
Giovanni Rizzo, a prima vista, è un professionista contraddittorio: legato alla provincia italiana, ha vissuto a lungo all'estero per poi tornare a Parma, e rifarebbe entrambe le scelte.
"Credo che avere un'esperienza all'estero possa portare infiniti benefici - ci racconta - personalmente ho viaggiato molto, sempre con l'intenzione di non limitarmi a fare il turista ma di vivere davvero un luogo. Vivere da solo poi è fondamentale per crescere a livello personale, ti responsabilizza".
E per un giocatore professionista di poker, che spesso conduce una vita dai ritmi piuttosto sballati, questo assume un valore anche maggiore, dal suo punto di vista: "Aiuta a stabilizzarti, quando sai di dover badare a te stesso in tutto e per tutto magari eviti di tirar davvero tardi ogni sera o cose del genere. Questo sarebbe possibile anche in Italia, ma all'estero è ancora più importante perché spesso ti manca il paracadute, non hai quella rete di supporto che ti semplifica le cose, dicendoti come farle o facendole magari direttamente al posto tuo".
- Spesso si discute dell'importanza del flow in una partita: quanto pesa come fattore?
"Nonostante a volte sia un'ottima scusa per overthinkare o giustificare scelte discutibili, indubbiamente è un fattore che assieme ad altri può fare la differenza, quando si compiono delle scelte. Ad esempio nei tornei live - dove non arrivi mai a giocare un numero di eventi che sia statisticamente davvero significativo - fare attenzione a tutta una serie di dettagli può incidere in modo determinante sui risultati.
Quando ho cominciato a giocarli ammetto che non ci facevo molto caso, è necessario un percorso di adattamento: ultimamente mi sono reso conto di aver fatto progressi rilevanti in questo senso, che magari mi hanno permesso di fare dei call che anni fa non mi sarebbero stati possibili.
Come detto altre volte rischia di trasformarsi in una trappola: ogni tanto mi accusano di fare giocate a caso, quando la verità è che magari ho finito per overthinkare e levelarmi da solo..."
- Tra le varie fasi in un torneo, quale credi che oggi sia tra le più cruciali?
La mia sensazione è che i giocatori stranieri siano molto più preparati di noi quando hanno uno stack tra i 25 ed i 30 bui, grossomodo.
Sono convinto che questa differenza nasca dal fatto che le strutture dei nostri tornei online sono diverse da quelle .com. Noi siamo abituati a partire molto deep, più di loro, ma le nostre strutture collassano rapidamente, mentre nei loro la fase in cui il tuo stack è attorno ai 25 bui dura più a lungo.
Ad esempio, in Italia se 3-bet/foldi quando hai uno stack di 24 big blinds rischi di prenderti dello scemo, mentre nei tornei dal vivo è un genere di mossa che si vede fare abbastanza frequentemente da giocatori stranieri preparati, dovrà pur esserci un motivo.
Un professionista studia l'ICM e sa cosa fare quando è corto, così come può imparare il gioco deep grazie anche al cash game, mentre quella fase intermedia è forse quella dove abbiamo minore esperienza, e che quindi dovremmo magari studiare in modo particolare"