La vittoria del Main Event WSOP 2003 da parte di Chris Moneymaker è vista da tutti come il momento di svolta del poker, l'attimo in cui una cosa per pochi si è trasformata in un fenomeno mondiale. In realtà c'è chi pensa che questo episodio non sia altro che un semplice tassello nella storia di un gioco che sarebbe inevitabilmente esploso.
Parliamo di Steve Ruddock, giornalista e giocatore semi-professionista, che in un post sul suo blog espone interessanti considerazioni sulla storia del poker, forte della sua quasi ventennale esperienza. Secondo lui, l'"effetto Moneymaker" andrebbe notevolmente ridimensionato. Il contabile ventisettenne che vinse il Main Event dopo essersi qualificato con un satellite online da 39 dollari non avrebbe trasformato il poker, la cui corsa inarrestabile verso la popolarità era iniziata già qualche anno prima, e così quel successo fu sì decisivo, ma solo in quanto goccia capace di far traboccare un vaso già colmo.
Ruddock si dice convinto che questo episodio fosse solo uno dei passaggi che avrebbero portato al boom, dato che già tra fine anni novanta e primi duemila si erano riscontrati molti segnali di apertura e interesse nei confronti del gioco: nel 1997 Paradise Poker e le prime poker room online, l'anno successivo l'uscita di Rounders, poi la ESPN inizia a trasmettere il WPT e nascono 2+2 e altri forum dedicati. Il tutto mentre molti professionisti diventano superstar affermate, anche in ambienti non strettamente legati al gioco.
"La pressione dietro all'esplosione del poker che abbiamo conosciuto nel 2003 si stava accumulando da almeno cinque anni - spiega - che si trattasse di Chris Moneymaker o di un altro giocatore ripreso dalle telecamere durante quel Main Event, o magari perfino nel 2005, presto o tardi sarebbe comunque esploso, proprio come accade per l'eruzione di un vulcano".
Sicuramente c'è molto di vero in quanto affermato dall'autore, ma va anche sottolineato come Moneymaker presentasse caratteristiche non comuni, che ne fecero per quel periodo un campione probabilmente ideale: dal nome che pare uno scherzo a quell'aria da americano medio in cui facilmente identificarsi, fino a quel satellite vinto con pochi soldi, allora un aspetto tutt'altro che comune.
Una chiave di lettura alternativa, che Ruddock propone per lanciare un messaggio forte: il gioco non è immortale, se non si agisce per preservarlo si rischia di vederlo lentamente scomparire. D'altronde, ricorda l'autore, i tempi in cui le room (virtuali e fisiche) erano vuote e desolate risalgono ad appena una decina di anni fa. Un tempo incredibilmente breve se si pensa a tutto ciò che è successo nel frattempo, a dimostrazione di quanto sia precario l'equilibrio nell'universo poker.