La Commissione Tributaria Regionale di Trieste ha confermato la sentenza di primo grado di Gorizia ed ha dato ragione ad un giocatore che aveva conseguito vincite in un casinò sloveno.
Un precedente pesantissimo nei confronti dell’ inchiesta “All in” tutt’ora in corso che ha preso di mira centinaia di poker players italiani, ai quali è stata contestata evasione fiscale, in merito alle vincite conseguite nei casinò stranieri. Un caso molto simile dovrà - nei prossimi mesi - essere discusso anche presso la Corte di Giustizia Europea.
I giudici di Trieste confermano la linea tracciata dalla commissione provinciale di Gorizia: "La conclusione – riporta GiocoNews - cui il Collegio giunge è nel senso che I'art. 67 comma 1, lettera d) TUIR, così come applicato nel caso di specie in riferimento a vincita conseguita da cittadino italiano in casa da gioco autorizzata slovena, non sia compatibile con la normativa comunitaria".
"Il regime fiscale, così come applicato nel caso di specie, con tassazione, nei confronti dei cittadini residenti proporzionale e progressiva delle vincite conseguite in case da gioco autorizzate site in altri Stati membri, costituisce per i cittadini residenti restrizione implicante ostacolo, non giustificato per ragioni di interesse pubblico diverse dall'incremento della pretesa fiscale".
In estrema sintesi, la norma che prevede l’imposizione fiscale per le vincite nei casinò esteri, non è assolutamente compatibile con la normativa europea.
I giudici hanno sostenuto questa tesi, citando parecchi precedenti europei ed in particolare il caso “Lindman”: una signora finlandese, in viaggio in Svezia, aveva conseguito una consistente vincita in un casinò locale. Il fisco finlandese le aveva chiesto di pagare le tasse anche nel proprio paese d’origine, ma la Corte di Giustizia Europea ha ribadito il divieto di doppia imposizione (le tasse erano già state versate alla fonte nella sala da gioco svedese).
I giudici triestini si sono appellati anche all’articolo 49 del Trattato UE: "Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazioni dei servizi all'interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione".
Ora la palla passa all’Agenzia delle Entrate che dovrà valutare se proporre ricorso in Cassazione.