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Marcello Marigliano: “Ho detto a Sammartino che i giocatori di oggi trascurano una componente”

Da anni era scomparso dai radar pokeristici. Dal nulla è ricomparso all’EPT Londra. Ha giocato l’high roller da diecimila euro di buy-in ed è subito arrivato al tavolo finale, alzando poi bandiera bianca in nona posizione.

Ce n’era più che abbastanza per scomodare Marcello Marigliano per uno dei nostri caffè.

Ciao Marcello da un po’ eri scomparso dai nostri radar.

Perché il poker richiede degli sforzi ridicoli e io ormai ho quasi 58 anni. Diciamo che passando l’EPT da Londra, dove vivo adesso, mi sono concesso uno sfizio.

Da quanto tempo vivi a Londra?

Da tre anni ormai. Sto qui soprattutto per questioni fiscali. L’Inghilterra è la nazione che gestisce meglio le problematiche fiscali collegate al gioco in generale. Ho fatto tutto in regola per stare tranquillo, ho verificato che qui è l’unico posto dove ciò è possibile. Se le leggi lo permettessero mi piacerebbe tornare in Italia.

Secondo te quanto è lontano il giorno in cui il lavoro del professionista di poker o scommesse venga inquadrato anche dalle nostre parti?

Mah, io stesso sono in ricorso per una vincita che ho fatto e sto aspettando che arrivi a sentenza. Guardandoci intorno posso dire che stanno passando delle linee corrette: il professionista viene tassato sulla vincita netta del periodo, tolte le spese. Questa è una tassazione giusta anche per i giocatori, sebbene ci sia una parte di tassazione alla fonte. Anche sulle scommesse è così qui. Se scommetti come persona fisica non hai da pagare tasse, se invece fai parte di una struttura che chiamano ‘sindacato’ devi pagare le tasse, sempre sul netto prodotto. Ma io credo che sia giusto che anche il giocatore singolo, se gioca e vince con continuità, pahia le tasse. Poi è logico ci sono interpretazioni variegate.

Quanto stai giocando a poker a Londra?

Praticamente mai. In tre anni avrò giocato tre volte. Una in una casa privata, tra amici ad omaha, un’altra volta sono andato al casinò Vick’s a giocare sempre omaha e poi c’è stato l’high roller EPT dell’altro giorno. Mi piacerebbe giocare a poker ma ritengo che hanno reso il poker un gioco noioso. In questo molta colpa è dei professionisti.

Marcello Marigliano all’High Roller EPT Londra

Quali sono le colpe dei pro?

Il gioco è diventato troppo robotico, con la GTO e tutta questa mania. Poi non mi piace questo modo di accettare le persone che occasionalmente giocano e perdono, con quell’ansia “finalmente è arrivato il fish”… Non è un modo bello, una persona non si diverte.

C’è qualche eccezione?

Forse i tornei live sono rimasti l’unico settore in cui ancora si trova qualche amatore. In una attività come il poker devi trovare persone più deboli da cui puoi vincere più soldi, ma il gap non deve essere delineato in maniera frustrante per chi gioca, sennò gli occasionali non trovano il divertimento che cercano. Va bene perdere ma almeno si devono divertire. Questo è stato totalmente ignorato anche per via di una sinergia tra poker room e poker pro che è stata deleteria.

Come hai deciso di giocare l’High Roller EPT?

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A casa mio ho avuto ospite Dario Sammartino, l’ho accompagnato al torneo per stare insieme e mi è venuta voglia, anche perché non era affatto un torneo malvagio. C’erano giocatori ok, all’inizio non erano tutti super pro, poi in fondo sono arrivati quelli bravi. Sinceramente mi sono divertito, soprattutto il primo giorno, nella prima fase, in cui ho potuto usare alcune mie reminescenze.

Quali reminescenze?

Soprattutto sulla cosa dei tell di cui parlo spesso. Ho trovato un tell a un giocatore aggressivo e ho giocato su di lui. Mi sono divertito soprattutto perché ho riscontrato il verificarsi di certe mie impostazioni da vecchia scuola. Ne ho anche parlato con Dario: secondo me i professionisti di adesso trascurano un po’ questa componente, sono più concentrati sulla GTO. Ma soprattutto nelle prime fasi saper cogliere tell è molto utile, ti consente di fare chips senza dover aspettare le good hands.

Quindi bilancio positivo?

E’ stato divertente un po’, poi alla fine è diventato stancante. Ti confesso che non sono sicuro se ripeterei l’esperienza. Mi sono trovato in debito con altri compiti che dovevo fare, non ho potuto seguire bene le scommesse e altre cose della mia vita normale.

Dal punto di vista del gioco come ti sei trovato?

Il day 3 del final table ho giocato male, sono stato card dead e non sapevo bene cosa fare. Mi sono sentito un po’ un pesce fuor d’acqua, in quelle fasi l’allenamento è fondamentale e gli avversari erano forti forti.

Un pensiero al colpaccio ti è andato?

Il mio cervello funziona step by step, non mi piace sognare, mi occupo del prossimo problema da risolvere. Mentre ero al tavolo cercavo di capire come dover giocare quelle fase. Al final day ho pure chiesto consiglio a Dario, sono stato card dead ma non sono stato soddisfatto.

Quando ti rivedremo al tavolo verde?

Il poker richiede degli sforzi ridicoli, dover stare là a giocare per ore e ore. A meno che tu non sia un professionista è difficile avere abbastanza tempo. Io ho giocato questo torneo da mezzogiorno alle due di notte per due giorni di seguito ma avrei avuto altre cose da fare, altri impegni.

Dopo anni passati a scrivere di altro, in un periodo sabbatico mi sono appassionato al poker e dal 2012 è diventato il mio pane quotidiano. Intanto ho scritto un paio di libri che niente hanno a che vedere col nostro meraviglioso gioco.
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