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L'allarme di Joe Hachem: "Il poker sta morendo"

Ricorderete le dichiarazioni di Daniel Negreanu, che fra le altre cose aveva detto come non si possa pretendere che il vincitore del Main Event WSOP sia anche un buon ambasciatore del poker: tutto era partito da un'intervista di Joe Hachem.

"Jamie Gold e Jerry Yang hanno rovinato il titolo di campione del mondo" sentenzia l'australiano, che spiega come i due iridati abbiano dato il via a una serie di vincitori senza la personalità e l'esperienza per essere ambasciatori del gioco nel mondo. "Dopo Yang, tutti i vincitori del Main Event WSOP avevano meno di venticinque anni. Questo vuol dire che non erano uomini, ma ragazzini, senza quella enorme passione per il poker che si acquisisce dopo tanto tempo, che ti spinge a lasciare il lavoro, la famiglia e la casa e per inseguire il sogno di vincere il Main Event. Non hanno la stoffa per rappresentare questo mondo".

Il professionista australiano, vincitore del Main Event nel 2005, sostiene che la gloria di essere il numero uno, al giorno d'oggi, è sovrastata dal prizepool. Il premio in denaro sarebbe quindi l'unica motivazione per i giovani players: "Nel 2005, quando ho vinto il braccialetto, la gente mi parlava dei soldi. Mentirei se dicessi che non mi importavano ma ciò a cui più tenevo era il privilegio di essere l'uomo immagine del poker, di girare il mondo ed essere la reputazione stessa del gioco che amavo così profondamente. Il denaro è importante ma solo il titolo sarà mio fino al giorno della mia morte, nessuno me lo può togliere".

Secondo Hachem, il poker sta morendo. La colpa sarebbe da attribuire alle young guns, che non sanno fare altro che giocare con obiettivi monetari. Accusati di essere incapaci di divertirsi e far divertire al tavolo, addirittura di comunicare con le altre persone. In questo modo il ricambio di players è impossibile, perché prima o poi - è il ragionamento di Hachem - i fish capiranno di essere esclusivamente un bersaglio economico e si sposteranno verso giochi più divertenti.

Un esempio positivo nel poker moderno, secondo lui, è portato da Antonio Esfandiari: "Lui sa come far divertire gli altri giocatori, non è un player dell'online e infatti tutti i grossi fish vogliono essere al tavolo con lui".

Ma il discorso è più ampio e riguarda l'intero approccio al gioco: "Chi si avvicina al poker non è interessato a quante maledette volte un giocatore ha check/raisato, gli importa il lato umano ed emotivo. Il pubblico vuole sapere cosa prova una persona al tavolo, quando va in tilt, come gestisce le vittorie e le perdite, qual è la sua storia, che tipo è nella vita di tutti i giorni".

L'impressione è che, per Hachem, il poker online (per quanto possieda degli aspetti incredibilmente positivi) rischi di creare una generazione di players apatici che, sul lungo periodo, porteranno alla morte del gioco.

Considerazioni forti e in gran parte condivisibili ma sorge spontaneo un dubbio, ovvero che queste esternazioni contro i players che arrivano dall'online nascano dall'indurimento del field portato proprio da questi ultimi. Impossibile dirlo con certezza: sicuramente però, Joe Hachem vinceva meglio dieci anni fa, quando non doveva affrontare giovani grinders al suo tavolo.