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Negreanu compie 40 anni, ma continueranno a chiamarlo KidPoker

Daniel Negreanu, quando vinse il primo braccialetto alle World Series Of Poker, doveva ancora compiere 24 anni: il suo primo successo arrivo infatti il 29 aprile del 1998, quando per tutti diventò “KidPoker“. Adesso il canadese non è più un ragazzino, è uno dei giocatori professionisti più ricchi e famosi al mondo ed ha perfino più capelli: ecco perché i suoi prossimi 40 anni non sembrano poi così male.

Li compirà la prossima settimana, il 26 luglio, ma la festa presso il Cosmopolitan di Las Vegas ovviamente è già pronta: le candeline soffiate via da quella torta da sempre hanno rappresentato un traguardo simbolico, e nel suo caso forse questo è ancora più vero.

Nel mondo del poker infatti tutti hanno l’ambizione di entrarvi per lasciare un segno tangibile nelle proprie tasche, ma non tutti sono attratti dall’idea di entrarvi per restare, magari per poter ambire al fatto di vedere il proprio nome accostato a quello dei migliori di sempre. Ed è inutile ricordare come, fra quelli che ci provano, in pochissimi ci riescano.

Lui ce l’ha fatta, più bravo e fortunato di altri, non solo al tavolo da poker ma anche nel venire a patti con una vita – quella del giocatore professionista – che se non gestita in maniera più che intelligente rischia col tempo di presentarti il conto, in un modo o nell’altro. E’ successo a molti, talentuosi quanto lui e magari anche di più, a dimostrazione che per arrivare in cima e restarci di qualità non ne basti solamente qualcuna.

Altrettanto numerosi, se non di più, sono i professionisti della vecchia guardia che le nuove leve hanno messo da parte: più giovani, affamate e competitive, inizialmente sono state guardate con sospetto e derise per un linguaggio che in molti neppure capivano, di fatto la messa cantata al poker così come in molti lo avevano conosciuto.

Perché a Daniel non è successo, o almeno non del tutto? In fondo, anche lui appartiene a quella generazione per la quale il poker live era di fatto l’unica opzione, come dimostra il fatto che Negreanu con i tavoli verdi virtuali non abbia mai legato, nonostante il suo nome sia di fatto un sinonimo di PokerStars.

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A Daniel Negreanu è sempre mancato il successo EPT (photo courtesy Danny Maxwell

Anzitutto, perché anche “KidPoker” a suo tempo è stato un innovatore. Il suo “small ball” è stato indubbiamente rivoluzionario nel campo degli MTT, e proprio come accade oggi a chi introduce nel gioco i concetti più avanzati non fu immediatamente compreso, e questo contribuì a costruire la sua fortuna.

La seconda ragione è che, nonostante sia da tempo ricco e quindi non particolarmente motivato dall’aspetto economico, per Daniel primeggiare è sempre rimasto un obiettivo: essere al comando delle classifiche, vincere braccialetti, tracciare insomma un solco ancora più netto fra lui e tutti gli altri è un tarlo che ha sempre continuato a roderlo, laddove altri al suo posto si sarebbero sottratti dalla mischia più che appagati.

Essere un professionista molto impegnato nel promuovere l’immagine del suo sponsor, e l’aver deciso di diventare un ambasciatore del poker a tutto tondo lo ha costretto ad alcuni passaggi a vuoto, ma nella sostanza i risultati di spicco non sono mai mancati nella sua carriera, fatto che ha sempre rivendicato con orgoglio.

Sebbene occasionalmente, e con risultati tutt’altro che entusiasmanti, non ha mancato neppure di confrontarsi con il cash game highstakes online, pur sapendo di partire indubbiamente sfavorito: se a 40 anni c’è ancora voglia di rimanere sulla cresta dell’onda in un ambiente tanto competitivo, di sfide non se ne possono rifiutare poi troppe.

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