Giocando a Pot Limit Omaha si imparano ben presto due punti fondamentali: le possibilità di chiudere il proprio punto sono diverse da quelle di vincere effettivamente la mano, giacché in vari casi una made hand si potrà trovare sfavorita di fronte ad un progetto particolarmente forte, che tuttavia anche quando chiuso non sempre è al riparo da brutte sorprese…
Ammettiamo ad esempio che la vostra mano sia k k q q , e che vi troviate a giocare un piatto heads-up contro un avversario che nasconda 5 4 9 8 : in questo caso preflop sarete poco più che in coinflip, ma le cose potrebbero peggiorare senza che sia semplice accorgersene.
Immaginiamo infatti che il flop aiuti entrambi in modo importante, mostrando k 6 7 : vi trovate nella brutta situazione di essere sfavoriti nonostante il vostro top set, visto che a causa del combodraw avversario siete al 42%. Tuttavia per chi vi sta di fronte la vita non è necessariamente rose e fiori.
Nel caso in cui miglioriate la vostra mano, chiudendo un full o addirittura un poker, il vostro avversario si scoprirebbe drawing dead, quindi ogni vostro out in questo senso è una killer card, e ne avete ben sette.
Nell’ipotesi che il turn non migliori la vostra mano, chiuda il progetto avversario ma comunque vi conceda ancora più out al river, ecco che le vostre killer card aumentano, a tutto beneficio dell’equity che vi rimane. Se ad esempio al turn uscisse j avreste dieci outs a disposizione, per un’equity di circa il 25%.
Una killer card è insomma una carta capace di lasciare drawing dead il vostro avversario già al turn, oppure di ribaltare la situazione al river quando fino ad una street precedente eravate nettamente sfavoriti. Ecco perché chiudere un draw nel Pot Limit Omaha è tutt’altro che sinonimo di vittoria.
Naturalmente questo concetto, in quanto basilare, è ben noto ai giocatori più esperti: una ragione ulteriore per cui adesso lo sia anche per chi sta muovendo i primi passi in questa complessa variante.