È passato poco più di un anno dall’ultima volta che abbiamo sentito Flavio Ferrari Zumbini. Quella volta, in pieno periodo di lockdown, Flavio aveva approfittato del momento di obbligata pausa dai suoi viaggi per stilare la ristampa del suo libro “Il Nuovo Poker”.
Adesso su Amazon è disponibile la sua ultima pubblicazione, questa volta non pokeristica, ma dedicata alla missione che lo ha accompagnato negli ultimi nove anni della sua vita: il giro del mondo.
Un anno fa, a FFZ mancavano ancora 43 paesi per completare il suo giro del mondo, e oggi questo libro sancisce il raggiungimento dell’obiettivo. Quale occasione migliore per farci raccontare le sue esperienze?
In questo Articolo:
- 1 L’ultimo capitolo del giro del mondo di Flavio Ferrari Zumbini
- 2 La Corea del Sud come simbolo
- 3 Il giro del mondo? Un lunghissimo torneo di poker
- 4 La vittoria tra bad beat e bluff
- 5 Il libro sul giro del mondo di Flavio Ferrari Zumbini
- 6 Il gambling nel mondo
- 7 Pokerista viaggiatore? Visita Goa!
- 8 Un buon segno per il mondo
L’ultimo capitolo del giro del mondo di Flavio Ferrari Zumbini
Ciao Flavio, bentornato su Assopoker! Raccontaci qualcosa dell’ultimo capitolo dei tuoi viaggi.
Ero fermo per il covid, non mancava tantissimo ma viaggiare era molto difficile. Sono ripartito a maggio 2021, appena hanno permesso di uscire con una dose di vaccino mi ci sono fiondato subito. Sono andato da qualche parte in Europa, poi sono riuscito ad andare in Libia.
La Libia non accetta turismo, quindi mi sarei dovuto inventare qualcosa. Ho ottenuto il visto business come – teorico – consulente petrolifero. Avevo trovato una società che ti invitava per una riunione, che ovviamente non esisteva, ma formalmente venivi invitato da loro.
Una volta arrivato in Libia, finché non fossi tornato in Italia potevo fare come mi pareva. In realtà le leggi rigide le aveva solo l’Italia, che aveva creato questi corridoi turistici che non avevano un gran senso, ma servivano evidentemente per far andare avanti il business del turismo.
La Corea del Sud come simbolo
Quali sono state le tue ultime mete?
Di Europa mi mancavano cose come Lichtenstein e Andorra, mi mancava una parte di Africa, ma l’ultima destinazione ho scelto che fosse la Corea del Sud così qualche amico e parente mi avrebbe raggiunto.
Ho scelto la Corea del Sud perché è un paese molto lontano ed esotico, ma allo stesso tempo molto civilizzato e sicuro. Abbiamo fatto la festa proprio al confine tra Nord e Sud, anche per un discorso simbolico, io che di confini ne ho fatti così tanti, l’augurio è che si possa un giorno passare anche da Nord a Sud e viceversa. Oggi questa cosa è impossibile, ci sono eserciti schierati ed è considerato il confine più militarizzato al mondo.
Alla festa ho invitato peraltro una rifugiata nord-coreana e un signore sud-coreano per un simbolico abbraccio e festeggiamento tutti insieme.
Il giro del mondo? Un lunghissimo torneo di poker
Se non sbaglio, mi dicevi che avevi affrontato le mete più difficili all’inizio per dedicarti a quelle più facili alla fine
Volevo confrontarmi, se possibile, con le località più dure, anche per avere subito la possibilità di valutare se fosse stato fattibile oppure no. È stato un impegno notevole sotto tutti i punti di vista, a parte i nove anni passati in giro, una porzione importante della propria vita spesa a viaggiare. Le difficoltà sono tante: burocratiche, alcuni paesi sono pericolosi, alcuni in guerra aperta, di rischi ce ne sono naturalmente.
Se vogliamo portarla nel poker, posso dire: nel poker cerchi di selezionare il tavolo più semplice possibile per poi giocare aggressivo, mentre qui avendo detto di voler andare dappertutto nel mondo è un po’ come dire di voler giocare su tutti i tavoli più difficili. Poi una volta che ti siedi cerchi di essere prudente.
Nel poker sarebbe una strategia molto perdente, naturalmente, ma legata al mondo dei viaggi aveva senso. Per esempio nel Sudan del sud mi ci sono fiondato appena le due fazioni in guerra hanno fatto una tregua. In altre occasioni sono stato prudente, ho scelto magari le zone più tranquille di un paese, ma non sempre è possibile. Alle volte le zone più rischiose sono anche quelle interessanti e non andarci non avrebbe senso.
La vittoria tra bad beat e bluff
Insomma è stata una lunga partita a poker durata nove anni, in cui ho perso 300.000 euro ma alla fine ho vinto il torneo. Può sembrare strano ma è così. Non c’è stato chiaramente un premio in denaro, però è stato un bel torneo, divertente. La pandemia è stata la vera bad beat in mezzo perché era tutto più complicato. La burocrazia era estesa a moltissime persone, non sempre bastava andare su Google per trovare le info.
Pokeristicamente era una fase dove dovevo studiare bene i miei avversari. Dovevo confrontarmi non solo con la regola reale, ma anche con quella percepita. Per esempio se su internet c’era scritta una regola, ma poi il controllore dell’immigration aveva un libretto con le regole del 2018… si faceva come dice lui.
Un po’ di bluff ne ho fatti, come quello della Libia di cui parlavo prima. Ho detto alle volte di essere un missionario così mi chiedevano meno soldi, in Arabia Saudita quando non si poteva viaggiare per turismo ho detto di essere un rappresentante di occhiali. Varie volte ho detto che l’ambasciata non mi rilasciava i documenti… insomma bisogna avere faccia tosta alle volte. Anche perché spesso, più che non volerti far entrare, vogliono semplicemente una mazzetta.
Il libro sul giro del mondo di Flavio Ferrari Zumbini
Sono tutte cose che racconti nel nuovo libro “EVERYCOUNTRY: Viaggio in TUTTE LE 193 NAZIONI del mondo, dall’Afghanistan allo Zimbabwe”
Il libro ora è in vendita su Amazon, finalmente disponibile, con molte storie su questo lungo viaggio e ovviamente qualche paragone con il poker.
Nel libro parlo degli episodi più belli come di quelli più brutti, ma cerco di non rendere tutto un “highlight”. È importante anche trasmettere quanti tempi morti, quanta lunghezza, anche quanta noia, si passa in nove anni di viaggi. Chi guarda le immagini di chi viaggia vede solo un succo delle cose belle, ma la realtà è diversa. C’è anche un grosso lavoro di organizzazione dietro, non tutto è come Parigi dove puoi dormire dove trovi, prendere la metro e andare a mangiare dove vuoi.
Il gambling nel mondo
E in questi interminabili viaggi c’è stato qualche episodio poker/gambling related?
Ho giocato poco, dal vivo solo a Goa e Macao, mete abbastanza standard. L’ultima volta che volevo andare a Las Vegas… non ne avevo diritto. Ho preso tutti i visti del mondo tranne che per gli Stati Uniti! La prima volta non me lo diedero perché viaggiando a pieno ritmo non avevo un lavoro, una casa, una moglie in Italia. Il soggetto perfetto che vuole entrare negli USA senza permesso. Alla fine ce l’ho fatta con un altro bluff, ma pensare che ho viaggiato dappertutto nel mondo e non potevo entrare negli Stati Uniti…
Di bische qualcosa ho visto, la cosa che mi ha colpito maggiormente sono cose come le lotte tra galli. Ho visto scommettere davvero su qualunque cosa: sui pesci, sul cavalcare uno struzzo, sulle gare di tiro con l’arco per prendersi in giro da una parte all’altra… Ma non sono le solite scommesse sportive. È tutto legato molto alla superstizione, devono toccare il gallo con mano, non scommetterebbero ai su un evento lontano. La loro esperienza si basa sull’essere lì, visionare, prendersi in giro, litigare se le cose vanno male. Per darci un riferimento, le scommesse più accese di questo genere le ho viste nelle Filippine.
Da ogni parte del mondo dicono che il gioco è un male, ma la realtà è che si gioca dappertutto, e le dinamiche sono sempre le stesse. Partite di poker clandestine non ne ho viste se non in Brasile una volta, bische e agenzie di scommesse sono diffusissime. Anche perché non dappertutto si fidano o possono giocare online ancora. Poi è anche un modo per socializzare, e si possono scommettere cifre anche insignificanti. Però la cosa più notevole è che ovunque tu vada trovi chi gioca.
Pokerista viaggiatore? Visita Goa!
Per quanto riguarda il poker ho giocato solo a Goa e Macao, ma solo per vedere qualcosa di diverso. A Macao vedi la gente con le valigie piene di soldi, tanti cinesi usano Macao per portare i soldi fuori dal paese. Infatti credo che possano andarci circa una volta ogni tre settimane.
Goa è molto carino, infatti lo consiglio a qualche pokerista, più che altro per aggiungere un fattore culturale alla propria trasferta, vedere qualcosa di diverso.
Tanti casinò li ho visti sorgere vicino ai confini perché vivono degli abitanti dei paesi vicini, ma in qualche modo succede anche da noi, se escludiamo Venezia che ha una storia antica.
La Cina ha solo Macao, quindi è chiaro che i paesi limitrofi si ingegnano, avendo un miliardo e mezzo di abitanti in crescita economica a cui, come sappiamo, piace giocare.
Un buon segno per il mondo
Per concludere l’intervista, un pensiero su questa infinita avventura?
Essere riuscito a completare questo viaggio, mi piace pensare sia un buon segno per il mondo. Ti fa capire come in fondo il mondo sia un posto abbastanza aperto, certo, avendo la fortuna di essere un privilegiato in un certo senso, avendo un passaporto “buono”. Una fortuna che chi nasce per esempio in Afghanistan non ha. Certo ho visto posti difficili, ma il premio culturale è alto, come dico io.
Certe cose che sono reali e rappresentazioni del nostro mondo le vedi solo in certi posti. Se in vita tua viaggi solo in Europa o negli Stati Uniti, certo viaggi molto, ma rimani nell’occidente. Lo shock culturale vero, la vera diversità, la vedi solo in posti difficili da raggiungere, con barriere linguistiche, religioni e valori diversi, dove non c’è democrazia.
Come nel poker bisogna saper gestire il rischio, cercare di correrlo se ne vale la pena ed essere prudenti quando serve.