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Perché giocare da corti non significa essere disperati

Quando si gioca un torneo con uno stack di una manciata di big blinds, la tentazione di far finire tutto nel piatto il prima possibile può essere forte: a volte però è un grossolano errore.

La frustrazione infatti non dovrebbe mai condizionarci: essere corti non significa che tutto sia perduto, ma solo che dobbiamo investire quanto abbiamo senza poter sbagliare, e con non troppo tempo a disposizione. Il punto è che a volte abbiamo più tempo di quanto si creda.

Immaginate infatti di trovarvi sullo small blind con una mano come k 4 con uno stack di dieci big blinds. Prima di voi ci sono stati tre limpers, che quindi verosimilmente non avranno mani molto forti, salvo "trappole" sempre possibili.

Trovandovi corti e con tutti quei soldi già presenti nel piatto, potreste pensare che in fondo possiate far foldare diverse mani andando all-in, che comunque il K in vostro possesso è un blocker verso una parte del loro range, e che quindi dobbiate farlo. Ma non è vero.

La realtà è che andando all-in rischiereste seriamente di essere chiamati da almeno un giocatore - pensate solo alle pot odds che offrite - ed allo showdown sarete quasi sempre dominati, in modo più o meno disastroso.

Inoltre, avete appena pagato i bui. Questo significa che potrete avere occasione di andare all-in da late position dopo che tutti gli altri hanno foldato, una situazione più favorevole di quella descritta, pure con carte ancora peggiori.

In sostanza, non importa se il vostro capitale in fiches è ormai ridotto: capita anche ai migliori, che però non lo investono comunque a caso. Se volete provare ad assomigliargli anche solo un po', cercate sempre di fare altrettanto.