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Lengpudashi

Lengpudashi non fa sconti: il poker bot batte gli umani per $793.327!

Lengpudashi batte Team Dragons, poker bot batte esseri umani. Ancora una volta. La sfida di cui vi parlavamo qualche giorno fa si è risolta ieri a favore dell’intelligenza artificiale. E non di poco, ahinoi.

Sebbene il campione della sfida fosse di sole 36.000 mani – per intenderci, la sfida di Libratus ne prevedeva quasi il quadruplo – Lengpudashi ha scucito dalle tasche dei giocatori in carne ed ossa qualcosa come $793.327 in chip virtuali.

Professionisti o cervelloni, poco importa…

L’esibizione, organizzata dalla Sinovation Ventures e dal governo di Hainan, nata da un’idea di Alan Du (il primo cinese a vincere un braccialetto WSOP, l’anno scorso), non ha avuto in Asia la stessa risonanza mediatica della sfida a Go tra AlphaGo (il bot di Google) e il maestro coreano Lee Sedol, probabilmente perché ormai da quelle parti sono abituati a vedere la macchina battere l’uomo.

Eppure Du e il suo team ci hanno provato lo stesso a riuscire là dove persino dei professionisti veri e propri avevano fallito. Lo scorso gennaio, Libratus si sbarazzò dei professional poker player in maniera abbastanza agevole.

Du, quindi, aveva pensato di mettere insieme una squadra formata da un ex ingegnere di Oracle e alcuni startupper di talento, nel tentativo di utilizzare le loro conoscenze matematico/informatiche, e la loro padronanza della teoria dei giochi, per controbattere le mosse di Lengpudashi. Ma non è servito a niente.

 

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Lengpudashi sui nostri smartphone?

“Le persone sbagliano a valutare in che cosa eccellono computer ed esseri umani. Si pensa che bluffare sia molto umano: ma non è affatto così”. Parole e musica di Noam Brown, dottorando e co-sviluppatore di Libratus, il ‘papà’ di Lengpudashi.

“Un computer è in grado di imparare dall’esperienza che se ha una mano debole e bluffa, può guadagnare più soldi”. Insomma, Lengpudashi non ha imparato a bluffare imitando con successo i giocatori in carne ed ossa, ma grazie alla teoria dei giochi.

“Le sue strategie”, gli ha fatto eco il professor Tuomas Sandholm della Carnegie Mellon, l’università che ha creato i nuovi poker bot super performanti, “sono state sviluppate soltanto in base alle regole del gioco e non dall’analisi dei dati storici”.

Se pensate che dietro a Lengpudashi ci sia una potenza di calcolo del valore inestimabile, vi sbagliate di grosso. Brown ha affermato che quella utilizzata dal poker bot nella sfida contro il Team Dragons può costare meno di $20.000.

“Si tratta di qualcosa di sorprendentemente economico”, ha dichiarato il dottorando. Entro cinque anni, potremmo pure vederla (questa potenza di calcolo, ndr) sui nostri smartphone.

Una promessa o… una minaccia?

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