Immaginatevi un campionato nazionale con leghe regionali e provinciali, oltre a satelliti locali di qualificazione, il tutto condito da un sano senso competitivo e soprattutto una passione sfrenata per il poker. E’ questo lo scenario che si prospetta se il gioco del texas hold’em live dovesse essere un giorno riconosciuto come pratica sportiva. Nessuna bisca, nessuna partita di cash game con i soldi sul tavolo e senza alcun controllo, ma solo campionati e tornei low stakes nei circoli della “porta accanto”, riservato ad amatori e semplici appassionati, con l’aspetto monetario relegato in secondo piano.

E’ quello che sta provando a fare la FIGP (Federazione Italiana Gioco Poker) con l’ASI, ente di promozione sportiva (affiliato al CONI): disciplinare un settore da anni nel caos, cercando di rispolverare l’antico concetto di “poker sportivo”. Ed anche altre associazioni ed enti stanno cercando di esplorare questa strada: le prossime settimane saranno ricche di novità per quanto riguarda tutto il settore.
PRIMO PASSO. L’appuntamento è per il 23 ottobre a Roma quando FIGP e ASI illustreranno il loro programma che sarà ispirato e rispettoso delle indicazioni della Corte di Cassazione. Non ci resta che attendere, però la curiosità è – in questo momento – molto alta: gli addetti ai lavori si stanno domandando che ruolo reciterà il CONI in questa operazione.
RUOLO CONI. Ufficialmente, il coinvolgimento del Comitato Olimpico italiano sarà indiretto (attraverso l’ASI): Il CONI di Malagò probabilmente in questo momento storico vuole evitare di trovarsi al centro di una guerra di “religione, diventando il bersaglio, senza alcuna difesa, dinanzi ai cannoni fumanti della stampa di area “cattolica” che sta conducendo un’offensiva senza precedenti contro il gioco (ed in particolare nei confronti delle poker rooms live), da un anno a questa parte. Un conflitto mediatico che il CONI vuole evitare ad ogni costo.
FASE DI TRANSIZIONE. Meglio quindi passare da una strada secondaria e fare le cose per gradi: monitorare il comportamento dei circoli affiliati e far crescere il movimento con razionalità, nel rispetto della legge e soprattutto cercando di tenere monitorato tutto.
BRIDGE. Al Foro Italico sono ben consapevoli della crisi finanziaria che sta colpendo lo sport italiano e i proventi derivanti dal poker fanno gola. La cosa sta succedendo per i tornei di bridge ad esempio: una quota del buy-in viene destinata alle casse del Comitato Olimpico. Perché non farlo anche con il poker? Il bridge è riconosciuto dal CONI stesso come disciplina sportiva: la FIGB (Federazione Italiana Gioco Bridge) è associata.
POKER COME IL TOTOCALCIO. Ragioniamo in termini pratici: da una parte si disciplinerebbe una volta per tutto un settore che vive nell’anarchia da anni, nonostante leggi che ne consentono la pratica (mancano i regolamenti attuativi) e sentenze favorevoli, con un indirizzo giurisprudenziale autorevole (della Cassazione) oramai consolidato che ha scavalcato anche norme oramai superate e non attuate. Dall’altra il poker sportivo potrebbe finanziare la rinascita dello sport italiano, ruolo una volta svolta dal Totocalcio.
UNICA STRADA. Il riconoscimento a pratica sportiva rimane l’unica strada: i regolamenti attuativi non arriveranno per una volontà politica ben precisa nonostante una legge ne preveda l’emanazione. Il classico pasticcio all’italiana. Considerare i tornei low stakes come competizione sportiva, risolverebbe una volta per tutte il problema.