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Martin Jacobson, quando il coraggio non basta: si gioca l’high roller da 25k in pieno bluff

Giocare un torneo da $25.000 di iscrizione non è mai una passeggiata, anche per chi è abituato a vincere milioni di dollari e si siede al tavolo vendendo una parte consistente delle quote del suo buy-in. Le cifre in ballo sono alte per chiunque e ogni singola mossa può determinate l’esito positivo o negativo dell’intera trasferta.

Ma il poker, si sa, è un gioco dove non puoi vincere se non sei disposto a prendere qualche rischio di tanto in tanto. Quindi anche in un high roller devi mettere a rischio l’intera “vita” del tuo torneo partendo da sotto. C’è chi lo fa pushando preflop con mani discutibili sull’apertura di un giocatore particolarmente attivo e chi apre il range di 3-bet per provare a bullare il tavolo. Ma c’è anche chi effettua un bluff da “vivo o morto”, ovvero uno di quei bluff nei quali sai di non avere alcuna equity: se foldano hai vinto ma se chiamano hai sicuramente perso.

Sono quei big bluff che si fanno al river, quando non ci sono altre carte da girare. Se pushi preflop con 7-2off e vieni chiamato, hai comunque la possibilità di vincere il piatto almeno una volta su cinque; se invece vai all-in al river in bianco, non hai alcuna possibilità di vincere in caso di call. Lo sa bene Martin Jacobson, che si è giocato un high roller da 25.000 euro di buy-in proprio in questo modo.

Martin Jacobson

Una mano come tante, almeno fino al turn…

In una delle mani precedenti a quella che stiamo per raccontarvi, Jacobson aveva chiuso il nuts con K-Q sul board J-A-4-10-3, ottenendo valore dal set di Assi del suo avversario. Martin era quindi salito a uno stack di ben 3.5 milioni, che però non era durato molto: nel giro di un paio di orbite era nuovamente sceso a 2 milioni di chips.

Preflop c’è l’apertura di un giocatore di nome Ryan. Jacobson decide di 3-bettare dal bottone con in mano q k e il suo avversario effettua il call fuori posizione. Il flop è 8 2 k ed è un ottimo flop per Martin Jacobson, che ha il progetto di colore e qualche backdoor di scala. Ryan fa check e il campione del mondo del 2012 punta 45.000. C’è il call e si giunge quindi sul turn 2 con 240.000 chips in mezzo.

Ryan fa nuovamente check e Jacobson prepara la seconda bet, stavolta molto alta: 200.000 su 240.000. Il suo avversario ci pensa per pochi secondi e poi mini-raisa a 400.000. Una mossa inusuale che sembra mandare un po’ in confusione Jacobson, il quale, dopo qualche riflessione, decide di chiamare.

Il bluff di Martin Jacobson

Lo svedese sa che solo una carta a fiori al river può aiutarlo. Il board, invece, si completa con un k . Ora Jacobson non ha nulla in mano, se non un misero Q-high che non batte niente. È proprio una di quelle situazioni in cui, se decidi di bluffare, sai di non poter mai vincere allo showdown.

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Il suo avversario gioca per un po’ con le chips e alla fine punta 435.000 sul pot di un milione. Davanti a sé ha uno stack effettivo di 605.000 chips. Jacobson è solo leggermente più lungo ma dopo averci pensato per oltre un minuto, decide di provarci: nonostante sia un torneo da $25.000 di buy-in, nonostante non abbia fold equity, nonostante il mini-check-raise sul turn, Martin Jacobson prova ad inventarsi il bluff.

Nello specifico va all-in, mettendo ai resti il suo avversario per 605.000 chips in più. Quando prendi una decisione così forte e intensa, speri di tutto ma non di sentire dire immediatamente “call“. Invece va proprio così: Ryan snap-calla.

Jacobson dice solo “you got it” e poi osserva la mano del suo avversario: a k . Così lo svedese capisce di non aver mai avuto possibilità postflop: sul flop era già dietro al Re e aveva un progetto di colore inferiore, sul turn era drawing dead. Jacobson rimane con poche chips e poco dopo si gioca tutto, trovando l’eliminazione dal torneo. Un bluff, quello da un milione e mezzo di chips, che gli è costato l’high roller da 25k.

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