Nel 2022 abbiamo assistito alla riapertura del Casinò di Campione d’Italia, ma non c’è stato il tanto atteso boom. E’ rimasta semi vuota la mega struttura disegnata dall’architetto Mario Botta con i suoi 55mila metri quadri (la precedente sede era di 7mila metri quadrati).
La buona notizia è che nonostante non ci sia stato un record di presenze come ai tempi d’oro, il piano di risanamento sta andando avanti per la sala da gioco ma non è sufficiente per le sorti del Comune (a rischio commissariamento) secondo la Corte dei Conti. In ogni caso le revenues aumentano mese per mese e gli introiti sono superiori del 10% rispetto alle previsioni.
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Casinò “in grado di far fronte ai pagamenti previsti nel piano”
A ottobre il Tribunale fallimentare di Como ha dato luce verde: “emergono elementi che lasciano ritenere che la società sia in grado di far fronte ai pagamenti previsti nel piano alle scadenze stabilite”. Un risultato non scontato e non trascurabile. I problemi reali rimangono per il Municipio. La Corte dei conti ha lanciato l’ ammonimento.
I giudici di Como si soffermano sul rapporto con il Comune: i risultati “indubbiamente positivi vanno tuttavia interpretati con la dovuta prudenza, attese le variabili tra cui la definizione dei rapporti tra Comune e Casinò, con l’introduzione di meccanismi per garantire una corretta conduzione del ruolo di azionista da parte del Comune, per limitare gli interventi nell’ambito operativo e organizzativo della società”.
La vera incognita è un eventuale commissariamento del comune. Un nuovo default (facendo i debiti scongiuri) secondo i giudici “costituirebbe un’alternativa rovinosa per l’interesse del ceto creditorio, se non altro perché la conseguente liquidazione giudiziale comporterebbe la cessione delle singole attività aziendali e non dell’azienda nel suo complesso, con conseguenti minori ricavi”.
Per il momento la cura dell’amministratore unico Marco Ambrosini sta funzionando e sta portando il casinò, a piccoli passi, verso il risanamento, ma miracoli non li può fare nessuno e il Comune dovrà per forza cercare delle strade alternative.
I tempi delle Vacche grasse sono finiti per il Comune
Il tempo in cui la politica spremeva il casinò è finito in ogni caso. La sala veniva gestita come un pozzo di petrolio senza fine: il casinò era obbligato a versare 40 milioni l’anno per un comune di meno di 2mila anime. Dal prossimo anno solo 1 milione e dal 2027 il contributo sarà di 2,5 milioni. Per la Corte dei Conti gli importi non sono sostenibili per il piano di “rientro” dell’amministrazione.
Nel 2018 il Tribunale di Como dichiarò il fallimento (sentenza poi ribaltata) per 132 milioni di euro (42 milioni spettavano al Comune). Il casinò dovette licenziare 482 dipendenti, uno staff importante nei numeri (il Casinò di Venezia che ha due sale da gestire ha oggi 444 persone impiegate).
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Poche settimane fa per 42 di loro il tribunale ha riconosciuto un risarcimento di 12 mensilità (che costeranno alla società di gestione 5 milioni di euro).Per la ripartenza sono stati reintegrati 170 dipendenti.
E il poker che fine ha fatto?
I piani originali per il 2022 prevedevano un programma molto ambizioso per i tornei di poker che avrebbero dovuro riportare i giocatori italiani sulle rive del Lago di Lugano, ma nessun evento è stato organizzato e la sala si è trovata a puntare tutto sulle slot con una scarsa attrattività per il pubblico italiano. E’ sempre più forte la concorrenza dei Casinò di Mendrisio (sempre una sala Admiral) e di Lugano, logisticamente più facili da raggiungere.
L’unica chiave per il successo sarebbe quella di ottimizzare al massimo la struttura per ospitare grossi eventi di poker. E’ difficile trovare in Italia e nella zona una sala così adatta per i tornei.
Senza una massiccia presenza di players ne risentono le attività commerciali locali (hotel, ristoranti etc) e anche gli incassi dagli altri giochi non possono essere ai livelli del periodo pre-fallimentare. E il Comune non può pretendere contributi extra, ma solo tornando ai fasti di un tempo si potrebbe convincere la Corte dei Conti.
La speranza è che si possa svoltare nel 2023 con nuovi tornei anche per il bene della comunità dell’enclave. Chi conosce la storia di Campione e del poker italiano è consapevole che il successo dell’ Italian Poker Open (IPO) fu una delle chiavi nel rendere il casinò “ticinese” il punto di riferimento per gli appassionati di texas hold’em non solo nel nord Italia ma anche in Svizzera.
Il problema della sostenibilità finanziaria del Comune: la bocciatura della Corte dei Conti
Ma se non si ritorna a pieno regime come ai tempi dell’IPO, il Comune rischia seriamente il default?
Come anticipato il vero problema rimane la sostenibilità finanziaria del Municipio che, negli anni passati, veniva finanziato esclusivamente dal casinò (con contributi ritenuti da molti attenti osservatori come insostenibili nel lungo periodo).
La Corte dei Conti è convinta che il piano di rientro del Casinò non sia sufficiente: “il disegno di rilancio non risulta idoneo a supportare adeguatamente e concretamente, sotto il profilo finanziario e di certezza delle adeguate risorse, il riequilibrio del comune”. Così hanno scritto i giudici contabili a ottobre ed è la seconda bocciatura.
Il Comune di Campione d’Italia, per chi non lo sapesse, è un’enclave all’interno del territorio svizzero. I debiti per i servizi erogati dalla Confederazione elvetica sono stati pagati ma ora il pensiero per la giunta sono le pendenze con la Sanità della Regione Lombardia.
Angela Pagano della Prefettura di Como ha lanciato l’allarme al quotidiano la Provincia di Como: “Studiamo con il Ministero cosa fare. Pesano interrogativi quali, per esempio, gli 87 milioni di euro richiesti dalla regione Lombardia a pagamento delle spese sanitarie dei cittadini campionesi fruite in Ticino. La parte italiana è rimasta insoluta mentre i debiti con la Svizzera sono stati saldati anche attraverso fondi ad hoc”.
Le 19 pistole messe in vendita: nessun caso
Il bilancio comunale è in dissesto a tal punto che la giunta ha messo in vendita un battello che viene utilizzato per il Lago. Sul mercato anche 19 pistole calibro 40 Heckler & Koch (ma è arrivata un’offerta di soli 600 euro da parte di un’armeria). Le pistole erano in dotazione del reparto di polizia municipale che poteva contare su 25 persone effettive. Non male per una realtà di neanche 2mila anime e con solo 2,7 chilometri di strade da controllare. Nel 2018 è stato tagliato l’intero corpo, tranne due agenti.
Le pistole sono state messe in vendita su sollecito dell’arma dei Carabinieri: “Il Comune di Campione d’Italia a seguito della dichiarazione del dissesto – si legge nella determina – ha ridotto il personale in servizio nella polizia locale a sole due unità, entrambi gli agenti sono dotati di una propria arma di ordinanza. Le armi attualmente in carico al servizio di polizia comunale sono quindi in numero superiore a quello previsto dalla normativa vigente. Le norme stabiliscono infatti che il numero minimo di armi in dotazione con relativo munizionamento deve essere equivalente al numero degli addetti in servizio, maggiorato fino a un massimo del 5% rispetto agli agenti o almeno con un’arma di riserva”. Nessun caso, il Comune è stato costretto a venderle.