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Phil Galfond: “Non siate robot, ascoltate le vostre emozioni. Così ho capito che bluffavo troppo poco”

Lo abbiamo detto più e più volte: qualsiasi giocatore di poker, dall’occasionale al professionista, deve curare il proprio mindset, perché senza un grande autocontrollo e una ferrea disciplina è impensabile vincere a poker sul lungo periodo. Una circostanza vera in teoria ma dimostrata anche dalle carriere altalenanti di giocatori come Stu Ungar, fortissimi eppure spesso broke.

In particolare è nei periodi di downswing che molti giocatori sprecano mesi di gioco disciplinato: le carte non girano, gli showdown sono sempre perdenti e la tentazione di inseguire le perdite si trasforma in un’ossessione. Il risultato? Quasi certamente si finisce per perdere un sacco di soldi.

Saper gestire un downswing è fondamentale per diventare giocatori vincenti, perché tutti sono ottimi vincenti ma pochi sono capaci di perdere. I grandi campioni si vedono proprio in questi momenti bui, come ha confermato anche Phil Galfond. Lo specialista del PLO ha parlato di mindset, tilt e approccio ai downswing in un podcast con l’amico Joe Ingram. Ecco i suoi preziosi consigli.

Phil Galfond

Il tilt è diverso per ogni giocatore

Gestire un downswing è diverso per ogni persona“, ha detto Galfond. “Dipende tanto da come sai gestire il tilt. Molti giocatori tiltano giocando in maniera spewy, diventando eccessivamente aggressivi e sprecando chips. Ma c’è un’altra forma di tilt che ti spinge a missare tutti gli spot profittevoli perché hai paura di perdere. Così prolunghi il tuo downswing in quanto ti concentri solo sui cooler e non sulle altre mani. Ti dimentichi di quando non hai bluffato in un ottimo spot o di quando non ha fatto quella chiamata profittevole perché eri con il pilota automatico”.

Il rimedio di Phil Galfond ai downswing è staccare completamente dal poker.

“Personalmente quando sono in downswing mi prendo una pausa. Non gioco per un paio di giorni, mi resetto mentalmente. Così passo dall’essere abbattuto al voler tornare a giocare. Se continui a giocare in tilt ti ritrovi in situazioni in cui hai top set su un board pieno di draw e pensi fin da subito che ti scoppieranno e perderai la mano. Se ti senti così, è ora di fermarsi per un po’. E se non vuoi smettere, scendi di livello. Gioca per cifre che non spostano, apri meno tavoli. E studia, analizza le mani, cerca di capire se sei in downswing o se non riesci a battere bene il livello“.

L’importanza di parlare con altri giocatori

Un altro ottimo metodo per gestire un periodo negativo è parlare con altri giocatori.

“Non esiste un sostituto dell’interazione con altre persone”, spiega Phil Galfond. “Parlate con altri giocatori quando siete in downswing, confrontatevi. Durante la mia prima estate a Las Vegas vivevo in una villa con altri ragazzi e il mio gioco migliorò in maniera esponenziale. Di certi leak te ne rendi conto solo quando parli con altre persone”.

Ovviamente studiare è sempre un’ottima idea quando si è in downswing.

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“Ci sono persone che non fanno altro che studiare quando sono in downswing. È naturale perché se vinci 20 buy-in ma stai runnando sopra EV e dovresti vincerne solo 5 non ci pensi; quando invece perdi 10 buy-in ma dovresti vincerne 10, allora inizi a riflettere. Studiare è un ottimo metodo, forse il migliore. Il secondo è prendersi una pausa dal poker”.

Phil Galfond: “È importante imparare ad ascoltare le proprie emozioni”

Phil chiude con un aneddoto interessante sulla sua carriera:

“Ho iniziato a giocare a poker leggendo i libri di David Slansky e lui ti insegna le cose con grande logica, pura logica. Ti dice di giocare in modo razionale tenendo fuori le emozioni. All’epoca, ma anche oggi, si legge spesso di giocare così, senza emozioni, ma io non sono d’accordo. Credo che ogni giocatore debba ascoltarsi e capire perché si sente in un certo modo, cosa abbia innescato certe reazioni emotive negative”.

Attraverso questo processo di consapevolezza, Galfond ha scoperto un leak che aveva da sempre:

“Faccio un esempio personale: grazie a questa introspezione, ho capito che non tilto mai quando provo un hero call e perdo. Non mi fa male, non mi dà fastidio. Ma se provo un grande bluff e non funziona… quello sì che mi fa stare male. Con questa consapevolezza, nel corso della mia carriera ho iniziato a chiedermi: “Non vuoi fare questo bluff perché è giusto non farlo oppure perché temi di restarci male se ti chiamano?“. Così ho capito che non stavo bluffando abbastanza, semplicemente ascoltando le mie emozioni. È importante lavorare sull’individuazione delle emozioni e della loro origine”.

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