Una volta dicevi World Series Of Poker e non potevi che pensare a Las Vegas, al Binion's Horseshoe Casino prima ed al Rio poi: nonostante questa associazione di idee rimanga, negli ultimi anni le WSOP hanno scelto di espandersi, dando vita prima alle WSOPE e quindi dal prossimo anno a delle World Series pensate per l'Asia, nonostante saranno di stanza a Melbourne, in Australia.
Si tratta di una strategia condivisibile, in quanto le World Series rappresentano indubbiamente il sogno per eccellenza quando si parla di poker, il che unito ad un brand particolarmente forte ne fanno uno strumento di attrazione fortissimo, soprattutto nell'ottica di attirare continuamente nuovi giocatori, proprio come fu capace di fare la celebre vittoria di Chris Moneymaker ormai quasi dieci anni fa, nel 2003.
E' anche vero, però, che questo porta ad una sorta di annacquamento che non tutti condividono. Più eventi significa più braccialetti assegnati nell'arco di un anno, e questo secondo alcuni offusca in parte il fascino dell'evento WSOP, che fino a qualche anno fa si tenevano una sola volta, in un tempo ed un “luogo” ben definiti.
Va detto che paradossalmente vincere un evento WSOPE è probabilmente più significativo, in termini tecnici. Meno iscritti, quindi una componente aleatoria che permane ma è ridotta, e soprattutto avversari molto più duri, a tutto vantaggio del prestigio di chi prevale.
Nonostante ciò, la sensazione che un successo WSOPE sia visto come una sorta di braccialetto di serie B rischia di rimanere, non tanto da parte dei professionisti quanto dalla percezione degli appassionati in generale: come verranno percepite quindi le WSOP australiane? Riusciranno a mantenere l'autorevolezza degli altri due palcoscenici?
Tornei e telecamere accese non possono che far bene al movimento nel suo complesso, ma un qualche prezzo da pagare sembra comunque esserci, sebbene il fascino non sempre sia una moneta così sonante.