Frequentare il mondo del poker e conoscerne alcune storie può indurre a pensare che i pokeristi siano tra i più talentuosi al mondo nello sperperare i soldi, ma non è così: ci sono categorie con una facilità di andare broke molto più marcata. Un esempio? Gli ex giocatori NBA.
Un divertentissimo articolo de La Giornata Tipo, a firma di Valerio D'Angelo, fa una panoramica fra i casi più eclatanti di cattiva o inesistente gestione del denaro, da parte di stelle che in carriera hanno guadagnato decine e decine di milioni di dollari.

Le cause di questi dissesti - che costano la bancarotta a circa metà dei player entro i 5 anni da quando si ritirano - sono generalmente tre: gli investimenti sbagliati, l'incontinenza sessuale e il gioco d'azzardo.
Nel primo caso alcuni tra gli esempi eclatanti ci sono quelli di Scottie Pippen e Derrick Coleman: il primo capace di bruciare un patrimonio da 120 milioni con spese assolutamente senza senso, tra cui un jet privato non funzionante. Il secondo con un copioso investimento immobiliare in una città - Detroit - che era già sull'orlo del fallimento. Risultato? Una novantina di milioni bruciati e addio pensione....
In teoria, il sistema statunitense prevederebbe che i giocatori diventino professionisti dopo avere ultimato il percorso universitario ed essere dunque in possesso di una laurea. La realtà, tuttavia, è molto diversa: spesso i percorsi di studi non sono tra i più duri e nei confronti dei più talentuosi ma poco inclini allo studio ci sono non di rado facilitazioni, dettate da dinamiche che sarebbe troppo lungo spiegare qui. Inoltre la laurea non è un passaggio obbligato per iniziare la carriera da professionista NBA e ci sono casi eclatanti (Kobe Bryant, Lebron James solo per menzionare i più famosi) di campioni mai passati da un'aula universitaria.
Ne consegue la creazione di un esercito di ragazzoni provenienti spesso da situazioni familiari o sociali degradate o disagiate, che improvvisamente diventano straricchi ma non hanno gli strumenti per amministrare questo nuovo status sociale. Così diventano "polli" facilmente incastrabili, e uno dei versanti più frequenti in cui farsi prendere al lazo è quello sessuale. Ci sono decine di esempi di giocatori con un numero imprecisato di ex mogli e uno ancora più alto di figli sparsi per gli USA. L'esempio più famoso è quello di Shawn Kemp, ma quello di dover mantenere un esercito di eredi è una sorta di abitudine, a queste latitudini. C'è chi, come l'ex ala dei Chicago Bulls Jason Caffey, è riuscito ad avere 10 figli da 8 mogli diverse, dichiarando presto bancarotta.

Tuttavia non c'è solo la famiglia - oops, le famiglie - alla voce "mantenimento" dei giocatori NBA. Non di rado questi si circondano di autentiche crew, amici veri o presunti che finiscono per venire praticamente stipendiati, succhiando denaro senza soluzione di continuità. Ad esempio, Antoine Walker è finito sul lastrico nonostante i 110 milioni guadagnati in 12 stagioni NBA, anche per la crew di circa 70 persone che ricevevano regolarmente denaro dall'ex numero 8 dei Boston Celtics. Discorso analogo per "the answer" Allen Iverson, che anche per via della cerchia di una cinquantina di persone da mantenere è finito per dover mettere all'asta i suoi cimeli su ebay.

Iverson e Walker sono due esempi anche per l'ultima categoria dei vizi diffusi tra gli ex giocatori NBA: il gioco d'azzardo. Entrambi sono bannati a vita dai casinò di Atlantic City e Detroit. Considerando quanto le case da gioco tengano a clienti dallo spending alto come queste due ex stelle NBA, si può immaginare che le abbiano combinate davvero grosse, per farsi cacciare a vita. Nel caso di Iverson, la causa del ban è ufficialmente quella di "boorish behaviour". In un articolo che racconta della sua cacciata dai casinò di Detroit nel 2009 si legge "è un pessimo perdente e perde molto, spesso lanciando chip o carte addosso ai dealer. Nonostante sia stato avvisato ripetutamente continua a tenere un comportamento improprio ai tavoli, maleducato con dealer, camerieri e anche con gli altri giocatori".
Considerando la crisi che già attanagliava i casinò USA nel 2009, immaginate quante deve averne combinate il buon (per modo di dire) Iverson per meritarsi l'esclusione perpetua.

Walker invece si è guadagnato il ban grazie ai numerosi assegni scoperti con cui ha tentato di pagare. A confronto con questi due, uno come Charles Barkley che ha ammesso di aver perso circa 10 milioni nel gioco d'azzardo, è da considerarsi uno col mindset di ferro...