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Siamo tutti figli di Dario Minieri: perché i pro sono importanti quanto gli amatori per il poker

Perché un winner è considerato anche un bad player per il gioco del poker?  C’è da analizzare questo aspetto che è stato spinto dal tweet incendiario sui players buoni e cattivi. 

Inutile però girarci intorno: negli ultimi anni la visione e percezione – in generale – dei giocatori professionisti è passata da positiva a negativa all’interno del mondo e dell’industria. A mio avviso, si tratta di un errore di fondo grave. Forse si esagerava prima nel promuoverli ed esaltarli e si esagera oggi nel puntare il dito solo contro di loro.

Ma ricordiamoci il contesto nel quale viviamo: ci sono ragazzini che guadagnano cifre pazzesche giocando ai video games streamando su Twitch o Youtube. Se partiamo da questi presupposti tutto è possibile ed è per questa ragione che il poker deve essere promosso come un gioco d’abilità. Ma servono punti di riferimento credibili.

Le ragioni di chi sostiene che i vincenti siano “negativi” per il mondo del poker

I sostenitori di questa formula (player vincente uguale a player cattivo) sono convinti (sotto questo aspetto non a torto) che per gli equilibri del field, dell’ecosistema pokeristico, l’esistenza di troppi giocatori vincenti alla fine porta alla morte del field e quindi del poker. Sono i numeri a suggerire, da un certo punto di vista, questo atteggiamento negativo, visto che essendo un gioco a somma zero, c’è chi vince e chi perde, se vincono sempre i soliti, il field viene distrutto in poco tempo ed il gioco perde naturalmente interesse. Nulla di nuovo sotto il sole. Ma da qui ad auspicarne l’assenza totale ce ne passa, sarebbe una mezza catastrofe per questo mondo.

Serve sempre trovare un equilibrio.

Il problema dei software

Questo trend (del numero eccessivo di vincenti) però potrebbe essere attenuato: anche il livello tecnico degli amatori è cresciuto, con una conoscenza media sempre più diffusa delle strategie e della tecnica grazie anche ai blog e forum, ai social ed i video.

Il problema, sotto il profilo dell’equilibrio del field, rimangono i software. E’ vero che – in teoria – sono disponibili per tutti questi strumenti ma, nella realtà dei fatti, gli amatori non hanno il tempo per usarli: studiano o lavorano, è un lusso che non possono permettersi e che pagano quando giocano ai tavoli. Questo aspetto senza dubbio crea un enorme divario.

La percentuale dei vincenti è forse sempre troppo sbilanciata e bassa rispetto ai perdenti (per una questione anche di mentalità e di impegno, oltre che di tempo a disposizione), ma a mio avviso si sta esagerando in questa crociata “moralista” e contro i professionisti: la presenza massiccia di amatori è senza dubbio essenziale in un poker con un ecosistema sano, ma anche quella dei professionisti è una figura chiave per consentire una percezione giusta ed equa del gioco come skill game.

Parlo naturalmente di regular che fanno il loro lavoro in onestà, non fanno multi-accounting, collusion etc.

Perché siamo tutti figli di Dario Minieri e Luca Pagano

Quante persone, quanti appassionati si sono avvicinati al poker seguendo le gesta di un minuto ragazzo di Roma, simpatico, gioviale e che si presentava sempre con la sciarpa giallorossa al collo? Con un coraggio da leone aggrediva i più forti giocatori del mondo e conquistava tutti. Quanti di voi sono rimasti innamorati nel 2006 di questo ragazzino? Stiamo parlando naturalmente di Dario Minieri.

Quanti account sono stati aperti nel poker online grazie alle promozioni di Darietto Nazionale? Ricordiamo ancora quando Minieri condivideva con “gli amici di Assopoker” i suoi grafici. Se ne discuteva per settimane.

Quanti appassionati hanno deciso di studiare ed avvicinarsi a questo gioco divertente, come il texas hold’em, grazie a Poker1Mania e alla voce brillante di Luca Pagano (recordman dell’EPT) su Italia 1?

La storia del Pirata e di Cristiano Blanco

Quanto hanno influito le imprese a Las Vegas di un anonimo giovane milanese partito – con tante speranze – in cerca di un pò di gloria negli States? Max Pescatori (tutt’oggi fa il pro) ha una storia affascinante, ma anche quella di Cristiano Blanco non è da meno.

Per i commentatori inglesi è e resterà The Italian Stalion: giornalista sportivo, semplice appassionato di poker che vince un satellite e in poche ore si trova runner-up ad un EPT in Germania, diventa famoso e si trasforma in un testimonial promoter tra i più seguiti negli anni d’oro del poker. Che storia!

Vogliamo poi mettere le incendiarie sfide di Giacomo Loccarini con Lucio M? Heads-up epici: se ne discuteva sui forum, tutti a parlare delle abilità dell’uno o dell’altro.

Lo stesso discorso si può fare per lo stesso per giocatori dall’enorme carisma e seguito come Daniel Negreanu, Phil Hellmuth, Phil Ivey e tanti altri.

E poi ci sono le imprese di Mustacchione, Rocco Palumbo, Gianluca Speranza, Raffaele Sorrentino, Salvatore Bonavena, Antonio Buonanno, Dario Alioto e Dario Sammartino, tutti protagonisti d’eccezione negli EPT ai tempi d’oro. Come non ricordare ragazzi seri e vincenti come Luca Moschitta e molti altri. Ma gli esempi si sprecano e ci dispiace non citarli tutti, ci vorrebbero però paginate intere di Assopoker. Perdonateci!

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Quanti/e ragazzi/e hanno provato a seguire le loro tracce? Alcuni ci sono riusciti, altri no, ma il messaggio forte è arrivato grazie soprattutto all’impegno e alla tenacia di questi professionisti: il poker è un gioco d’abilità nel lungo periodo.

Luca Pagano è stato uno dei primi giocatori italiani vincenti online nel Limit, poi all’EPT nel NLHE e da sponsorizzato ha dato un contributo decisivo nella promozione del texas hold’em in Italia, in particolare con la trasmissione su Italia 1, Poker1Mania, ma non solo…

Senza la figura dei pro, il poker non verrebbe percepito come skill games ma un gioco d’azzardo puro

Non dico che bisogna a seguire i vecchi modelli di business. Si sta discutendo della centralità dei poker pro, ovvero di persone che vivono grazie al poker. Ce ne sono poche ma esistono.

Vi spiego perché dal mio punto di vista questa eccessiva negatività (vedi ban di massa etc) verso i pro è sbagliata. Un poker senza un giusto mix ed equilibrio verrebbe percepito da tutti come un gioco d’azzardo e non uno skill game. Vi sembra poco?

Non voglio essere travisato: non è mia intenzione entrare nelle polemiche sulla legittimità o meno di riconoscere incentivi economici a chi gioca di più. Non sono a conoscenza dei macro-numeri del field in questi anni. Sto valutando un altro aspetto.

 

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L’intenzione è quella di far comprendere il ruolo necessario dei professionisti in merito alla “promozione” in senso lato (non con iniziative marketing mirate) del poker.

L’esistenza dei pro nel 2019 è un chiaro esempio di come il poker possa essere un gioco d’abilità nel lungo periodo: con tanto studio, analisi, disciplina e costanza, si può essere vincenti e battere la varianza, la rake e la componente aleatoria.

Un percorso che in Italia è iniziato nel 2005/2006 circa (anche se Luca Pagano e Mandrake erano già professionisti da molto tempo nel Limit nelle prime piattaforme online) ed ancora oggi stiamo parlando di ragazzi che vincono nel long term.

Con queste parole non vogliamo dire o indurre qualcuno a imitarli. Anzi, c’è oggi maggiore consapevolezza delle difficoltà che si riscontrano in un percorso molto molto difficile.

Possono e devono essere i poker pro un esempio per chi è già appassionato di questo gioco.

Non per questo devono seguire un modello di vita (fare il professionista), bensì ponderare bene un messaggio che indirettamente arriva forte:  se si usa la testa e si agisce con responsabilità e consapevolezza il poker può rappresentare un momento divertente e non costoso per la vita delle persone.  Giocare in bankroll, studiare,  avere un approccio serio e consapevole, è questa una componente essenziale.

Spin and go: gioco ad alta varianza ma con diversi regular

E’ un percorso duro e difficile ma è possibile farlo. Per questo il poker è considerato uno skill game. Cosa che non è assolutamente proponibile, ad esempio, nei casinò games (a meno che non vi sia quello che viene definito “gioco di vantaggio” che viene messo in atto sfruttando alcuni bonus con determinate caratteristiche, ma si tratta di eventi sporadici e rari).

Pensiamo agli Spin and Go: gioco ad altissima varianza (stiamo spiegando questi aspetti nella nostra guida): ci sono diversi grinder che vincono con costanza, nonostante la struttura hyper turbo.

Eppure all’inizio, considerando proprio la struttura e la rake, si pensava che questi giochi fossero imbattibili, qualcuno li paragonava ai giochi da casinò, ma non è così. I reg degli Spin sono la testimonianza diretta che il fattore abilità nel poker può emergere ma solo al verificarsi di determinate condizioni (soggettive).

Per non equiparare il poker ai casinò games servono quindi anche i pro, perché sono l’esempio vivente che questo gioco (che può essere bello se lo si vive con la necessaria testa e responsabilità) può diventare uno skill game a tutti gli effetti nel long term.

Perché rinnegare una formula che ha sempre funzionato?

Alla base del boom di 10 anni fa c’era proprio questa componente: molti pensavano ed ambivano di poter diventare professionisti o comunque avere successo nel poker. Perché cercare di rinnegare oggi questa visione?

Fino ad ora abbiamo parlato dei pro intesi come coloro che vivevano principalmente delle vincite ai tavoli. Ma ci sono anche i pro-testimonial pagati dalle rooms. Il primo ad inventare la figura dei pro fu un visionario, Isai Scheinberg che ha rivoluzionato questo mondo, grazie anche ad un evento casuale (ma non troppo): la vittoria nel Main WSOP di Chris Moneymaker.

L’evoluzione dei poker pro/testimonial: tra Twitch e Youtube

C’è stata anche in questo senso un’evoluzione: i grossi investimenti dei marketing manager sono andati su Twitch e Youtube (canali diretti ed immediati per comunicare meglio con i giovani), dove i poker streamer condividono le loro conoscenze ed analisi con gli appassionati. Un freecoaching prezioso come lo erano i libri un tempo. Senza dubbio un modo positivo per far crescere in modo più maturo e consapevole i fan ed un modo per dare dei punti di riferimento agli appassionati.

Perché non si può più spingere sul modello “pro”: le ragioni sociali e politiche

Molto probabilmente, la promozione del professionismo come veniva fatta in passato non è più proponibile per varie ragioni. Una è senza dubbio di natura politica ed è da ricercarsi nei rapporti tra le poker rooms ed i Governi.

Promuovere un gioco real money (anche uno skill game) ed indurre più o meno esplicitamente i ventenni a farne una professione, avrebbe rotto qualsiasi equilibrio con la società, l’opinione pubblica ed anche, con la politica, nella maggior parte dei paesi occidentali. In poco tempo il rischio sarebbe stato quello di arrivare ad un ban totale del gioco, anche se, ripeto, ci sono ragazzini che guadagnano cifre folli su Youtube solo perché sono degli assi nei video games.

Vanno comunque tenuti conto i rischi sociali, però i pro rimangono una figura importante per far percepire il texas hold’em come un gioco diverso dall’azzardo puro.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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