Rileggiamo la storia del business del poker online mondiale, con le operazioni miliardarie che hanno coinvolto le società dell’e-gaming quotate in borsa e non solo. Come abbiamo visto nella prima puntata, con la complicità di alcune scelte strategiche sbagliate da parte di Paradise Poker (in particolare nella struttura dell'offerta ai clienti), nei primi anni 2000 si registra il boom di PartyPoker che diventa, in assoluto, la prima room mondiale. La leadership durerà fino al 2006.
PartyGaming (poi fusa nel 2010 con Bwin per dare vita a Bwin-Party) lancia sul web il software del poker nel 2001, grazie all'incredibile fiuto per gli affari di Ruth Parasol e del marito Russ DeLeon (insieme detenevano una quota del 32% della multinazionale), ma il successo è dovuto soprattutto al genio dell'ingegnere indiano Anurag Dikshit, lo sviluppatore della piattaforme di gioco.
Grazie al boom che il poker online sta registrando in quel momento storico, Party passa dal 2002 al 2005, da un fatturato di 10 milioni di dollari a 859 milioni. Considerando anche i giochi da casinò, si supera il miliardo. Solo il segmento poker presenta un indice EBITDA del 59%.
Per capire i numeri straordinari presentati da PartyGaming agli azionisti (grazie soprattutto al texas hold’em) basta fare un confronto: nello stesso periodo Harrah's (futura Caesars Entertainment) presenta un margine operativo lordo del 21%. In seguito la multinazionale statunitense, leader nei casinò fisici (era l'operatore con la più alta redditività in quegli anni), sarà venduta per 28 miliardi.
Nel 2005 PartyGaming viene collocata sul mercato azionario, con una valutazione di 8,5 miliardi. Nel primo giorno di negoziazioni il titolo sale dell'11%. D'altronde i numeri sono impressionanti. In quel momento storico però esiste anche il partito degli scettici: alcuni importanti fondi di investimento britannici decidono di non scommettere sul noto brand, a causa dei rischi legali ai quali è esposta la società negli States. I fatti gli daranno ragione.
Gli Stati Uniti rappresentano un mercato molto fertile per l’online (il primo in assoluto), ma ancora senza regole: su PartyPoker rimane quindi un grosso punto interrogativo per il futuro, considerando che l'amministrazione Bush sta preparando una nuova normativa restrittiva (l'UIGEA che entrerà in vigore nel 2006).
Sempre nel 2005 vengono collocate sui listini azionari altre due colossi dell'e-gaming come 888 (il casinò online più noto negli States) ed Empire online: le due società ricevono una valutazione di circa un miliardo.
Considerando le società quotate, più quelle a capitale privato come PokerStars e UB.com (quest’ultima affondata dall’inchiesta “black Friday”), il valore delle rooms complessivo sul mercato - secondo il sito Calvinayre – è di circa 25 miliardi di dollari. Siamo al picco del boom. In pochi si sarebbero immaginati un business del genere, otto anni prima, quando Planet Poker lanciò i primi tavoli virtuali sul web.
Fine seconda puntata - continua
La storia del business del poker online - prima puntata
La storia del business del poker online - terza parte
La storia del business del poker online - quarta parte