Eccoci giunti alla seconda parte dell'illuminante rubrica grazie alla quale entriamo nelle mani giocate da Phil Ivey al recente Final table del Main Event WSOP, con il privilegio di un'analisi accurata come quella di Barry Greenstein. Nella sua rubrica "Tips From The Bear" su pokerroad.com, Barry analizza altre due mani del suo amico Phil.
Da notare un particolare: in tutte le mani che analizza, Greenstein non parte quasi mai rivelando la mano dell'avversario di Ivey, cercando di presentare la situazione il più possibile dal punto di vista dei players al tavolo e delle possibili letture. Ridiamo allora volentieri la parola al saggio Barry:
Terza mano: Jeff Shulman apre da bottone per 1.5 milioni con i blinds 200.000/400.000. Ora, aprire 3x è in genere abbastanza standard. Ad un tavolo finale di questa portata, con due big stack come Moon e Buchman, l'apertura di 2.5x - cioè in questo caso ad un milione - sarebbe da considerarsi ottimale.
A parte i due chipleaders, solo Begleiter aveva uno stack decente mentre gli altri si potevano considerare a vario titolo short. Con uno stack tra i 10 e i 30 big blinds è infatti abbastanza frequente che un player qui scelga di entrare con un raise in una mano in cui ha già deciso che andrà fino in fondo. E' raro vedere giocatori in queste situazioni fare call per guardarsi il flop per poi mollare. Naturalmente qui Phil Ivey sarebbe uno dei pochi a potersi permettere ciò, essendo di gran lunga il migliore di tutti loro postflop.
Piuttosto, appare strana questa strategia di oversizing da parte di Shulman, soprattutto se si pensa che il suo coach Phil Hellmuth (mio buon amico tra l'altro) è un grande giocatore di small-ball poker, ed ha insegnato a mezzo mondo l'importanza di non impegnarsi per troppe chips preflop. La strategia è palesemente errata in rapporto al tavolo ed agli stack, e potrebbe anche apparire la mossa di chi ha paura di giocare postflop.
Uno dei vantaggi che hanno gli online players è che in genere sono talmente abituati a giocare talmente tanto, che tendono a non fare questo genere di basilari errori nel calibrare un raise, come spesso capita invece ai live players. Con questo non voglio dire che i live players siano più stupidi o qualcosa del genere, ma solo che hanno di certo giocato molte meno mani, e per prendere un'abitudine devi aver fatto una cosa molte volte. I live players in genere giocano un torneo ora, poi uno la settimana prossima eccetera. Così è molto facile che dimentichino la ragione per cui è giusto fare una mossa anzichè un'altra. Mettere a punto una strategia è qualcosa che richiede del tempo, e loro molto spesso non ne hanno maturato abbastanza.
Tornando all'openraise di Jeff, è un errore per diverse ragioni: perchè foldando al probabile push o reraise di un avversario gli regalerai porzioni di stack tuo assolutamente non necessarie, che rinforzeranno lui indebolendo te. Un'altra conseguenza negativa è che è un tipo di raise che comunica debolezza, segno che in qualche modo preferisci chiudere la mano lì. Quindi Phil qui ha KQ offsuit, con circa 21 big blinds dietro e va allin.
Io ero lì, e ho pensato a cosa avrei fatto al posto di Jeff sul cutoff: se sono Jeff ed ho AJ chiamo, se sono Jeff ed ho 88 chiamo. Questo si avvicina molto al mio range dal cutoff. Coppie più piccole mi metterebbero in difficoltà, per non parlare di assi non bene accompagnati, perchè Phil potrebbe dominarmi. Jeff ci pensa per un pò e poi folda.
Avevo Mike Matusow accanto, e lui diceva "sono sicuro che ha AJ". Io gli rispondo che non credo ce l'abbia, perchè altrimenti avrebbe fatto call, e che secondo me aveva A9-A10. Ci sbagliavamo entrambi, ma posso dire con certezza che io avrei fatto call con la sua coppia di 9. Così Phil ha portato a casa la mano, insieme a qualche centinaio di migliaia di chips in regalo extra per l'errore di cui parlavamo prima.
Nella quarta mano che andiamo ad analizzare Phil è sul big blind con a 9 . Begleiter apre da early position per 2.5 bb. Phil qui non è ovviamente deep, e il suo call da big blind è più che giusto, considerando che Begs ha aperto da early. Su un open da bottone Phil avrebbe potuto 3bettare facilmente, ma in questo caso è stato giusto attendere il flop e vedere cosa succede.
Infatti si presenta una situazione molto interessante: q k j , con nut flush draw e incastro di scala per Ivey. Se ora Phil avesse avuto dietro l'ammontare del piatto o poco più, la cosa da fare sarebbe stata di pushare sperando che Steven non abbia legato nulla e avendo, anche in caso di call, buone chance per centrare un punto vincente. Ma Phil ha circa tre volte il piatto qui, e dopo il suo check Begleiter fa una continuation bet per circa 1.75 milioni. Ora, in queste situazioni la c-bet standard è 1,8-1,9, più verso i due milioni.
La size di Begleiter cosa significa allora? potrebbe avere già una mano fatta, è difficile fare una buona lettura con questi elementi. Per Phil sarebbe stato facile qui portare a casa il piatto con un raise o con un push se l'avversario avesse aperto da late. Ma con un openraise da early, è probabile che abbia centrato una porzione di questo board, magari anche un set. Qui ci sono troppe mani che su un push di Phil callerebbero facilmente, e che c'è una possibilità che se il board si accoppia siamo nei guai. Scartata l'opzione debole di un fold Phil decide di giocare comunque accorto e fa call.
Al turn scende un j e Phil fa ancora check, consapevole che se Begs esce ancora puntando dovrà andare via. Ma Begleiter checka dietro. Questo può significare un'underpair, o al contrario anche un full già formato sul quale l'opponent vuole che Phil rimanga nel piatto.
Al river arriva un 3 . Phil decide che questo piatto può essere suo, e punta circa il 40% del piatto (2,5 milioni su un piatto da 6,6, ndr), simulando una valuebet magari derivante da mani come AQ. A questo punto è dura per Begleiter callare, perchè Phil ha dimostrato una certa forza con il call sul flop. Questo è un esempio di una situazione in cui Phil ha portato a casa un piatto grazie ad una abilità postflop molto superiore a quella del suo avversario.
Begleiter avrebbe potuto mettere alla prova Phil con un second barrel al turn, ma non lo ha fatto e Phil ha subito capitalizzato questo errore. Se Phil, anche da short stack, ha cercato tendenzialmente di evitare situazioni da allin preflop, è perchè sapeva di poter trarre vantaggio da situazioni come questa.
Barry Greenstein
Fine seconda parte - si ringrazia www.pokerroad.com, partner di Assopoker
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