui il DDL prevede il riconoscimento come malattia sociale, prevedendone l’inserimento nei Livelli essenziali di assistenza. I costi relativi sarebbero a carico degli operatori, che si vedrebbero applicare un prelievo dello 0,1% sulla remunerazione, con un inasprimento delle sanzioni pecuniarie per gli stessi operatori che non osservassero gli obblighi di legge in tale materia.

La dicitura “divieto totale di pubblicità” suona come una minaccia per tutto il movimento, ed è curioso come appena pochi giorni fa era stata una senatrice del PDL (Laura Allegrini) a lanciare un allarme-ludopatie parlandone in proporzioni pantagrueliche.

Benchè in qualche modo attesa, ben difficilmente tale proposta di stop troverà terreno fertile per un’approvazione. Una frenata in questo senso arriva già in mattinata dal Ministro della Salute Renato Balduzzi, intervenuto stamani durante la trasmissione ‘Coffee break’ su La7.

“La ludopatia è una malattia da prendere sul serio”, esordisce il ministro, che prosegue “Come per tutte le patologie è necessario definire percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione. Ma anche porre sotto controllo la pubblicità dei giochi, soprattutto a tutela dei minori e delle persone più fragili”.

Il Ministro della Salute Renato BalduzziLa limitazione della pubblicità e il divieto di pubblicità ingannevole sono strade percorribili, per contrastare una patologia che interessa una fetta importante di popolazione: si stimano circa due milioni di persone a rischio (cifra preoccupante anche se ben lontana dai 17 milioni annunciati dalla Allegrini, ndr). Ma il ministro precisa “La dimensione ludica in una società liberale è una dimensione che non può essere bandita, però bisogna rimetterla al proprio posto. Lo Stato non può diventare uno Stato etico, però può dare delle indicazioni: può incentivare o disincentivare”.

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D’altra parte, già nelle settimane scorse il sottosegretario all’economia Ernesto Polillo si era detto scettico su eventuali ritorni a forme di proibizionismo: “Sulla pubblicità in materia di giochi, si potrebbe anche provare a impostare una linea proibizionista, ma di solito è controproducente. Sicuramente ci si può impegnare per limitarla e per accompagnarla da ulteriori forme di cautela”, aveva dichiarato Polillo in risposta ad una interrogazione parlamentare sull’argomento.

Restano alcuni nodi irrisolti, e una sensazione di “voltafaccia” della politica nei confronti di un mondo – quello del gioco – che rappresenta ormai il terzo comparto industriale del paese. Il riconoscimento della ludopatia come malattia sociale e l’aumento della tutela dei minori sono valori sacrosanti, da considerarsi come giuste conquiste nel processi di maturazione del settore tout court. Così come è da accogliere con consenso unanime l’inserimento di criteri più stringenti nei confronti dei concessionari, per contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata in questo mondo

Le maggiori insicurezze di questo strano momento istituzionale derivano probabilmente dalla natura del rapporto che lo Stato dovrebbe intrattenere con il mondo del gaming. Si è parlato in maniera ironica di Stato-biscazziere, di Stato-sanguisuga, c’è qualcuno che invoca lo Stato-etico, ma probabilmente l’unica cosa che serve è uno Stato-controllore, che svolga queste funzioni in maniera sensate – ed inflessibile ove necessario.

L’idea che potesse bastare un “gioca senza esagerare” – pronunciato alla fine di uno spot – per lavarsi la coscienza era difficile da sostenere. D’altra parte però, gli analoghi messaggi “bevi responsabilmente” continuano ad aver luogo in calce a pubblicità di alcolici, senza particolari levate di scudi. SI badi bene: stiamo parlando sempre di tutela dei deboli e dei minori, una tutela che non può e non deve rimanere “di carta”.

L’idea di invitare aziende, che hanno investito molti soldi per acquistare licenze ed offrire un prodotto che competa in un mercato molto duro, a non pubblicizzare più la loro attività (dalle quali lo Stato incassa a sua volta molto denaro tramite l’Erario) equivarrebbe però ad una marcia indietro senza senso alcuno, o a un autogol di quelli più clamorosi.

Trattandosi di gioco e viste le recenti incertezze, la battuta finale potrebbe essere: ma lo Stato cosa vuole fare da grande?

"Assopoker l'ho visto nascere, anzi in qualche modo ne sono stato l'ostetrico. Dopo tanti anni sono ancora qui, a scrivere di giochi di carte e di qualsiasi cosa abbia a che fare con una palla rotolante".
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