Avevamo già parlato della gestione del rischio un pò troppo allegra da parte dei quotisti britannici (non a caso in Italia hanno spesso rimediato delle sonore mazzate negli anni '90 primi 2000) e le recenti vicende sono senza dubbio motivo di riflessione.
Pensiamo alle scommesse politiche su Brexit. In tempi non sospetti (tre settimane prima del referendum) vi avevamo segnalato le quote completamente sballate, con una value bet importante sul "leave" (quota 3.75 sulle società di scommesse inglesi) quando i sondaggi davano in vantaggio proprio l'ipotesi di uscita dall'Unione.
Quello che è successo pochi giorni prima del referendum sembra paradossale. Per stessa ammissione di Ladbrokes, il principale book inglese, il 68% dei punters ha preso di mira le quote (molto alte) sul leave, piazzando volumi significativi.
E' molto probabile che molti professionisti e speculatori abbiano prima puntato discrete cifre sul remain (fino ad una settimana prima il 76%), per manipolare le linee delle quote e poi (sfruttando odds molto alte) hanno immesso sul mercato un mare di sterline.
Il mercato britannico è stato formato per tanti anni da una elevata percentuale di gamblers ma ora sembra mutato e ci sono molti più giocatori vincenti (e le recenti statistiche lo dimostrano). E' molto probabile che le società storiche non siano riuscite ad adattarsi, continuando ad offrire quote poco equilibrate condizionate eccessivamente dalla liquidità e dagli orientamenti del mercato.
Nell'ippica britannica 7mila giocatori vincenti sono stati bannati perché hanno messo in ginocchio il banco in questi mesi e il caso del Leicester sembra emblematico: a prescindere dalla quota folle (5.000 a 1) offerta inizialmente, i bookies hanno continuato a bancarlo a 2.000 a 1 e 1.000 a 1 per mesi, quando la squadra di Ranieri veleggiava già nei quartieri alti della Premier.

In genere, quando un underdog vince, per il banco è festa grande perché le numerose scommesse sulle favorite si trasformano in gioco perdente (per i bettors) e vincente (per i bookies). Nel caso dei Leicester le compagnie di Sua Maestà potevano rimediare profitti record ed invece sono riusciti a perdere parecchi milioni. Il betting britannico è stato sconfitto da pochi gamblers.

Simon Rowlands di Horserace Bettors Forum (HBF) è colui che ha denunciato il ban collettivo di 20mila account vincenti negli ultimi 6 mesi: "Il sondaggio di HBF dovrebbe sviluppare discussioni e servire da stimolo per un accordo da parte dei bookies con i loro clienti. L'ippica inglese non può continuare a registrare una costante emorragia di scommettitori e persone che desiderano solo seguire le corse".
Arriva poi la frecciata finale: "mi piacerebbe pensare che intraprendenti bookmakers valuteranno la possibilità di allargare il loro mercato con una gestione del rischio più illuminata. Ma l'ippica non può aspettare che questo accada e deve affrontare questo problema subito". Il tabloid The Guardian ha chiesto una replica alle principali società di scommesse che hanno preferito non commentare la vicenda.