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MTT: due filosofie a confronto sul bottone

Ancora una volta, una situazione di gioco comune ed apparentemente semplice è interpretata in modo diverso da due giocatori vincenti: chi dei due avrà “ragione”?

Stiamo giocando un torneo online, e ci troviamo sul bottone con uno stack di 21 big blinds ed in mano 6 6 : i premi sono ancora distanti, quindi le considerazioni legate all’ICM in questo caso non valgono, ed i giocatori ragionano in base alla loro cEV.

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In questo caso, abbiamo visto nella mano precedente raddoppiare il giocatore che siede sullo small blind: ha pensato bene di 3-bettare all-in con q 6 , venendo chiamato da a q ma vincendo grazie ad un colore runner runner.

Per questo, lo small blind ha ora 34 big blinds, mentre al giocatore sul grande buio ne restano 16. Hero decide di aprire da bottone rilanciando a poco più di due big blinds, e quando lo small blind 3-betta ancora una volta all-in decide di chiamare: vista la mano precedente pensa possa farlo con un range piuttosto ampio, in questo caso si trova opposto a a 9 e perde il coinflip.

Le domande quindi sono due: hero avrebbe dovuto chiamare la 3-bet all-in? E in secondo luogo, raise/callare è davvero l’unica opzione?

Kevin “P0KERDUUDE” Eyring, professionista dal 2008

Riguardo alla prima domanda, Tyson “tyson219” Ford non ha dubbi, per lui è un call: “In questa situazione ci basta avere un’equity del 43%, ed io credo che contro questo giocatore la nostra sia almeno al 50%, se non superiore. Per questo, credo di chiamare anche con 55, ma di foldare 44. Foldare qui significa perdere una buona occasione, ed in generale farlo troppo spesso, offrendo ai regular l’opportunità di capirlo“.

C’è però anche chi crede che, al posto di hero, sia meglio openpushare: “Se il big blind ha meno di 25bb come in questo caso – scrive Kevin ‘P0KERDUUDE’ Eyring – credo di andare all-in molto spesso. Infatti, sapendo che il giocatore sullo small blind è molto aggressivo, è una buona idea fargli foldare mani come k 9 , 9 8 o j 10, ovvero quelle con cui potrebbe 3-bettare all-in ma con le quali non è disposto a chiamarlo”. E con le quali, evidentemente, flippiamo.

Tyson però non è del tutto d’accordo: “Andrei all-in se fossimo in una fase più avanzata del torneo, o nei casi in cui non voglia flippare per far valere la mia edge in modo più marcato altrove. Qui però non mi dispiace flippare per costruirmi uno stack solido, e andando direttamente all-in faccio foldare mani che crusho, come coppie peggiori o assi dominati”.

Ma c’è un altro motivo, per il quale secondo Ford andare direttamente all-in non è la migliore opzione qui: “Voglio poter avere un range di raise/fold da bottone con quello stack – spiega – e se con una parte del nostro range raise/foldiamo e con un’altra pushiamo direttamente, diventiamo troppo leggibili. Credo che l’essere bilanciati spesso sia un fattore sopravvalutato, ma non in questo caso, e quindi preferisco raise/callare, nonostante l’all-in sia unexploitable”.

L’ennesima occasione di gioco apparentemente semplice, e che invece andando a scavare offre spunti di riflessione che per molti giocatori – specie non professionisti – appaiono tutt’altro che scontate.