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Giovanni Rizzo: “uno dei segreti è prendersi almeno una parte della giornata tutta per voi”

Con questa seconda parte, chiudiamo la lunga intervista a Giovanni Rizzo, estremamente disponibile a condividere le sue esperienze, per “Le Storie di Assopoker” la sua carica vitale e anche qualche consiglio per chi sta iniziando adesso o vorrebbe farlo.

Nella prima parte ci siamo dedicati al rapporto con la moglie di Giovanni, Kara, a quello con la vita professionale e con il gioco in generale. Riprendiamo da qui.

Di te si è sempre parlato in termini positivi della tua capacità di affrontare le situazioni difficili con un certo sangue freddo. Mi riferisco ovviamente agli swing che gioco forza avrai dovuto affrontare durante la tua carriera di torneista. È un tuo punto forte che viene da lontano? Ha un diritto di cittadinanza dovuto a qualcosa di particolare?

Tra gli obiettivi di cui ti parlavo, c’era questa benedetta Triple Crown che Moorman inanellava una dietro l’altra e io volevo vincerne almeno una, volevo provare a craccare la top 100 di Pocket Fives, volevo fare un Final Table SCOOP/WCOOP sul .com : ecco queste cose le ho raggiunte tutte e sono state fonte di soddisfazione. Anche se mi è mancato lo shippo di peso, e forse onestamente anche l’ultimissimo salto di qualità, per svariati motivi.

Mi è mancato lo shottone, quello grosso grosso che ti da la svolta definitiva, ma quella è solo una questione di perseveranza e di colpi che spostano carriere a pochi left dalla fine dei major. A me hanno pesato un po’, nonostante il roll alla fine dell’anno crescesse sempre con costanza, con beat davvero brutali time after time after time nei major, e mi è un po passata la voglia in concomitanza con le altre cose che stavano prendendo sempre più piede nella mia vita, sia nella sfera personale che in quella economica.

Peró, ecco, è importante non avere una memoria selettiva troppo di parte, e gli “shot” possono avere varie sfumatore, non necessariamente solo economiche e diverso peso in una carriera. Ti faccio un esempio : c’è un aneddoto che riguarda la mia carriera quando era all’inizio, forse al mio secondo anno da “Pro”, avevo chiuso un’annata positiva ma niente di trascendentale.

Anche “spinto al contrario” da una di quelle compagne di cui ti ho parlato in precedenza, vinsi un ticket online e, nonostante il roll avrebbe decisameeeeente consigliato di cashare, decisi di andare a Las Vegas a giocare il Main Event WSOP. Le dissi che mi sarei fatto due mesi di cash e tornei, e o davo una svolta seria alle cose, o le avrei promesso che mi sarei trovato un lavoro e avrei ridimensionato il posto che il poker aveva nella mia vita. L’estate andó bene ai tavoli cash, ma nei tornei ancora niente di esaltante e insomma il main sarebbe stato ( inevitabilmente ) l’ago della bilancia. Ora arriviamo al Day 3, poco prima della bolla, mi giocai tutti i soldi su un 3bettato mio con le donne e un flop 10-8-4 sul quale l’altro mise resto secco 30 bui sulla mia cbet, che chiamai.

Oppo mostrò una coppia di 8 divenuta set e in più con il tipo ci stavamo scannando da ore, quindi doppio colpo allo stomaco vedere che in sto spot dove dovrei essere buono tipo sempre avevo due out. Di solito sono un tipo abbastanza composto, ma ricordo che saltai sulla sedia e grida fortissimo “One fucking Time dealer !”

Quella volta atterrò al river una donna di cuori grande così! Feci una gran bella deep run, mi divertii molto, allungai il viaggio e, rimpolpando il mio bankroll mi misi a giocare livelli più alti di Mixed game cash, soprattutto Horse e limit Onaha hi/lo. Fu l’inizio di tutto. Ecco, sebbene in questi 4 anni di high stakes .com ho missato colpi 6 /7 left che spostavano infiniti più soldi, senza quella dama al river non sarei nemmeno arrivato a giocarli. Quindi ringrazio sempre e cerco di mettere le bad beat in prospettiva. Quel colpo non ha spostato molto in termini di $EV ma moltissimo in termine di happynessEV.

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Il complimento di cui parli è un aspetto a cui tengo molto, sono sempre stato uno che ha avuto un controllo piuttosto serrato del proprio Bankroll, tranne in quella prima folle estate a Vegas. Ho avuto i miei swing, seppur meno di altri perché se grindo lo faccio in modo massiccio e questo tende ad accorciare gli swing. Quel tipo di resilienza mi ha insegnato che essa stessa può essere la chiave per acquisire una certa longevità in questo mondo. Dieci anni ormai non sono pochi.

So per certo che alcune tue amicizie hanno segnato il tuo approccio pokeristico sia iniziale che, negli anni, progressivo. Una di esse penso sia Armando Graziano, un’altra mente mica da ridere con la quale spesso mi sono confrontato su argomenti i più disparati. Che tipo di impulso e di “profitto” personale può portare la frequentazione di persone che parlano la tua stessa lingua?

Armando per me più che un amico è un fratello, sono stato suo testimone di nozze, ha cominciato con me nella mgica “Tana del Grinder” un gruppo storico col quale ho condiviso tutto, dentro e fuori dai tavoli. Sono una dozzina di ragazzi, e non riesco a nominarli tutti. Di quel gruppo Armando è stato il primo ad aver fatto il salto di qualità: talento cristallino e testa pazzesca. Quando giocava A-Game per me era il più forte del mazzo.

Erion Islamay, Giovanni Rizzo e rispettive signore

Non ho mai grindato da solo, ho sempre fatto parte di un gruppo, di una community, con la quale ho condiviso le mie e le altrui esperienze.
La Tana a Parma prima e soprattutto. E poi in Slovenia ho passato tanto tempo con Erion Islamay, Dani Dulabear, Jowy e il buon Makemefold.
Parte del mio recente allontanamento dal poker è causata dal fatto che molte di queste persone si sono dedicate ad altro. Sintomatico in questo senso è il fatto che dopo 10 anni di Vegas in stecca, ho smesso di andarci quando è calato anno dopo anno il numero della compagnia con cui partivo. Il primo anno di Vegas “da solo” è stato anche il mio ultimo, due anni fa. Senza gli amici, senza la condivisione, il poker è un giochino sterile.

Il gioco, nella sua concezione più generalista del termine, lo hai “imparato”, o si è fatto strada dentro di te senza che tu abbia potuto, o se vuoi voluto, porre un argine fino a quando è diventato fonte di guadagno professionale?

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La voglia di dimostrare a me stesso e agli altri di poter arrivare “giocando” è stato il fil rouge della mia vita di ragazzo, per cui ho avuto sempre degli obiettivi e delle tappe ben delineate. Mi ricordo che intorno ai 17 anni cominciai a fumare, e giá al primo tiro di sigaretta mi dissi : sta cosa ti piace assai, è una mezza cazzata, quindi entro i 30 smetti. Al mio trentesimo fumai l’ultima paglia, e non ho mai più fatto un tiro.
Col poker fu un po’ lo stesso, me ne innamorai subito ed ebbi la certezza che sarebbe diventata una cosa molto importante ma anche con una sua data di scadenza, e mi ripromisi che entro i 40 avrei smesso. Ora abbiamo sorpassato i 35 e quel limite si sta avvicinando. Lo sviluppo di conoscenze altre e soprattutto la nascita di una figlia stanno cominciando a fare il resto. 

Detto questo, devo essere onesto, se batti il livello è difficile abbandonare del tutto il poker. Finchè batto bene il field senza troppa fatica, ovviamente abbassando un po’ l’abi, a periodi credo che ci tornerò anche io sempre.

Come si matura in un gioco come il poker? Che segreti ci sono per non cadere nelle varie tentazioni?

Il poker è uno specchio delle angolazioni e delle spigolature della tua vita, come stai maturando ai tavoli stai maturando nella vita, non si scappa, è inevitabile. Sta a te rispondere “presente” alla chiamata. Col passare degli anni ti sposi, fai figli, se li fai, crei nuovi interessi. Dopo 4 anni passati sul .com dalla mattina alla sera, che peraltro è l’unico modo per stare al passo coi più forti, un pochino si presenta il rischio dell’alienazione e sta a te fissare uno stop. O altirmenti, e non è una critica, uno “sta nel suo”, batte il suo livello, si fa il compitino sul .it, si mette il pilota automatico, e si porta a casa la giornata.

Per me la cosa più importante rimane il “non alienarsi”, non amo consigliare mai niente a nessuno, ma se mi chiedono, rispondo che deve sempre esistere la componente sociale in questo lavoro, o il burnout è davvero dietro l’angolo : prendete sempre una parte della vostra giornata e dedicatela alla famiglia, a fare la spesa, a mangiare bene, all’attività fisica. Circondatevi di tanti amici se no diventa un lavoro sterile che non porta a nulla se non ad una lenta deriva verso una vita non esattamente felice, o sana.

Quanta verità c’è, sempre se ci sia una verità, nell’enunciato che bisogna avere una buona parte di autostima per emergere?

Aiuta ad emergere in qualsiasi cosa, figuriamoci in un gioco adrenalitico come il poker. La fiducia in sé stessi è necessaria in qualsiasi sport e il poker è uno sport. Nel giochino se essa ti manca in un periodo di bad run significa che non stai capendo quello che stai combinando e non ne esci più.

Quando i giocatori con più esperienza ti dicono che la varianza può essere molto, mooooolto più brutale di ogni tuo peggiore incubo, o anche molto più benevola di quello che dovrebbe essere, non lo dicono così tanto per dire. Quando ti avvicini come me lentamente ai 70k MTT, stai sicuro che ne vedi di ogni e passi momenti in cui ti senti imbattibile perchè ogni cosa che tocchi si trasforma in oro, e ce ne sono altri in cui non puoi proprio girare le carte, o peggio ancora magari runni sempre bene fino al ft e poi non chiudi mai. E può andare avanti veramente tanto. Ci sono giocatori molto, molto più forti di me il cui cervello si è sbriciolato per periodi di run irreali. Talenti cristallini che hanno quittato perché, semplicemente, non ce la facevano più. La vedi come quasi come un’accusa, un attacco, ti chiedi, “ma perchè mi sta capitando sta cosa”, che ho fatto di male ? Un paio di run così le ho prese anch’io, in questi dieci anni, ma mi son sempre rialzato.

Quel che è sempre d’aiuto è astrarsi e dare importanza ai rapporti, a chi vuoi bene e a chi ti vuole bene. Se sei libero, in salute e hai persone che ti amano sei già nel top percentile del mondo. Sii grato. Io ci provo ogni giorno, e da questo punto di vista avere una figlia per me è stato una rivelazione. Non c’è altra cosa più importante nella mia vita ora, essere un buon marito, un buon padre. Voglio solo fare bene il papà.

L’ultima: cosa daresti per avere un segatronchi pilotato a casa tua in carne ed ossa? E che sembianze avrebbe nella tua testa?

Non so casa darei, ma me lo immagino come una sorta di Transformer buono, un Optimus Prime, ed ecco, magari lo lascio a proteggere la prossima generazione di gamers. Ecco, si.

"C'è chi pensa che sia impossibile prendere parte a tutti i tavoli finali dei tornei a cui si partecipa. Questo è vero per tutti. Tranne per chi li racconta".
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