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Mario Draghi e il gioco: quando la BCE investì €125 milioni in Novomatic ed in Portogallo…

Quale sarà il rapporto tra il nuovo Governo guidato dal Professor Mario Draghi e il settore del gioco d’azzardo legale?

Per capire è corretto farsi altre domande: qual è stato il rapporto tra Draghi e il gioco in questi anni? Quale può essere la visione di uno degli uomini più influenti della finanza mondiale verso il gambling?

Mario Draghi, il pragmatico

Prima di tutto, c’è da dire che economisti, investitori e banchieri difficilmente si fanno condizionare da preconcetti etici e retrogradi nei confronti dei business legali e del denaro.

Draghi è un pragmatico: quando era alla BCE riuscì ad aggirare i veti della Germania (favorevole alle politiche di austerità) inondando i mercati (e di conseguenza anche l’economia reale) di fiumi di denaro, andando in dribbling sull’inutile dibattito degli eurobond e creando un altro strumento (ancora più efficace), il Quantitative Easing.

Ci sono due episodi che potrebbero svelarci il pensiero di Mario Draghi sul gioco. Sono due vicende che si sono verificate quando era alla guida della Banca Centrale Europea e che potrebbero indurci a pensare che non vi sia un preconcetto del futuro Premier italiano verso il settore legale.

Nel 2014 il Portogallo dovette regolamentare il gioco online…

Il primo episodio risale al 2014, quando il Portogallo navigava in brutte acque finanziarie (come l’Italia e la Grecia) ed intervenne a sostegno del governo lusitano la Troika finanziaria, composta dalla BCE di Mario Draghi, il Fondo Monetario Internazionale (al tempo guidato da Christine Lagarde ora proprio alla BCE) e la Commissione Europea.

In cambio dei finanziamenti internazionali ed europei, il Governo di Lisbona avrebbe dovuto rispettare diverse condizioni, ad iniziare dalle riforme, per passare ad un incremento delle entrate fiscali che dovevano provenire da settori ritenuti strategici per la finanza pubblica lusitana.

Nel 2014 le forze parlamentari che sostenevano l’esecutivo erano fortemente contrarie alla regolamentazione del gioco. Alla base c’erano false convinzioni etiche perché lo stesso governo era condizionato dei casinò pubblici terrestri che rappresentano una forte lobby di potere.

Il Governo però dovette inchinarsi al volere della Troika (compresa la BCE di Mario Draghi) che impose una regolamentazione del gioco online (poker, casinò e scommesse) con un prelievo fiscale del 25% sulle revenues nette. Sappiamo che nel 2014, la Commissione Europea aveva verso il gambling e la relativa regolamentazione locale, una posizione neutra, nel senso che da Bruxelles difendevano l’autonomia dei singoli stati verso l’e-gaming.

Per questa ragione è facile pensare che il ruolo chiave (nel forzare e persuadere il governo portoghese) fu esercitato da Draghi e dal Fondo monetario che avevano riconosciuto a Lisbona prestiti rilevanti ed era necessario, per il Governo portoghese, aumentare le entrate fiscali per rientrare del debito pubblico.

Quando la BCE investì in Novomatic

Il secondo episodio invece risale al 2017 e fu denunciato all’opinione pubblica dai 5Stelle (che hanno votato per appoggiare Draghi al Governo poche ore fa), in particolare dai deputati europei Simone Valente ed Enrico Cappelletti, capi gruppo a Strasburgo dei grillini. Non solo, le sorprese non sono finite.

Venne alla luce che nella brillante operazione del Quantitative Easing (che di fatto ha salvato l’euro e le nazioni più in difficoltà come l’Italia) vi rientrò anche un investimento della BCE che acquistò 125 milioni di euro di obbligazioni del colosso austriaco Novomatic del miliardario Johann Graf (patrimonio di 5 miliardi di euro secondo Forbes). Multinazionale finita nell’occhio del ciclone in Austria per presunte accuse di corruzione verso il precedente governo locale.

La capo delegazione del Pd (altra forza politica che ha dato fiducia incondizionata al Governo Draghi) nell’Europarlamento, Patrizia Toia, presentò – nello stesso periodo – un’interrogazione scritta proprio alla Banca Centrale Europea per chiedere spiegazioni sul finanziamento.

Difficile sapere se fu proprio Draghi a valutare questa operazione. L’idea dell’investimento addirittura fu della Banca d’Italia che segnalò l’operazione alla BCE.

E’ molto probabile che fu qualche stretto collaboratore di Draghi a decidere:. Difficile che il governatore della Banca Centrale Europea (che deve vigilare su tutte le banche dell’Unione e relazionarsi con tutti i governi) possa scegliere e conoscere tutti gli investimenti di un’operazione così vasta come il QE. Ma questa notizia è senza dubbio la dimostrazione che nella BCE di Draghi non vi fossero pregiudizi verso il gioco d’azzardo.

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Governo Draghi e gioco legale, quale futuro?

Difficile oggi poter fare previsioni, ma si parte da una certezza: non sarà peggiore rispetto al Conte I e II.

I  rapporti erano oramai ai minimi storici tra il settore legale e l’esecutivo appena tramontato, considerando i lockdown ad oltranza e forzati per le agenzie di scommesse (quando la vendita di sigarette, alcolici e di altri giochi come il lotto è rimasta immutata). Il Decreto Dignità e le tasse a pioggia (come se non ci fosse un domani) hanno fatto il resto.

Molte famiglie non mangiano (pensiamo solo ai migliaia di gestori con le serrande sbarrate da mesi e lasciati soli con risarcimenti minimi) e sono nella disperazione.

Il fallimento delle politiche anti-ludopatie

Beffa nelle beffe, questo atteggiamento di chiusura ha portato a zero risultati concreti sul fronte della lotta alle dipendenze e alle ludopatie. Un’eventualità facilmente prevista e prevedibile in tempi non sospetti.

Chi vuole scommettere (lo sanno anche i sassi), soprattutto nel Meridione, lo fa nei circuiti illegali controllati dalle mafie, senza alcun controllo neanche dal punto di vista dei contagi. Chiudere le agenzie non serve a nulla.

Peggio di così non si può fare. Il risultato di questo clima di terrore creato verso il settore del gioco pubblico legale – in questi due anni e mezzo – è sotto gli occhi di tutti: sono stati bruciati nel 2020 ben 5 miliardi di euro di gettito, andati persi, in fumo, con l’offerta illegale che invece è cresciuta (e le organizzazioni criminali ringraziano) approfittando delle chiusure alle agenzie e alle sale slot imposte per mesi e mesi.

Fine dell’incubo con questo nuovo Governo? Non illudiamoci con questo Parlamento. Innanzitutto Draghi avrà altre priorità, ma si spera che vi sia maggiore equilibrio e raziocinio, con politiche non influenzate dal presappochismo e dalla superficialità appartenenti alle ideologie di bandiera. La speranza è che  – finalmente – le strategie siano messe in atto da persone competenti che conoscono realmente le dinamiche dell’economia e del settore.

Le proposte per tutelare REALMENTE i giocatori

E’ giusto limitare e razionalizzare l’offerta, ma non come piace alle vere lobby silenti che sono arrivate da tempo anche a Palazzo Chigi e che vorrebbero creare un oligopolio per distruggere la concorrenza in modo del tutto illegittimo e a loro vantaggio, come abbiamo assistito negli ultimi 2 anni.

Bisogna razionalizzare l’offerta per attuare le effettive tutele per i giocatori. Rendere il gioco pubblico terrestre nominale è la prima mossa per bloccare anche il riciclaggio di denaro e poter monitorare i players problematici. E’ necessario inoltre introdurre la possibilità di autoesclusione nel gioco live. Una misura che è molto efficace nei confronti dei giocatori privi di tutele. Tutto il resto sono solo parole.

Sarebbe però un errore illudersi che il trend possa cambiare in fretta ed il settore del gioco pubblico tornare ad essere visto come una risorsa fiscale ed occupazionale, tra i settori dell’economia trainanti, considerando la gravissima crisi. Farsi vincere dal facile ottimismo – come detto – sarebbe da ingenui.

Ma ben venga un atteggiamento differente, un approccio maturo. Draghi potrebbe avere una visione più distaccata ed obiettiva, da vero economista, mettendo sul piatto della bilancia i benefici fiscali ed occupazionali (oltre al contrasto al riciclaggio e alla malavita organizzata), ma senza perdere di vista tutte le relative problematiche sociali.

Editor in Chief Assopoker. Giornalista e consulente nel settore dei giochi da più di due decenni, dal 2010 lavora per Assopoker, la sua seconda famiglia. Ama il texas hold'em e il trading sportivo. Ha "sprecato" gli ultimi 20 anni della sua vita nello studio dei sistemi regolatori e fiscali delle scommesse e del gioco online/live in tutto il Mondo.
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