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Cosa rende il poker un gioco meraviglioso?

spingo-pokerstars18Fra coloro che credono il poker sia un gioco meraviglioso, sicuramente c’è anche Noah “NoahSD” Stephens-Davidowitz, professionista e moderatore di TwoPlusTwo che ha provato a spiegare perché la pensi così.

“Ci sono una serie di aspetti che lo rendono interessante, a cominciare dal denaro, passando per la casualità coinvolta e la psicologia – premette – ma quello che affascina me in ultima analisi è il fatto che sia un gioco matematicamente profondo, e che per questo possa essere studiato”.

Che cosa intenda in questo senso può affascinare e disorientare al tempo stesso, per chi al contrario di lui non sia avvezzo ai numeri. infatti, Noah vanta un percorso accademico proprio in ambito matematico, ed è proprio utilizzando questa particolare “lente ” che intende osservare più da vicino il gioco del poker, paragonandolo con altri molto famosi e più o meno complessi.

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I giochi sono in fondo dei problemi matematici – premette – in cui la domanda che ci si pone è come si vince. Non a caso molti giochi possono essere risolti, compreso il No Limit Hold’em, anche se per il momento siamo ben lontani dall’esserci riusciti”.

Parlando in generale, un gioco risolto non è altro che uno nel quale, a partire da una qualsiasi situazione data all’interno del gioco stesso, sia possibile prevedere correttamente l’esito della partita, posto che entrambi i player coinvolti seguano una strategia ottimale, ovvero quella che porti al miglior risultato possibile per quel giocatore a prescindere dalle decisioni dell’avversario.

Così come esistono problemi matematici più o meno complicati da risolvere, anche la complessità dei giochi è varia, ed è correllata alla complessità del loro “state space“, vale a dire al numero di posizioni o situazioni di gioco che possono verificarsi all’interno di una qualsiasi partita.

Il gioco del tris ad esempio prevede 5.478 diversi scenari possibili, e non a caso è stato risolto da tempo, al pari del blackjack e del Forza Quattro, che tuttavia è già molto più complesso: gli scenari possibili sono infatti pari a circa dieci alla dodicesima, e non a caso una soluzione è stata trovata soltanto nel 1988.

C’è voluto addirittura il 2007 per risolvere la dama: la dimensione del suo “state space” è pari a dieci alla ventesima, rendendolo ad oggi il gioco più complesso che sia stato risolto. Già, ma il poker?

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Parlando di No Limit Hold’em, una delle varianti più semplici da risolvere è l’ heads-up con cento big blinds di stack effettivo: infatti, all’aumentare del numero di giocatori coinvolti la situazione diventa estremamente più complessa. Naturalmente, semplice per modo di dire, visto che lo “state space” in questo caso è stimato fra dieci alla venticinquesima e dieci alla trentesima. Tuttavia, questo ancora non basta.

Se infatti lo “state space” ci dà un’idea piuttosto precisa circa la complessità di un gioco, nel poker c’è un ulteriore elemento a complicare il tutto, ovvero il fatto che si tratta di un gioco ad informazioni incomplete, le quali influenzano la strategia di gioco dei player coinvolti.

Spiega infatti Noah: “Anche la battaglia navale è un gioco ad informazioni incomplete, ma il modo in cui il mio avversario ha piazzato la sua flotta non influisce nel modo in cui deciderà di attaccarmi”.

Non a caso negli scacchi – che pure hanno un numero di scenari possibili significativamente superiore – i migliori computer sono già in grado di battere costantemente i migliori giocatori umani grazie alla loro superiore capacità di calcolo, nonostante il gioco non sia stato risolto, mentre nel No Limit Hold’em questo non è ancora accaduto, in quanto si è più distanti a definire quale sia la strategia ottimale, ad esempio in un tavolo di cash game 6-max: non a caso, malgrado numerosi professionisti si sforzino di applicare la GTO al poker, al momento brancolano di fatto nel buio.

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